01 Capitolo

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Icu Wana
Concord 1776

«Lily smettila di perder tempo con quelle scartoffie e dammi una mano coi nostri nuovi amici».
«Si, padre», sospirò la ragazza riponendo il libro sul carretto. Avrebbe solo voluto ricordare al proprio padre che quelle non erano scartoffie, ma libri che le permettevano di essere l'unica letterata in famiglia e che – sopra ogni cosa - quelli non erano amici ma solo un gruppo di rozzi campagnoli che si stava approfittando dell'ingenuità dei suoi genitori e dei loro barili carichi di bevande.
Se quella mattina qualcuno l'avesse avvertita che domandare a suo padre una breve sosta durante il viaggio sarebbe costato il prezzo di tre individui che si abbeveravano come cavalli, avrebbe decisamente tenuto la bocca chiusa fino a destinazione.
Si distaccò dall'ombra del carro e s'avvicinò a quella specie di trattoria arrangiata poco prima.
La donna era ancora seduta su un tronco a bere birra assieme agli altri. Quando Lily l'aveva vista avvicinarsi assieme a due uomini, sua madre le aveva assestato una gomitata nel fianco per farle chiudere la bocca: indossava dei pantaloni e portava con sé un fucile. Ma non erano solo i suoi abiti ad averle creato sconcerto, ma anche l'andatura arrogante e sicura che la rendevano ben lontana dall'idea che le avevano inculcato su come una donna dovesse comportarsi.
Ah, e indossava dei pantaloni.
La sentì ridere parecchi decibel sopra la decenza mentre reggeva un boccale di birra.
«Prepara un po' di pane e formaggio per il signore», la destò suo padre indicando Godfrey, un omone – le ricordava più un armadio, in realtà – con degli occhi da bambino incastonati in un viso barbuto.
Lily si scostò una ciocca di capelli rossi, sfuggiti all'acconciatura, dietro l'orecchio mentre s'affrettò a tagliare una modesta fetta di formaggio.
«Cara, si un po' più generosa! Quel pezzettino non sfamerebbe neanche un topo», le rimbeccò sua madre, che nonostante fosse impegnata a mescolare la zuppa sul braciere improvvisato, aveva occhio ovunque.
«Non ne basterebbe una forma intera a sfamare questo qui», pensò, guardando di sottecchi l'uomo che aspettava gongolando davanti ai suoi occhi.
«Siete davvero troppo generosi», ringraziò mentre la ragazza gli porgeva il cibo. «La vostra locanda doveva essere una delle migliori», commentò a bocca piena dopo aver addentato un pezzo di pane.
«Peccato che il Re non la pensasse alla stessa maniera», sospirò suo padre fissando il fondo di un boccale vuoto.
Dopo quell'affermazione, il silenzio calò fra i presenti e solo dopo qualche imbarazzante minuto l'uomo con accento francese prese parola. «Dove siete diretti ora?».
«A Salem, dove abita la mia famiglia», rispose sua madre, senza mai smettere di mescolare la zuppa. «Almeno lì avremo un tetto sopra le teste».
Lily si appoggiò con la schiena ad uno dei grossi barili e prese a fissarsi le punte delle scarpe.
Le voci dei contadini cominciarono ad accavallarsi le une alle altre e non riuscirono a sfondare la barriera di pensieri che si era formata nella sua testa.
Nella sua mente si ripetevano le immagini di qualche giorno prima, quando le giubbe rosse avevano fatto irruzione alla locanda e li avevano costretti ad abbandonare tutto senza neanche poter replicare.
Il modo in cui erano stati cacciati, come fossero stati ladri all'interno della loro stessa casa, era stato incredibilmente umiliante.
Se i ricordi avessero potuto fare rumore, allora in quell'istante nella sua testa doveva esserci una baraonda.
Urla, insulti e sguardi di scherno.
Rivide le proprie unghie affondare nel legno mentre una giubba rossa ripeteva che dovevano abbandonare l'edificio per ordine di un re che neanche gli apparteneva.
Si vide piangere mentre recuperava i suoi averi e li riponeva in una sacca come meglio poteva, mentre un fucile le veniva puntato contro.
Si era ripromessa di non piangere più davanti ad un uomo, non finché le fosse rimasta una briciola d'orgoglio. Mai più. «Signore!». La voce di suo padre sembrò richiamarla dai suoi pensieri. «Gradite un sorso di birra o del formaggio?».
Quando Lily sollevò lo sguardo non vide l'ennesimo contadino che si aspettava. Le sue pupille si dilatarono quando si accorse dell' indiano armato fino ai denti che si stava avvicinando al piccolo gruppo. Più si faceva vicino e più le sembrò gigantesco. Era persino più alto di Godfrey.
Ma non era solo la statura a incuterle timore, ma anche l'imponente corporatura che si sentiva stretta attorno a quei lembi di pelle e stoffa aderente con cui era stato rivestito.
«Connor!» Godfrey s'avvicinò senza timore al nativo e gli poggiò una mano sulla spalla con fare familiare. «Lui è Oliver e loro sono Corrine e Lily, persone meravigliose! Olly, lui è Connor, l'uomo di cui ti parlavo, il signore della villa».
Lily non provò neanche a nascondere l'espressione sorpresa che le si formò sul viso, a quelle parole.
Sapeva che gli indiani potessero possedere oggetti, animali e case, ma che quel ragazzo fosse il padrone di un'area di quella portata e desse lavoro a dei bianchi era ridicolo.
«Stavamo passando di qui, quando abbiamo visto i vostri servitori. Avevano sete e noi qualche barile e –», suo padre cercò di giustificare la sosta sul suo territorio ma l'indiano lo bloccò con un gesto della mano.
«Non sono un signore e loro sono amici, non servitori», spiegò con risolutezza. «Cosa vi ha condotto per strada con un carro pieno di liquori da vendere?»
«Eravamo osti, poi il Re ha requisito la locanda per qualche questione militare», spiegò. «E ci ha lasciato con le chiappe all'aria», terminò stringendosi leggermente nelle spalle.
«Dovreste stabilirvi qui!», esordì l'uomo francese alzando il boccale che aveva in mano. «Ci servirebbe una locanda».
«Buona idea!», esclamò la donna tirandolo a sè e prendendo un ampio sorso di birra. Lily scostò subito lo sguardo.
«Lo faremmo, ma servirebbe un edifico adeguato e ci vogliono soldi..», sospirò suo padre, sollevando le spalle con fare rassegnato.
Ma l'indiano non sembrò affatto scoraggiato. «Un locale come il vostro farebbe piacere a tutti. Parlerò con i miei amici al mulino e vedremo se potremo costruirne uno», sollevò leggermente gli angoli della bocca. «Se ci riusciamo, vi piacerebbe rimanere stabilmente qui?».
«Ma certo Olly!», esclamò sua madre euforica mentre correva ad abbracciare il marito. «Una nuova locanda!».
I due uomini si strinsero la mano e Lily si ritrovò in disparte, con un'espressione indecifrabile stampata sulla faccia, lontana dall'esaltazione generale.
«E mentre aspettate, potete alloggiare con me e la mia famiglia», si offrì Godfrey. «Casa mia non è molto grande ma ci stringeremo».
Suo padre si tolse il cappello, ormai con le lacrime agli occhi. «Io davvero non so cosa dire, la vostra gentilezza va oltre ogni limite».
«Lily!», sua madre si voltò verso di lei. «Hai sentito? Avremo una nuova locanda!».
«Già, è fantastico», le sorrise senza guardarla.
In realtà era tutt'altro che fantastico. Certo, avere un tetto sulla testa e per di più una nuova locanda era meraviglioso, ma l'idea di vivere nel bel mezzo di un bosco, lontani dalla città e per di più sottoposti ad un selvaggio..
«Dovete perdonare l'esuberanza di nostra figlia», ironizzò sua madre e Lily roteò gli occhi. «E' ancora scossa, ha bisogno di tempo per adattarsi».
«E' comprensibile», commentò l'indiano lanciandole uno sguardo prima di voltarsi verso il resto del gruppo.
Sua madre le si avvicinò e le strinse le mani. «Oggi è stata una benedizione, quel ragazzo ci è stato mandato dal Cielo».
«Non lo so, madre», sospirò con poca convinzione. «E' un indiano», disse con un filo di voce. «E se tutto ciò fosse contro la legge? Che ne sappiamo se questa terra è davvero sua? Almeno a Sale–».
«Elizabeth Powell», la beccò sua madre con un'espressione interdetta dipinta sul volto. «Io e tuo padre non ti abbiamo cresciuta per essere così acida di spirito. Quell'uomo ci darà una casa e un lavoro, da dove proviene non è affar nostro», si allontanò verso un barile e riempì, per l'ennesima volta in quella mattinata, un boccale di birra.«Offrigli questo come gratitudine e mostrati gentile».
«Si, madre». La ragazza afferrò il boccale borbottando. S'avvicinò a piccoli passi cercando di allontanare dalla mente tutti i brutti racconti sui nativi che aveva udito dai viaggiatori alla vecchia locanda. Si fermò dietro l'indiano, faccia a faccia con la sua schiena. Letteralmente. Avrebbe dovuto salire su uno sgabello per arrivargli almeno al collo.
«Aehm», si schiarì la voce sperando di attirare l'attenzione. Com'è che l'aveva chiamato l'omone? «Signor Conrad?».
Il nativo si girò e dopo qualche istante portò lo sguardo sulla ragazza. «Ce l'hai con me?».
«Si», mormorò piantando gli occhi sulla birra. «Per voi».
«Oh, grazie». Prese il boccale e per pochi attimi le dita scure di lui sfiorarono quelle pallide e sottili di lei. Lily sospirò di sollievo e fece per girarsi ma la voce dell'indiano la bloccò sul posto.
«Il mio nome è Connor, comunque».
«Mi dispiace non sbaglierò di nuovo, signor Connor», si scusò e le sue guance si colorarono di rosa.
Connor si grattò la testa facendo oscillare la sottile trecciolina che pendeva dai capelli scuri. «Chiamami solo Connor e dammi del tu».
«D'accordo», annuì portando le braccia dietro la schiena.
L'indiano sollevò un angolo della bocca e poi si voltò nuovamente verso gli altri. «E' stato bello conoscervi, ma ho tante cose da sbrigare». Portò il boccale sul bancone – notò che non ne aveva preso neanche un sorso – e si congedò con un gesto della mano. «Mi farò vivo non appena avrò tutto il necessario».
La ragazza fissò per una manciata di secondi il profilo dell'indiano farsi più distante mentre percorreva il sentiero, prima che la sua sottana venne strattonata dalla donna seduta sul tronco.
«Siedi con noi!», le sorrise con occhi visibilmente lucidi.
Lily emise un sordo gemito prima di prendere posto, mentre i suoi pensieri percorrevano varie miglia, arrivando fino a Boston, alla vecchia locanda, dai suoi amici e alla sua ormai vecchia vita.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 30, 2016 ⏰

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