Capitolo sei

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Pov Aline
Averlo per casa era strano. Sentire i suoi passi in corridoio, la scatola di biscotti che lasciava sul tavolo la mattina. Non mi era bastato barricarmi nel silenzio più assoluto. Lo sentivo, la sua presenza, avvertivo il suo riempire tutto. La mente, la mia, ma non solo: le stanze, l'aria.
Era come avercelo intorno.
Non avevo mai pensato di odiare mio padre. Non l'avevo mai fatto, alla luce di tutto. Mi ero attaccata per anni alla proiezione calda di un suo sorriso, una sua carezza, oppure l'idea di normale padre che potevo farmici. Avevo basato il mio giudizio su quei ricordi malamente tagliati e modificati a formare un bel filmino nella mia testa, senza dare ascolto agli occhi e alla testa di quello che era ed è mio padre, mio fratello.
In quel periodo capii di aver chiuso gli occhi per tanto tempo, che erano incollati, che aprirli mi avrebbe fatto male. C'erano degli spiragli di luce, ma non una chiara visione. Cercavo di fregarmene.
Non ero preoccupata per Gareth. Perché sarei dovuta esserlo? Era grande e vaccinato, inoltre sapevo sia dove sia cosa stesse facendo. Era a causa sua, a causa di mio padre, anche a causa mia, immagino.
In quel momento la mia priorità era andare a scuola, evitare J e Eric, sentire la presenza di mio padre per casa. E basta, avrei dovuto fare altro?
Probabilmente prepararmi.
Ero accecata dal senso di abbandono.

POV Eric

L'avevo visto. Cazzo, era lui. Se ne stava seduto vicino al bancone nero lucido, si girava tra le dita un bicchierino trasparente e poi se lo portava alle labbra, deglutendo il liquido roseo splendente che sapevo doveva essere dannatamente dolce e pastoso.
Desiderai di vederlo alzarsi, venirmi incontro, sorridermi e poi tante altre cose. Avevo pensato a tutto, per la verità. Ancora a casa avevo organizzato tutto alla perfezione: come attaccare bottone, come fare si che non scappasse.
E invece adesso avevo le gambe molli e la mente annebbiata.
Darren era pure più bello del solito, con un paio di jeans stretti e una maglietta altrettanto aderente e grigia. I capelli spettinati ad arte.
Lo vidi alzare distrattamente lo sguardo e scrutare la folla. Sperai mi notasse, anche se era piuttosto impossibile data la quantità di gente che c'era la dentro.
E invece, nel giro di pochi secondi, sentii il viso bruciare a causa di quegli occhi che mi fissavano e scrutavano piuttosto intensamente tutto il mio corpo. Sorrisi, più che altro ghignai. Lo vidi poi alzarsi, fece un cenno a qualcuno e lasciò il drink li, così.
Quando fu abbastanza vicino da vedermi bene in viso allargai il ghigno che avevo stampato in faccia, giusto per dargli fastidio. Sapevo che così facendo lo avrei fatto innervosire. Era più umano quando mostrava qualcosa, il nervosismo, la voglia di strozzarmi...
Mi fù vicino rapidamente.
-piantala di seguirmi. Devi davvero piantarla.-
Mi strinsi nelle spalle.
-perché ti comporti come se fossi al centro del mondo? É una festa, Darren. A me piace divertirmi.-
Lo vidi stringersi l'attaccatura del naso, un tic nervoso che fece solo allargare il mio sorriso.
-tu...-
-quindi Gareth é tornato?-
-non sono...-
-se lo becca Jules é finito. Lo recupererai tu da sotto la montagna di domande che gli farà?-
Darren alzò gli occhi al cielo.
-non gli deve nessuna risposta.-
-tutta questa storia si ripercuote sulla sua splendida e storica amicizia con Aline, lo prenderà per sfinimento. Nessuno deve mai niente a J, però non ricordo una volta in qui non ottenne quello che voleva.-
Darren scrolló le spalle, anche se si notava che qualcosa lo turbava. Oltre a me, intendo. Si lanciava occhiate dietro, e capii che fissava lo sgabello vuoto dove una vota (poco fa) stava seduto il suo amico.
-non eviterai che scompaia ancora, fissandolo.-
Vedendo il suo volto preoccupato, non pensai due volte a mandare all'aria il mio piano parlaci-scopaci-diventate qualcosa di più.
Sbuffai abbastanza forte da sovrastare la musica e ottenere la sua attenzione.
-andiamo, ti aiuto a cercarlo.-

***
-se né andato.- faticai a capire ciò che mi diceva, a causa di quella musica assordante.
Rimasi colpito dal suo tono. Così arrabbiato, triste, ma controllato. Pensai che probabilmente se l'aspettava. Come al solito, accettava il fatto che come ogni altro giorno di quel periodo il suo "amico" l'avesse mollato lì, per stare alle prese con qualunque fosse il suo demone interiore. Sentii che lo odiavo. Non Gareth, non i suoi demoni. Darren. Scivolammo in un posto più appartato, accanto all'entrata.
-abbiamo controllato dentro, nei bagni, al bar... magari è fuori. Con il caldo che c'è qua dentro magari..-
-lascia stare.-
Mi bloccai. Alzai un poco la testa per studiargli il volto. Labbra serrate, sguardo apatico. Era come se non mi vedesse.
-vaffanculo, Dio.-
Lo vidi fare un espressione confusa.
-cos..-
-fanculo, Darren. Che cazzo hai? Il tuo amico non si trova, so che pensi ti abbia lasciato ancora.-
Non resistetti a colpirlo sul petto, piano, senza fargli male.
-arrabbiati, dannazione. Reagisci!-
Sui suoi occhi passò un ombra scura, avvertii la sua schiena irrigidirsi mentre mi afferrava forte il polso.
-sta zitto.-
L'avevo fatto arrabbiare?
-no, cazzo. Hai questo...senso di riverenza, si, nei suoi confronti. Perché non ammetti che è solo un gran pezzo di merda? Dio, é un mese che ti vedo.. ti vedo spegnerti, perché lui non c'è. Ti ignora visibilmente, io.. sono qui, Darren, guardami!-
Aveva le narici dilatate dalla rabbia. Immobile, mi fissava come se gli stessi dicendo le più spaventose cose: eppure era come se non lo toccasse. Difficile spiegare.
-il tuo amico potrebbe essersene andato per altro tempo, senza dirti nulla, come se l'avesse mai fatto. Dovresti essere arrabbiato con lui, anche ora, cercalo! No, tu lasci perdere, perché è giusto che lui se ne freghi di lasciarti qua in queste condizioni. Ammettilo che è solo...-
-é più di questo. Gli voglio bene, lo conosco. Se si sente di andare lui va. Non sono nessuno per fermarlo qui.-
Sentii una scarica di nervi scendere giù per la schiena.
- okay. Fatti risucchiare la vita dalle sue scelte, fatti trattare di mer...-
-cosa vuoi capire, tu?-
Stava sul serio ridendo. L'avevo visto spesso ridere. Con me, non di me. Non era una bella visione.
-sei solo uno stupido ragazzino. Devi ancora capire come gira il mondo, come ci si comporta con le persone.-
-hai ragione, sono uno stupido ragazzino a cui scrivi fingendo di essere sereno nei momenti in cui quel coglione ti entra in testa, qualcosa per fingere che vada tutto bene, mi pendi, giochi con me, fai quel cazzo che ti pare. Non sei così diverso da quel tuo..-
Potrei dire che sia arrivato prima il dolore, ma in realtà la primissima cosa che sentii fu l'orribile rumore nelle sue dita sulla mia pelle. Ma che dita, l'intera mano aperta sul mio viso. Fino a quel momento non mi aveva mai schiaffeggiato nessuno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 30, 2016 ⏰

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