Parte 1

44 3 0
                                    

29.01.2016, Londra

Non so se questo diario mai lo leggerà qualcheduno, ma nessuno mi tratterrà dal scriverlo.

Sono Sarah Cordman, famosa filosofa e scienziata del XXI secolo. Come le due discipline si possano conciliare non è chiaro neppure a me; fino a dove si può individuare il confine tra scienza e filosofia? Forse oggi lo scoprirò o cadrò rovinosamente nel farlo.

Potrei molto semplicemente fare un sondaggio, ma con il tempo ho appreso che la semplicità non fa per me. Nefandezze come "la semplicità è bellezza" non mi hanno mai abbindolato. La natura è semplice, se non contiamo tutte le reazioni chimiche che ne innescano l'esistenza; esclusi gli impulsi neurologici e la presenza di questi in una massa di sostanza organica, classificata come "materia grigia", l'essere umano è un organismo semplice; anche un disegno di un bambino è bello e semplice, se si escludono i pensieri che hanno portato il soggetto infante a tracciare determinato tipo di linee nello spazio con un certo criterio. Anche il concetto di punto è ovvio, ma vorrei sapere chi è in grado di darne una definizione esauriente senza avere altro che parole. Ma non mi sto apprestando a scrivere di mie concezioni, piuttosto a portare avanti un progetto che definirà fino a che punto una persona ama.
Mia nonna all'età di sedici anni mi disse che chi ama non ha paura di piangere.

Amo il mio lavoro e sono pronta a metterlo prima della mia vita. La scoperta è tutto ciò che mi tiene in vita; il bisogno di conoscere, certe volte, mi sovrasta, soprattutto quando le mie scoperte, riconosco, potranno essere utili anche per altri oltre a me.
Posso capire che i miei lettori, forse, non percepiranno la mia scelta di porre il mio bisogno di sapere prima di qualunque altra cosa, e sono lieta di fare delucidazioni: la mia famiglia è un'eccezione.
Ho Alexander, un marito molto dolce ed attento. Raramente noto che viene assorbito dai propri pensieri, ma lo compatisco: anche io mi estranio dal mondo con frequenza. Mamma Agnes e papà Derek sono sempre stati nella mia vita, e Melissa ha contribuito più volte a mettere in dubbio la metodicità dell'equilibrio zen, quando da teenager si appropriava dei miei indumenti. I miei migliori amici, Clarisse McCall e Andrew Burke, mi hanno sempre sostenuto nelle mie scelte. Senza di loro non starei realizzando niente nella mia vita.

Quando racconto loro i miei progetti li lascio così esterrefatti ogni singola volta che è raro che non si strozzino con il the che siamo avvezzi a sorseggiare durante i nostri pomeriggi letterali, appuntamento settimanale da ormai più di dieci anni. Iniziammo a ventun anni (per Clarisse ventidue, ed Andrew ventiquattro) quando ogni mercoledì, in seguito alle lezioni universitarie, trovavamo sfocio dai nostri problemi raccontandoci di cosa Siddharta avrebbe fatto se fosse nato nell'era di Internet. Secondo Clarisse sarebbe stato un "grande segaiolo", secondo me sarebbe stato un viaggiatore. Avrebbe speso le sue ricchezze in carnè di voli Easy Jet, e si sarebbe trovato poi una villa per vivere da eremita sul cucuzzolo di una vetta sulla Cordigliera delle Ande. E poi c'era Andrew, che lo vedeva nel modo più poetico: un sognatore in cerca del vero amore. Affermava che fosse solo un individuo in cerca di una persona da amare e con cui non dover cercare di essere una pietra per sentirsi a proprio agio in un ambiente aperto come il mondo.

Anche grazie a questi incontri incontrai Alexander. Mentre Clarisse studiava scienze dell'educazione, Andrew letteratura ed io scienza e chimica, Alexander si apprestava a completare il suo ciclo di studi presso la facoltà di economia.
Si era introdotto nella mia piccola esistenza per un "Tanto si sa che Siddharta sarebbe stata solo un'altra goccia nel mare, in cerca della Persona Giusta, quando probabilmente la avrebbe trovata sotto il suo naso". Allora Andrew aveva abbassato lo sguardo, Clarisse aveva sorriso presentandosi, ed io ero rimasta a fissarlo folgorata. Era stato così abile da insinuarsi in una conversazione in modo così naturale da sembrare che ne avesse sempre fatto parte. E da quel giorno ne fece parte a tutti gli effetti. Ogni settimana mi portava in un ristorante diverso, giusto perché così non avremmo dovuto scegliere quello più buono o degno di essere rivisitato. Forse era stato un po' ignavo come pensiero, ma avevamo così tante scelte che tornare sui propri passi non era sembrata essere una considerabile opzione. Le uscite in quel periodo non contarono solo tre persone, ma quattro. E poi tornammo al numero originario: con il lavoro il mio fidanzato ventottenne non ebbe più tempo. Recuperai l'amicizia con gli altri due ragazzi, più di prima. Andrew mi sembrava distante, ma poi tornò in se stesso.

Death ExperienceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora