14. Blood

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Quando ero piccolo avevo difficoltà a dormire. Soffrivo di incubi molto vividi, che mi facevano urlare e agitare durante la notte. Al mattino mi svegliavo distrutto, ma non avevo ricordi di quanto era accaduto.
Li chiamano "terrori notturni": praticamente attacchi di panico che ti colgono proprio quando stai per scivolare nella fase REM, quella di sonno profondo; non sono pericolosi e spaventano più chi deve assistere che non la vittima stessa.
Con il passare degli anni questi attacchi sono spariti, e la mia mente non ha subito danni se non i ricordi annebbiati dei lividi che mi trovavo sul corpo, causati da me stesso o da chi cercava di tenermi fermo per farmi calmare. Di solito era mio padre. La mamma, quando è morto, mi ha raccontato che appena cominciavo ad urlare mi tirava fuori dal letto, mi stringeva tra le sue braccia ignorando i miei tentativi di liberarmi e le urla e cominciava a parlarmi all'orecchio, a raccontarmi delle storie, a cantare, finchè non mi calmavo. Non ha mai sentito che storie mi raccontasse e nemmeno le canzoni: sentiva che era una cosa tra me e lui e la rispettava.
Vorrei tanto ricordarmi che cosa mi diceva. Mi ricordo che diventò la mia ossessione, non pensavo ad altro, ho continuato per mesi a torturarmi cercando nella mia testa una parola, una nota, qualcosa.
Non ho mai trovato nulla, e dopo qualche mese, vedendo che mia madre stava sempre peggio per i miei comportamenti, mi sono arreso.
*
Nico è seduto sul pavimento del bagno, dentro alla doccia. Ha lo sguardo vacuo, le mani sulle orecchie, le ginocchia strette al petto e dondola leggermente, parlando sottovoce. La sua pelle è quasi grigia, sembra che tutto il sangue sia defluito nelle zone più remote del suo corpo.
Mi chiedo se gliene rimanga ancora.
Per la prima volta lo vedo senza la sua fedele felpa. Le cicatrici si stagliano sul suo braccio, crudeli come al solito. Sembrano prendermi in giro, dirmi "Eccoci, guarda. Non ci puoi ignorare. Non ci puoi cancellare. Non lo puoi salvare"
Respirando affannosamente mi avvicino piano a Nico, come farei con una bestia pericolosa, mi inginocchio piano davanti a lui, appena fuori dal piano della doccia e cerco velocemente segni di danni fisici. Non me trovo, quindi mi concentro su di lui. "Nico?" La voce mi esce nuovamente come l'aria da un palloncino. Colpo di tosse, poi riprovo "Nico?" Questa volta è meglio: deve avermi sentito per forza.
Però, non dà segno di essersi accorto della mia presenza. Gli occhi sono sbarrati e fissi a terra, le mani gli coprono ancora le orecchie e i muscoli sono tesi, li vedo guizzare sotto la pelle trasparente. Provo a sfiorargli i capelli ed è come se avessi fatto scattare un interruttore. Improvvisamente il suo corpo prende vita, si allontana dalla mia mano, si schiaccia contro le piastrelle fredde della doccia, sembra quasi che voglia fondersi con il muro, come se facesse di tutto per scappare da me.
"Lasciami in pace!" Esclama, tappandosi con più forza le orecchie, scalciando con i piedi. "Nico? Nico sono io... sono Percy, ti prego, ti voglio aiutare." Provo a parlargli con voce calma, completamente contrastante con il mio stato emotivo, ma ora non posso pensare a me: è ora di smettere di essere egoista.
"Il sangue." Sussurra, alzando per la prima volta gli occhi verso i miei, piantando il suo sguardo disperato nel mio.
"Sangue? Qui non c'è sangue Nico..."
Lo sguardo malato che mi rivolge mi fa rabbrividire, la pupilla ed il nero cupo delle sue iridi sono fusi insieme, indistinguibili, e ancora una volta tutti quei mostri che speravo di aver dimenticato si arrampicano fuori da quei grandi pozzi infernali per allungare i loro artigli verso di me.
"Sbagli" la sua voce è tagliente, sembra provenire direttamente dall'oltretomba. "Ho controllato" gli rispondo, cercando di mantenere la calma. Un sorriso crudele apre le sue labbra, mentre il suo corpo scosso dai tremiti si sporge verso il mio, artigliando il mio braccio con la sua mano gelida e sporgendo il suo viso vicino al mio, talmente vicino che posso sentire l'odore di sangue della sua bocca martoriata dai morsi
"Hai controllato male, piccolo Perce." Sussurra "E sai perchè?" "Perchè?" Mi trovo a rispondergli.
"Perchè io l'ho trovato."
*
Mi lavo tremante le mani macchiate di rosso, guardando l'acqua sporca scendere nello scarico buio. Le tengo sotto l'acqua gelida molto più del necessario, sfregandole ossessivamente una contro l'altra. Quando esco dal bagno il mio sguardo cerca come calamitato il letto dove Nico sta riposando: lo hanno sedato, di nuovo.
La camera è deserta e mi sento più solo che mai mentre vado a sedermi di fianco a lui, prendendogli la mano bianca. I polsi sono avvolti in delle fasce bianche; emanano un odore di disinfettante che mi dà quasi alla testa.
Si è squarciato il polso destro proprio davanti ai miei occhi, così, come se niente fosse. Mi hanno detto che ha avuto una crisi paranoica, o una cazzata del genere, ma io non riesco a non essere arrabbiato, nonostante io sappia che è colpa della malattia. Non riesco a non pensare a quanto sia stato crudele: come puoi, come puoi fare una cosa del genere davanti ad un'altra persona?
Com'è possibile che un essere umano sia così cattivo?
Nico ha scelto di trascinarmi nel suo piccolo mondo malato, ha scelto di legarmi a lui e non so nemmeno io come ha fatto, ma lo odio per questo, lo odio così tanto che ho paura. Una paura fottuta. E la cosa che odio di più è che al solo pensiero di perderlo mi salgono brividi gelidi per tutto il corpo che non fanno altro che aumentare la mia paura.
Ho sempre pensato che me ne sarei andato prima delle persone che amo. Da più di un anno a questa parte, è sempre stata l'unica costante della mia vita: questa paura di andarsene senza aver fatto tutto quello che dovevo, senza aver salutato tutti; questa paura di morire improvvisamente e senza un vero perchè.
Ma ora la consapevolezza che questo ragazzo potebbe andarsene proprio adesso, oppure domani, o tra un mese o una settimana, mi sta facendo uscire di testa. Sento che mi sta scivolando dalle dita come la sabbia, e la cosa peggiore è che non so come fermarlo.

Ancora una volta, scusate per il ritardo imperdonabile. È un capitolo bello pesante, anche se devo ammettere che mi è piaciuto scriverlo. Cominciamo a capire che il legame tra Percy e Nico non è sano, perchè, gente, avrete già capito che non sarà una storia a lieto fine e che non ho nessuna intenzione di farli "salvarsi a vicenda" o stronzate del genere. Sto cercando di renderla il più cruda e realistica possibile.
Detto questo, spero che vi sia piaciuto.
Ari

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