Camminavamo abbracciati, il suo braccio circondava le mie spalle e il mio i suoi fianchi. Mi sentivo felice e non pareva essere solo l'effetto dell'alcol. Ok, in parte era anche quello, ma se una piccola parte fosse invece stata provocata dalla presenza dello spagnolo? Era meglio godersi quella serata e basta. Nessun pensiero, niente di niente.
Arrivati alla soglia del nuovo disco pub, conosciuto e frequentato da Álvaro, ci accingemmo ad entrare. Un bacio venne lasciato sulla mia guancia e allora mi girai, pronta per ricambiare tale dolcezza con uno delicato sulle labbra. Per la seconda volta in quella serata le nostre labbra non riuscirono a collidere e fummo bloccati sul più bello.
-Antea, sei proprio tu? - Conoscevo bene quella voce. L'avrei riconosciuta fra mille e non fu piacevole sentirla di nuovo. Avevo tentato di dimenticarla e pensavo persino di esserci riuscita, ma a quanto pareva così non era stato. Mi si raggelò il sangue nelle vene e il mio viso fu invaso da puro terrore. Mi aggrappai ad Álvaro, il quale mi guardava senza comprendere perché mai fossi così spaventata.
Mi voltai con estrema lentezza, tenendo forte la mano del calciatore, incontrando dopo più di un anno il viso del mio ex fidanzato. Non avevo per niente voglia di rivederlo, non volevo soffrire di nuovo, non desideravo che i ricordi tornassero a galla.
-Hey Giulio. - Salutai e basta, fredda e per nulla amichevole. Volevo entrare nel locale o almeno allontanarmi da lui.
-Oh quanta fretta! Non vuoi fare due chiacchiere? Dopotutto è più di un anno che non ci vediamo! -
No, non volevo nemmeno vederlo.
Giulio era di Torino, eravamo stati insieme per tre anni ed anche lui era sempre stato un appassionato di calcio, juventino per la precisione. Indipendentemente da ciò, non si trattava di una bella persona, non aveva esitato ad abbandonarmi a me stessa non appena le cose erano precipitate. Non era venuto un solo giorno a trovarmi all'ospedale dopo il fatal incidente. Non aveva mai posato un solo fiore sulla tomba della mia famiglia. Era anche colpa sua se i miei cari non c'erano più, lui e la sua pigrizia.
-No, non voglio parl- Venni subito interrotta, in quanto Giulio si accorse di chi era il mio accompagnatore e, urlando come un invasato, iniziò a gesticolare avvicinandosi ad Álvaro.
-Tu sei Morata, cazzo! Dio mio, Antea esci con Morata e nemmeno me lo vieni a dire? Che razza di ex fidanzata sei?! No, dovete assolutamente sedervi al tavolo qua fuori con noi! Non ci credo, tu puoi farmi conoscere tutti i giocatori della Juve, ma ti rendi conto?! -
Con che razza di idiota ero stata? Avevo gli occhi sgranati e non ero per nulla contenta di sedermi con lui e il suo branco di amici.
-No, grazie, Giulio. Non mi sembra il caso. -
Non mi ascoltò minimamente, ma spinse Álvaro verso una sedia, ordinando al cameriere di portarne un'altra. Il calciatore fu costretto ad assecondarlo, nonostante qualche iniziale opposizione.
-Álvaro fai foto, autografi e poi andiamocene, ti prego. - Sussurrai all'orecchio del ragazzo, rimanendo in piedi. Quest'ultimo annuì e cercò di soddisfare le varie richieste più in fretta possibile.
Cercai agitata una sigaretta dalla borsa e dopo averla trovata iniziai il primo tiro. Non ero solita fumare, se non nei casi di elevato stress o agitazione, come in quel caso. Avevo iniziato dopo la morte dei miei, non che fosse una giustificazione, ma era stata una valvola di sfogo.
Il primo a desiderare foto, autografo era stato il mio ex ovviamente, egocentrico ed egoista com'era non ci si poteva aspettare di certo altro. Una volta terminato, mentre il calciatore veniva richiesto dai rimanenti, Giulio si girò verso di me. Mi afferrò per un polso, tentando di farmi sedere sulle sue gambe. Chi si credeva di essere? Oltretutto era così idiota da farlo di fronte ad Álvaro?
-Eddai non opporre resistenza! Siamo stati ben più intimi di così, o te lo sei forse dimenticato? Vuoi che ti rinfreschi la memoria?-
Stavamo rasentando la molestie. La voce del mio ex era stata sovrastata dalle voci dei suoi amici ed Álvaro non aveva sentito che cosa mi aveva detto. Non si era nemmeno accorto di ciò che stava succedendo, stava cercando di fare in fretta con foto e autografi.
-Mollami, Giulio. -
Dissi fredda, cercando di fargli togliere la mano dal mio polso.
-Ti ritrai così? Mi pareva che ti piacessero le mie attenzioni una volta. -
-Lasciami immediatamente, non lo ripeterò una seconda volta. -
Non mi ascoltò, solo che in quel momento il mio calciatore si era ben reso conto di ciò che stava succedendo ed era pronto a venire in mio soccorso.
