Capitolo cinque

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Pov Jules

Tre settimane e un giorno.

-cioè dico, mi è sembrato un po scortese da pare tua. Non voglio litigare, J. Solo...-
Il mio caffè, la mia linfa vitale, si stava raffreddando. Speravo solo che, prima o poi, Ned lo lasciasse tranquillamente cadere sul bancone.
Solo che, ogni volta che riprendeva fiato per parlare, mi rendevo conto che poteva anche non succedere mai.
In fondo era colpa mia: colpa mia, quando avevo deciso di attraversare le porte a vetri del bar più gay di tutta la città, per farmi un dannato caffè e chiacchierare con quel tipo strano. E no, non parlo del ragazzetto rosso tinto al bancone, in quale sembrava gentilmente intenzionato a farmi notare che quando mi aveva dato il numero, intendeva per uscire, e non per essere ignorato bellamente dal sottoscritto. Intendo quel tizio strano che, quella mattina stava fuori casa di Aline, che avevo capito nascondesse qualcosa, e che, ne ero certo, sarebbe stato l'unico disposto a mettermi ordine nel cervello. Nelle ultime settimane, esattamente tre, erano successe cose fin troppo strane. Aline, sperrur il fratello sembrasse scomparso nel nulla, non aveva voluto avvisare nessuno. Era come se se lo aspettasse: ne era sorpresa, ma sembrava una cosa normale. Solo dopo pochi giorni era arrivato suo padre. Non che ne sapessi qualcosa, é chiaro. L'ho visto una mattina, di sfuggita, mentre ritirava la posta fuori dall'appartamento di Ally. Come se nulla fosse, si era presentato. Richard Cole. Perfetto nome da vecchio, da padre di famiglia. Capelli brizzolati, alto e dagli inconfondibili tratti somatici dei Cole. Affascinante anche in quella semplice polo bianca e pantaloni kaki dal taglio moderno. Eppure, una volta chiusa la porta alle mie spalle, avevo sentito una sensazione densa di sporco, di qualcosa di già visto, misto ad una serenità che mi aveva turbato. E l'avevo capito subito, dal sorriso affabile e il tono bonario, che nascondeva qualcosa. E non solo quello. Aveva addosso un odore.
Avevo cercato di dimenticarlo nei giorni seguenti, ma lo zero assoluto che ricavavo da Aline e la stranezza di tutti, anche di Eric, mi aveva lasciato perplesso. Alla fine avevo capito che il tizio strano che stava sempre a casa Cole doveva esserci dentro. Quindi avevo iniziato a frequentare i bar dove si fermava a bere un caffè ogni tanto, ed ora eccolo lì. Era seduto in un tavolo appartato, con un libro che sembrava molto di scuola, l'espressione currucciata e una tazza di caffè macchiato accanto.
Mi alzai dal bancone.
-grazie, Ned. - afferrato il caffè iniziai ad avvicinarmi al tizio. Era biondo, di grande stazza. Più o meno come Gareth, ed era compattato tutto su quella seggiolina, con le gambe che picchiavano contro l'interno del tavolo.
Notai il suo sguardo stranito quando mi lasciai scivolare sulla sedia difronte alla sua. Bevvi un sorso di caffè, sotto il suo sguardo stizzito, ora.
-cosa staresti facendo?-
-bevo il caffè.-
-okay...beh..é uccupato.-
Si notava che essere così gentile non rientrava nell'ordinaria routine.
-lo so. In effetti é per questo che mi sono seduto qui.-
-ma che cazz...-
Sorrisi solo un pò.
Gli porsi la mano.
-Jules. Sono il migliore amico di Aline.-
Lo vidi scurirsi un pò in volto, l'espressione si era fatta più dura.
Lasciai scivolare via la mano. Non l'avrebbe stretta.
-sei il vicino di casa. Era con te, non è vero?-
-esatto.-
Lo osservai chiudere il libro.
Il caffè mi scivolava bollente attraverso la gola.
-che vuoi? Fare domande?-
-beh... chiarimenti.-
Sospirò.
-anche il tuo amico, Eric, cazzo. Ma cosa hanno i ragazzini di oggi?-
-Eric?-
-é amico di Ally. É passato qualche volta.-
Sorvolai sull'argomento.
-tu sia dov'è. Lo sa anche Aline. Cosa...sono solo curioso. Che è successo?-
-la curiosità uccise il gatto.-
-non sono un gatto-
-già. Sei un ragazzino rompicoglioni.-
Ridacchiai. Non aveva il minimo controllo.
-immagino tu non mi voglia dire nulla. Ma ne sei scuro? Sono l'ultimo che l'ha visto. Non ci credo che non vuoi sapere in che condizioni se né andato, o come mi è sembrato. Come puoi essere sicuro che si tratti di una delle solite fughe se...-
-dai per scontato che sia una fuga.-
-ha la faccia. Sai, di quello che fugge.-
Lo vidi stringere le labbra. Somigliavano ad una linea ora.
-non è codardo.-
-lo so. Può sembrarlo, ma c'è una sottile differenza tra Gareth e un codardo. Lui fugge.-
-e non è la stessa cosa?-
-ha il coraggio di ammettere che ha paura. Di qualcosa, forse. Non è un semplice codardo. Ne sono sicuro, lui non si salva il culo. É solo una pausa per rafforzarsi e tornare più forte. Non è così? -
Le sue labbra si rilassarono lentamente, lo vidi rilassarsi contro la seddia.
-come sai queste cose?-
-per cosa si prepara Gareth?-
Lo vidi ghignare. Simile all'amico, ma più caldo. Quel ragazzo era caldo. Grande, ingombrante, però caldo. Sembrava una fonte inesauribile di compagnia, tutta la sua presenza non lasciava spazio a nient'altro: chissà che legame aveva con Gareth.
Si era alzato.
-Sono Darren, comunque. Salutami Eric, mi raccomando!-
E nel giro di pochi secondi ero solo, il mio caffè si era freddato e Ned mi stava puntando dal banco.



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