Mi svegliai di soprassalto, mentre la sveglia del telefono suonava a più non posso, fracassandomi i timpani. Mugugnai qualcosa, mettendomi a sedere e spegnendo con un gesto secco quello strumento per rincoglionire la gente, meglio conosciuto come sveglia.
Sbuffai, decisa ad alzarmi e prepararmi per la prima giornata di lavoro. Mi ero dovuta alzare presto, davvero tanto presto visto che il mio appartamento, avevo scoperto, era sito a metà strada tra gli uffici lavorativi e Vinovo, ergo non era agevole né per una destinazione né tanto meno per l'altra.
Feci colazione e poi mi lavai e vestii in modo molto formale. Una volta pronta mi recai a lavoro e fu così che iniziò il primo giorno da stagista...Due settimane più tardi
Camminavo per Vinovo, non mi ero ancora abituata a quello strano mondo e soprattutto non mi pareva ancora normale camminare affiancata da noncuranti calciatori e uno staff indaffarato come non mai. Cercavo di rendermi il più utile possibile, svolgendo mansioni che non erano di certo nella mia sfera lavorativa e per le quali non venivo di certo pagata. Tal volta agivo senza che nessuno mi domandasse alcunché, aiutando anche quando non vi era stata alcuna richiesta di aiuto. Agli occhi di chi lavorava a Vinovo risultavo una tutto fare intellettuale, o meglio così ero stata definita. Chiunque mi sorrideva e tutti cercavano di ricambiare i favori che facevo. Ero stata più volte invitata anche ad uscire a cena con il gruppo lavoro, ma avevo sempre gentilmente declinato. Non mi sentivo ancora pronta, l'ambiente mi piaceva, ma io avevo un blocco. Quel blocco che mio zio, procurandomi tale stage, voleva eliminare, ma che per il momento continuava a restare e ad opprimermi il petto.
Quel giorno mi trovavo nel piccolo angolo di ristorazione, stranamente in pausa e libera da ogni incombenza. Era strano perché di solito quando non dovevo svolgere i miei canonici compiti, mi trovavo altro da fare. Era un costante tenere impegnata la mente per evitare i soliti pensieri dolorosi. Beh fatto stava che in quel momento ero totalmente libera, solo la mia mano sinistra stringeva convulsamente una cartella con all'interno dei documenti che avrei dovuto consegnare tra più di un mese. Mi avvicinai al bancone del piccolo ma grazioso bar, che poi bar non era visto che per i dipendenti era gratuito e pochi erano gli esterni che potevano entrare, ordinai un te caldo al limone e mi accomodai in uno vuoti tavolini. Non c'era nessuno al momento e quindi mentalmente ringraziai il cielo. Non volevo fare conversazione, preferivo rimanere nel mio, terminare quella breve pausa e mettermi sotto con quelle pratiche da fare. Facevo sempre una breve pausa a quell'ora perché sapevo appunto che sarei stata quasi completamente sola e poi riprendevo la mia attività rendendomi utile a chiunque ne avesse avuto bisogno.
Mentre attendevo il tè caldo dal giovane barman, picchiettavo le dita della mano sinistra sul tavolo, godendomi quel silenzio. Nell'attesa stavo per aprire la cartella di lavoro quando una voce mi bloccò. Cercai di catalogarla prima di alzare il viso dal tavolo e vedere chi avesse interrotto la mia pace. Non l'avevo mai sentita, o meglio, mai si era rivolta a me.
-Non capisco se ami a tal punto lavorare qui che ti rendi utile anche per cose che non ti competono o se sono gli altri a sfruttarti così tanto. Metti via quei documenti, è ora di conversazione o perderai l'uso della parola! -
Costui, dal forte accento spagnolo, invece era fin logorroico. Nessuno mi aveva rivolto così tante parole in un unico momento. Alzai lo sguardo rivolgendogli un sorriso, che probabilmente risultò freddo a giudicare dalla sua espressione. Stavo per rispondere, ma il calciatore mi precedette, allungando la mano presentandosi.
-Álvaro, encantado! -
Strinsi la sua mano con decisione, rimirando quel volto che conoscevo solo dai quotidiani o da internet, ma non di persona.
-Énchanté, Morata -
Lo chiamai per cognome, a dimostrazione che sapevo benissimo di chi si trattasse. Risposi al suo "encantado" in francese, non avevo mai studiato spagnolo, ma in compenso parlavo alquanto bene francese.
-Eddai Gautier nessuno in questo benedetto posto ha ancora capito come ti chiami! Ti prodighi per tutti, corri come una disperata, aiuti chiunque, ma nessuno riesce a conoscerti in alcun modo, possibile? -
Risultavo così ostile agli occhi di tutti? Persino ai suoi? Cosa poteva mai importare ad un calciatore del nome di una stagista?
