2. J'étais fort minable.

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La mattina dopo viene svegliato dallo squillo del telefono. Quando trova la forza di allungarsi per prenderlo, trova una marea di messaggi e chiamate perse di Dario, che vuole sapere com'è andata la serata. Michele emette un sonoro sbuffo, prima di girarsi dall'altra parte tirandosi la coperta fin sopra la testa. Non ha proprio voglia di parlarne. Non fa in tempo a chiudere di nuovo gli occhi, che il telefono squilla un'altra volta. Decide di ignorarlo, ma ormai è sveglio, quindi si alza e si trascina sotto la doccia.

La lezione di danza di quella mattina con Veronica, la sua insegnante preferita, non sta andando affatto bene. Per quanto si sforzi di concentrarsi sui passi della coreografia che sta imparando, i suoi pensieri continuano a vagare e a tornare inevitabilmente alla sera prima, continua a riviverne ogni dettaglio nella sua testa e a chiedersi dove ha sbagliato. Al suo terzo errore di seguito, Veronica batte le mani spazientita e dice a tutti i ragazzi di prendersi una pausa di cinque minuti. Michele si siede in un angolo con la testa tra le mani. Perché è così stupido? Cosa c'è che non va in lui? Quando alza lo sguardo si accorge di essere l'unico rimasto in sala, e che Veronica lo sta guardando con aria preoccupata.

"Michi, ti senti bene?" gli chiede, con il suo solito fare da mamma. Michele si sforza di sorridere, ma sa di non poterle mentire. "Per niente." Risponde, sospirando.

"Forse dovresti tornare a casa. Non succede niente se per una volta non te la senti. Hai lavorato molto bene in questi ultimi mesi." Michele sa che sta cercando di essere incoraggiante, ma non riesce a fare a meno di sentirsi giù di morale mentre si dirige verso gli spogliatoi. Sa benissimo di non potersi permettere distrazioni se vuole fare carriera in questo campo. A fine mese deve affrontare un esame per entrare in una delle scuole più prestigiose della città, e se ci riesce la sua carriera di ballerino sarà avviata e la sua vita cambierà definitivamente. È una cosa talmente importante per lui che anche perdere una sola lezione lo fa sentire tremendamente in colpa.

Ormai gli è chiaro che deve rivedere Ale. Non sa se avrà davvero il coraggio di parlargli, ma decide di tornare al club la sera stessa. Durante il viaggio in metropolitana verso casa chiama Dario: avrà bisogno di supporto.


Quando, accompagnato dall'amico, si ripresenta all'entrata del privèe verso l'una di notte, si rende conto che gli sudano le mani. Fortunatamente è Dario a parlare con Rudy, mentre lui preferisce tenersi un po' a distanza. Quindi il ragazzo si volta verso di lui mostrandogli il pollice alzato.

Michele segue l'uomo fino alla stanza di Ale, dove bussa e gli fa cenno di aspettare un momento. Dall'interno proviene la voce ormai familiare del ragazzo: "Un secondo e arrivo, dammi solo il tempo di rendermi presentabile..." Qualche attimo dopo la porta si apre. "Scusa eh, ma il cliente di prima si è fatto un po' prendere dalla foga e-" Ale si interrompe non appena si accorge della presenza di Michele.

"Cosa ci fai qui?" chiede, gelido.

Rudy si schiarisce la gola. "Vi lascio soli." È tutto ciò che dice prima di andarsene. Chiaramente non è interessato alle questioni tra i clienti e i "suoi ragazzi".

Michele cerca di farsi coraggio. "Sono venuto per lo stesso motivo di ieri sera."

Ale alza gli occhi al cielo. "Pensavo di essere stato abbastanza chiaro."

"Ti darò il doppio dei soldi."

Ale gli rivolge uno sguardo stizzito. "È questo che pensi? Che sia una questione di denaro?" Michele onestamente non sa cosa ribattere, vorrebbe provare a convincerlo, ma non riesce a spiccicare parola di fronte al suo atteggiamento risoluto. Ale, non ricevendo risposta, si è già voltato per ritornare nella sua camera.

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