-Che ti succede, Antea? Non ti vado più bene perché sono un poveraccio? Preferisci il lusso che solo lui può offrirti? Non ti facevo così materiale, Antea. Pensavo stessi ancora piangendo come una bambina per la morte dei tuoi e del tuo fratellino. Sai Morata da quando il suo adorato fratello è crepato non ha fatto altro che piangere e chiedere attenzioni. Mi ha dannato ore al telefono piagnucolando. Però ti hanno ricostruito bene la faccia all'ospedale, hanno usato bene la somma ereditata dai tuoi, sei persino più figa di prima, non che fossi da buttare ovvio, io me le scelgo bene le tipe. -
Ero impietrita da quel fiume di parole che uscirono dalla sua bocca. Mi spaventai quando mi sentii afferrare da Álvaro, sconvolto a sua volta dalla crudeltà di quel ragazzo.
-Certo però che sei una stronza quanto prima, sei insieme ad un calciatore della Juventus, sai benissimo quanto io sia tifoso e vuoi subito andartene. Sei la solita egoista, Antea. Sei ancora quella ragazza del 29 agosto 2014. -
Non erano stati sufficienti tutti gli insulti ricevuti fino a quel momento, ma bastarono quelle ultime paroline a farmi scattare. Non mi importava che quelle parole fossero dettate dall'alcol e dalla sua idiozia, doveva tacere e subito.
Senza nemmeno pensarci, gli tirai un pugno dritto in faccia. Lo colpii con una forza che non credevo di avere, al punto tale che gli rivoltai la faccia e lo costrinsi a fare dei passi indietro.
-Te l'avevo detto che non mi sarei ripetuta nuovamente, stronzo. -
Esclamai col fiato corto, osservandolo toccarsi un sanguinolento naso. Urlò per il male a scoppio ritardato.
Prima che potesse reagire in qualche modo Álvaro mi aveva già presa in braccio e si stava allontanando in fretta e furia. Mi mise giù un isolato più avanti.
Non piangevo, come se le parole che mi erano state vomitate addosso non mi avevano nemmeno scalfito. In realtà non era affatto così, mi avevano ferita a morte, ricordandomi quel terribile incidente.
Tenevo la mano stretta al petto, dolorante, sebbene fosse di più il mio cuore a soffrire. Probabilmente mi ero rotta la sinistra, mano con la quale scrivevo essendo io mancina. In realtà ero ambidestra, ma preferivo di gran lunga la sinistra.
-Fammi vedere la mano. - Non mi rimproverò come invece mi aspettavo, ma dolcemente mi chiese di porgergli la mano dolorante.
La guardò per qualche istante e, toccandola, mi fece gemere dal dolore.
-Ti porto al pronto soccorso, è rotta molto probabilmente. -
Spalancai gli occhi, facendo cenno di no.
-No no, sono sicura che non è rotta, non posso essermela rotta! -
Balbettai, tendono la mano stretta al petto, sperando che cullandola ritornasse sana.
-Oddio, mi spediranno a casa! Mi butteranno fuori non appena vedranno il casino che ho fatto! -
Ero nel panico. Mi ero appena rotta la mano buona, ero stata insultata in qualsiasi modo possibile ed ero fuori di me.
-Non ti cacceranno per una mano rotta, Gautier! -
Cerco di tranquillizzarmi Álvaro, mettendomi un braccio intorno alle spalle.
-Ho rotto la mano buona per un deficiente, ti rendi conto? -
La disperazione si stava tramutando in rabbia. Avrei voluto ancora prendere a pugni qualcosa, o meglio qualcuno.
-Userai la destra! Lo so che sei ambidestra, Antea, e avresti dovuto tirarglielo più forte quel gancio, a mio modesto parere. -
Se il suo scopo era quella di strapparmi un sorriso ci riuscì.
-Se diranno qualcosa i tuoi supervisori dirò come sono andate le cose, spiegherò lo scempio a cui ho assistito. Dovresti denunciarlo, Antea. -
Non potevo denunciarlo, sarei stata denunciata a mia volta per aggressione.
-Quello mi porta in tribunale per aggressione se lo denuncio e no, tu non racconterai niente, Morata, altrimenti penseranno che io assetata di soldi, non di sangue. -
Quella mia frase lo colpì e lo zittì qualche minuto, qualche interminabile minuto.
-Sei uscita con me per il mio stipendio? Perché mai dovrebbero pensare a qualcosa del genere? -
Scrollai le spalle.
-Perché la gente è opportunista, Àlvaro. Comunque no, ho accettato il tuo invito perché mi hai portato allo sfinimento. -
Gli rinfacciai mentre lui prendeva la mia mano e mi portava verso la sua auto, alla volta del pronto soccorso.Note autrice: Scusate l'assenza, ma è un periodo orribile per via della sessione estiva! Perdonatemi!
Spero vi sia piaciuto! Accendente una stellina e lasciatemi un commento se vi va
Baci
A.
STAI LEGGENDO
Il calcio non ha nessuna verità, nessuna legge.
FanfictionFan fiction su Álvaro Morata