-Forse perché preferisco rimanere nel mistero? -
Sorrisi appena, osservandolo mentre distrattamente accarezzavo la cartelletta sul tavolino. In quel momento giunse il ragazzo del bar, il quale mi porse il tè caldo con un radioso sorriso.
-Grazie Marco - Lo ringraziai, mentre questo mi domandava se avessi bisognosi un passaggio per il ritorno pure quel giorno. Non feci in tempo a rispondere che vennero preceduta dall'attaccante della Juventus.
-No! Torna con me oggi, non ti preoccupare. -
Rimasi sbalordita da quella affermazione e il mio sguardo sorpreso passò da Marco, ormai mio amico, al calciatore della Juventus.
-Tu fai amicizia con lui e a me non riveli nemmeno il tuo nome?! -
Borbottò non appena se ne fu andato il ragazzo. Tali parole mi irritarono poiché arrivarono alle mie orecchie come superficiali ed infantili.
-Non tutti sono nati con il talento del sapere giocare a calcio. Ci si arrangia come si può tra noi comuni mortali, sai? -
Inarcai leggermente il sopracciglio destro, squadrandolo qualche istante, per poi aprile la cartella con i documenti. Non feci nemmeno in tempo ad abbassare lo sguardo sul lavoro che avevo da compiere che una manona richiuse immediatamente il fascicolo.
Alzai lo sguardo impettita, come a volergli dire "che cavolo vuoi?!".
-Il talento è fatto anche di sacrifici e va coltivato -
Mi stava forse sfidando ad una oratoria? Cosa pretendeva? Di competere con me che studiavo giurisprudenza? Sorrisi, quasi accettando la sfida e mi sporsi in avanti, appoggiando i gomiti sul tavolo e il mento alle mani intrecciate sotto di esso.
-Non lo metto in discussione, ma non puoi sminuire una persona solo perché diversa da te. Magari faccio amicizia con Marco perché i calciatori non mi interessano, troppo intenti ad alimentare il proprio ego, non credi? -
Si sporse anch'esso, avvicinandosi pericolosamente al mio viso. Non mi ritrassi, ormai avevo accettato il suo guanto di sfida.
-Mi stai dando dell'egocentrico? In più stai generalizzando, non tutti sono superficiali come dici tu. -
Fu la sua risposta pacata, ma decisa allo stesso tempo.
-Io non ho insinuato niente...-
Il mio sorrisetto beffardo aumentò, mentre lui accorciava ulteriormente le distanze.
-Voglio solo sapere il tuo nome, ti sto chiedendo forse la luna? -
Sbuffò quasi esasperato da quel mio essere così restia a confessargli la mia identità.
Feci una piccola smorfia, alzando gli occhi al cielo per la sua insistenza, anche se sotto sotto mi piaceva il fatto che non se ne fosse andato subito. Effettivamente mia madre diceva sempre che ero in grado di esasperare chiunque, in particolare gli individui di sesso maschile, come il soggetto in questione per l'appunto.
-Non devi allenarti? Sei qui a perdere tempo? -
Sapevo benissimo che non poteva allenarsi perché aveva subito un lieve infortunio e per un paio di settimane avrebbe dovuto fare fisioterapia ed esercizi vari.
-Non me ne vado fino a che non avrò saputo il nome, cara. -
Non demordeva.
-Antea ed ora va! Vai a rimettere in sesto quel benedetto ginocchio per la prima di campionato, per l'amor di Dio! -
Mi morsi la lingua dopo aver pronunciato tali parole, accorgendomi subito dopo di aver acceso ulteriore curiosità in lui.
-Cosa ne sai tu del mio ginocchio, Antea?-
Parve gustarsi il mio nome, come un bambino goloso che scarta un cioccolatino al latte. Mi guardava con curiosità, alzandosi e affiancandomi.
-Quanto basta per sapere che devi fare esercizi per essere pronto per la prima di campionato, Álvaro. -
Calcai anche io sul nome, come lui aveva fatto con il mio.
-Quindi puoi venirmi ad aiutare in palestra, visto che queste scartoffie, posso scommetterci, saranno da consegnare tra almeno un mese. Dai andiamo!-
Ero così facile da leggere?
-Un mese e mezzo a voler essere precisi. -
Lo corressi pure, lasciandomi andare in una risata leggera.
Lo seguii mentre mi guidava in palestra. Il mio outfit non era nei migliori per aiutarlo con gli attrezzi, tailleur con gonna stretta e tacchi. Ero piuttosto formale ed elegante, poco adatta all'ambiente palestra, ma non avevo di certo nulla per cambiarmi.
Notai come non camminasse con scioltezza, ma zoppicasse leggermente.
-Cosa devo fare per aiutarti? -
Mi indicò un attrezzo e mi spiego come dovevo regolarlo. Lui non potendo piegare del tutto il ginocchio non poteva abbassarsi. Non che io fossi così agile con quella gonna e quei tacchi, ma feci del mio meglio per evitare di chiedere ad altri aiuto. Dopo aver macchinato qualche minuto riuscii a soddisfarlo e così si posizionò, iniziando gli esercizi. Dopo una serie di sequenze, che non contai, passammo ad un altro attrezzo. Questa volta però venni messa a dura prova. Fui costretta ad inginocchiarmi, o meglio, a mettermi a gattoni perché quell'affare era davvero complicato. Lo spacco dietro della gonna di certo non aiutava a muovermi con facilità, in quanto mostrare il mio intimo non era di certo la volontà. Álvaro venne di fronte a me, dietro all'attrezzo per guidarmi a voce nel sistema i vari pesi e altro. Ok, visto da altre angolazioni la posizione di entrambi pareva parecchio sconcia, sembrava gli stessi facendo chissà che cosa, quando in realtà non stavo facendo un bel niente.
-Wow! Credevo le volessi solo parlare, non pensavo foste già arrivati a questi livelli di complicità. -
Tali parole mi fecero raggelare il sangue nelle vene e a poco a poco il mio colorito virò ad un rosso pomodoro, bello accesso. Mi sollevai di scatto, le guance in fiamme, mentre lanciavo sguardi disperati a Zaza, poiché era stato lui a parlare, e quel rimbambito di Morata. Álvaro ci arrivò a scoppio ritardato alla battuta del suo compare e scoppiò a ridere di gusto. Io, invece, mi sarei sotterrata più che volentieri.
-Hey Hey Paulo, non guardare sei troppo piccolo per assistere a certe scene! - Continuò l'ex Sassuolo non appena sopraggiunse anche il nuovo acquisto della Juventus, Paulo Dybala.
Tentai di riacquistare credibilità e scioltezza, alzandomi con grazia ed indicando allo zoppo il suo attrezzo.
-Prego, si accomodi. E vedi di farli bene gli esercizi, non vorrei aver buttato via soldi inutili per comprarti al fantacalcio. -
Borbottai cercando di trovare la dignità perduta e buttata nel cesso qualche istante prima.
-Vado a prenderti il ghiaccio. Con permesso-
Feci un cenno del capo, salutando gli altri due e mi allontanai in fretta, camminando con leggiadria nonostante i quasi 10 cm di tacco.
Non mi sfuggirono i gridolini ed i versi che quegli animali si scambiarono non appena mi fui allontanata. Pensai a quanto potessero essere idioti gli uomini.
Mi tenni lontana da loro per una bella mezz'oretta, in modo tale che Álvaro concludesse da solo il suo recupero e solo quando mi accorsi che era giunto alla fine tornai con il ghiaccio.
-Credevo ti fossi persa! -
Mi rinfacciò con un sorriso dispettoso, mentre mi accingevo a passargli un asciugamano per detergersi il viso dal sudore. Mi chinai nuovamente, non rispondendo alle sue parole, e cercai di applicare il ghiaccio e bloccarlo al ginocchio.
-Ho già fatto, Giovanni! Non si preoccupi, non ho bisogno per questo pomeriggio del suo aiuto. Ormai ho imparato gli esercizi! Ci vediamo per la sessione di domani. -
Si rivolse probabilmente al fisioterapista con il quale aveva appuntamento.
Lascia che il famoso Giovanni si allontanasse e poi mi alzai di scatto.
-E meno male che il tuo fisioterapista era ammalato e non poteva venire a darti una mano! Fattelo mettere da lui il ghiaccio. -
E glielo sbattei contro il petto, mentre arrabbiata me ne andavo.
-Eddai! Volevo solo conoscerti un po', Antea! -
Urlò mentre io ero già lontana da lui.NOTE AUTRICE: Ciao raga! Come state? Lo so che è lungo come capitolo, ma mi piace scrivere e dare anche qualche descrizione. Spero di non avervi tediato :) se vi è piaciuto mettete una stellina e lasciate un commento!
Ps: il titolo richiama Frozen perché in quel momento Morata mi ricordava Anna quando assillava Elsa :D
Baci
A.
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Il calcio non ha nessuna verità, nessuna legge.
FanfictionFan fiction su Álvaro Morata