CAPITOLO UNO. AIUTO.

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Sto correndo. Corro veloce senza fermarmi, senza guardare indietro. I miei polmoni bruciano e così anche i muscoli delle gambe, le piante e i rami bassi degli alberi mi graffiano la pelle delle braccia e del viso, ma continuo a correre. Dietro di me il lamento di quei "cosi" si fa sempre più forte e più vicino. Riesco a distanziarli e mi fermo dietro un tronco. Esco il caricatore della mia pistola. Mi restano solo tre colpi. Respiro profondamente e poi mi giro. Sparo a un vagante, poi a un altro e un altro ancora. Adesso ho finito i colpi e la situazione non è cambiata. "Che stupida", penso rimettendomi a correre. Finalmente riesco ad uscire dal bosco e la prima cosa che vedo di fronte a me è un ospedale. Non ci penso due volte e continuo a correre fino alle porte d'ingresso. Ne apro una e vi ci entro in tempo prima che i vaganti mi raggiungano. La porta si apre verso di loro quindi se continuano a spingere non ci concluderanno niente. Ad ogni modo la blocco insieme all'altra metà facendo passare un tubo tra le maniglie. Respiro prendendo fiato e mi siedo con le spalle appoggiate alla porta. Mi asciugo il sudore sulla fronte che continua a colare sulle mie guance e sul mio collo. Una volta che il mio respiro si regolarizza mi alzo e mi armo di coltello, dato che ho finito le munizioni. Cammino cercando di fare il minimo rumore, ma è quasi impossibile dato i mille detriti e lo strato incredibile di polvere che c'è  a terra. Cammino fra i corridoi dell'ospedale controllando ogni stanza, fortunatamente non c'è nessun vagante. Decido di rimanere qui per la notte, così entro in una delle stanze e chiudo la porta. Appoggio il mio borsone a terra e nel comodino vicino al letto poso la pistola e il coltello. Slaccio le cinghie della fondina gambale e la lascio vicino ad essi. Mi sdraio su uno dei due letti e sospiro di sollievo non appena sento la mia testa toccare il morbido cuscino. Era da settimane che non dormivo su un letto comodo. Ho dormito seduta, su un albero, su una sedia, a terra. Il mio corpo chiede pietà e così cado in un sonno profondo. Quando riapro gli occhi  sento la voce di qualcuno chiamare "aiuto". Scuoto la testa credendo fosse la mia immaginazione, ma non è così. Mi alzo e subito riprendo le mie cose. Tenendo il coltello in una mano con l'altra apro delicatamente la porta ed ecco che lo vedo. È da così tanto che non vedo una persona che mi rendo solo ora che tutti quei "cosi" una volta erano come lui. Lo spio ancora un po'. Non ha vestiti a parte una tunica da paziente color verde acqua slacciata sul davanti. Si vede una fasciatura su tutto l'addome, la mia curiosità mi spinge a chiedergli come se lo sia fatto. "E se fosse stato morso?".  Non posso rischiare perciò me ne rimango nascosta. L'uomo si avvicina ad una porta con su scritto "non aprire, morti all'interno". L'espressione del tizio è confusa. Allunga le mani sulla maniglia e prova ad aprire la porta che è fissata malamente con delle catene. Appena prova a tirare delle mani ne escono fuori. In un secondo esco e lo tiro via dal braccio per poi spingere la porta e richiuderla.

<< Che cavolo fai?! Non hai letto cosa c'è scritto? >> chiedo. Il tizio è ancora più confuso. Adesso che lo vedo da vicino sta sudando ed è pallido. Faccio un passo indietro per paura che possa essere stato morso.

<< Chi sei tu? Dove mi trovo? Cosa sta succedendo? >>

<< Accidenti, non sai niente eh? >> dico riposando il mio coltello.

<< Cosa dovrei sapere? >> chiede toccandosi l'addome. Fa una smorfia e perde l'equilibrio. Io lo afferro da sotto le ascelle e lo appoggio a terra. Mi piego sulle ginocchia e lo guardo.

<< Il mondo se n'è andato a puttane. Che cosa ti sei fatto? >> chiedo indicando la fasciatura.

<< Mi hanno sparato >> dice mettendosi dritto.

<< Sei un criminale? >>

<< Un poliziotto >>  annuisco.

<< Cosa intendevi prima? >>

Life after Death 1||The Walking Dead. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora