Giulia Pov.
Il suono dell'acqua che si infrange sulle rocce mi rilassa. È qui che passo la maggior parte del tempo. Un posto segreto, dove pensare è legale. Nessuno ti disturba o ti giudica. Sto qua seduta su un muro. Basta che mi sporgo un centimetro e cado in acqua.
Ho soli sedici anni ma mi sembra di averne vissuti più di mille. A sedici anni mi ritrovo qui, a pensare a cosa ci sia di male in me. Perché sono io?Guardo l'ora sul telefono messo in modalità aereo per far sì che nessuno mi disturbi. Erano già due ore e mezza che ero lì. Decisi di alzarmi e tornare a casa altrimenti mamma avrebbe fatto troppe domande.
"Giulia!!Dove sei stata?" Mi domanda la mamma preoccupata.
"A fare una passeggiata" Rispondo e filo in camera mia per non subire l'interrogatorio.Mi stendo sul mio letto ad una piazza e mezza con le cuffie alle orecchie. Basta poco a farmi addormentare.
* "dammi la mano, ti porto via da questo schifo!" Ripeteva una voce ma non capivo di chi fosse. Ero stesa e non riuscivo ad aprire gli occhi. Quella voce continuava a chiamarmi. Volevo alzarmi ma proprio non ci riuscivo.
"Non ti avvicinare o premo il grilletto!" Urla una voce maschile molto più possente della precedente. Vorrei aprire gli occhi e capire cosa stava succedendo e sopratutto cosa centravo io in tutto ciò. Nel momento in cui aprii appena l'occhio destro senti qualcuno prendermi la mano.... Ma quella sensazione svanì subito dopo il suono di uno sparo. *Mi svegliai di colpo. Avevo avuto un incubo. Un'altro. Ormai mi capitava quasi ogni volta che dormivo. Non riesco a spiegarmi il motivo di questi incubi.
Ormai si è fatta ora di cena, ma prima di scendere a tavola faccio una doccia veloce per togliere il sudore provocato dallo spavento.
Anche questo è un luogo in cui mi soffermo molto a pensare. Mentre l'acqua scivola sul mio corpo, i muscoli si rilassano e allo stesso tempo sono un po più serena.
"Perché mi hanno sparato? Di chi era quella voce?" Erano queste le domande che mi frullavano per la mente.Scacciando questo pensiero esco dalla doccia e mi asciugo prima di scendere per cena. Appena entro in cucina trovo a tavola mamma papà e mio fratello Marco. Non faccio in tempo a sedermi che papà già inizia con le sue solite domande.
"Cosa hai fatto di bello oggi?"
"Ho fatto una passeggiata, niente di che" rispondo fingendo un sorriso. Non voglio che si preoccupi per me. Ha già problemi a lavoro e non voglio essere un peso in più. Né per lui né per nessun altro. Evito sempre di farmi vedere triste, sarei troppo vulnerabile. Ho creato una maschera che indosso quando sono in compagnia e tolgo non appena sono sola.La cena prosegue abbastanza tranquilla e appena posso mi chiudo in camera per continuare la mia lettura. Appoggiata con la schiena al muro e la testa alla finestra cerco di concentrarmi sul libro ma delle luci fuori dalla finestra rapiscono la mia attenzione. Luci blu mischiate al suono di una sirena. Mi affacciai, senza farmi vedere, per capire cosa succedeva. C'erano due signori che caricavano una barella all'interno di un'ambulanza. C'era un'anziana signora stesa con la mascherina dell'ossigeno. Era l'anziana signora della casa difronte. Molto simpatica e disponibile. Badava spesso a me quando ero più piccola e insieme c'era sempre suo nipote. Eravamo molto amici ma poi si è dovuto trasferire con il padre all'estero.Spero solo non sia nulla di grave e che guarisca presto.
Riprendo il libro finendo di leggere la fine del capitolo. Ma non riuscivo ad andare avanti, rileggevo sempre la stessa frase. Così mi arresi è chiusi il libro poggiandolo sulla scrivania.
Il sonno, come ogni sera, arrivava troppo tardi così rimasi sul davanzale a guardare le luci dei lampioni che illuminavano la città. Anche se era ormai passata la mezzanotte le macchine che passavano erano ancora tante. Chi andava veloce chi piano per paura della notte. Poi sfrecciò una moto che si fermò proprio nella casa difronte alla mia. La casa della signora Rosa, quella che poco prima era stata portata via dall'ambulanza. Osservavo l'alto ragazzo appena sceso dalla moto, si passava continuamente i capelli con la mano. Sembrava nervoso. Cominciò a suonare il citofono della signora Rosa ma era evidente che non c'era nessuno. Faceva avanti e indietro, poi ad un punto si bloccò. Si era accorto della mia presenza. Mi stava studiando per capire chi ero e io stavo facendo la stessa identica cosa. Tende una mano come segno di saluto. Solo una persona fa quello strano gesto per salutare. Ora capisco chi è.
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Condividiamo insieme il buio.
Romance"É notte. La notte è fatta per dormire eppure molta gente rimane sveglia c'è chi mangia chi pensa chi fa l'amore e di notte ci si manca di più ma non ce lo diciamo pensiamo 'questo starà già dormendo' E allora ci svegliamo il mattino dopo ch...