Quinta Parte

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Apro gli occhi, non sono nel mio appartamento e nemmeno in quella via. Dove sono? Le lenzuola profumano di buono e tutto intorno a me l'ambiente é alquanto ospitale e ben curato. Dove sono? Me lo sto domandando per la seconda volta, non trovo risposta ancora. La porta si apre dolcemente e quello che vedo, poi, é molto familiare. E' lei ed é bellissima. { che ci faccio qui? } timidamente le chiedo « casomai che ci facevi in quella via con una ferita del genere al collo » risponde lei in modo brusco. Mi tocco la parte sinistra del collo dunque, trovando una benda al tatto. Lei si avvicina sedendosi sul letto a fianco a me, mi accarezza i capelli, una domanda mi viene spontanea { perché fai tutto questo per uno sconosciuto? } la guardo, sono sincero e non la capisco, ma apprezzo molto quello che sta facendo per me. Per un momento lei non mi risponde e non dice nulla, poi guardandomi negli occhi « sinceramente non lo so, forse mi piaci, forse mi stai solo simpatico, non so davvero. Ma non potevo lasciarti certo lì così.» rido alle sue parole { penso che qualcuno, prima che arrivassi tu, mi abbia visto e mi abbia lasciato lì, i sobborghi sono pieni di gente che si fa gli affari propri. Mi stupisco che non mi abbia trovato la polizia invece. } in effetti é vero. Mi cercavano e mentre ero inerme a terra, ferito, non mi hanno trovato. « la polizia è incompetente, ti cercavano in centro, come se dessero per scontato che non fossi andato verso la periferia. Idioti. Io dovrei sentirmi protetta da quelli lì?» scoppia a ridere. La guardo perplesso e le chiedo ancora { Ma cosa ci facevi lì? } lei si ferma, mi guarda « io passo per di lì per andare a lavoro tesoro» mi sorride, farfalle. Ora ne sono certo, sono innamorato.

Le ore passate con lei sembrano volare, troppo in fretta, il mio collo sta bene e non posso restare qui da lei, sono un peso, sia per lei che per la società. Quella società che non mi ha mai accettato. Fin da piccolo, quando di certo non immaginavo come sarei diventato. Tossico e senza un briciolo di umanità. Fortuna che il mio sogno era quello di fare il poliziotto. Stronzate. Ora vivo la giornata, tra uno spaccio e l'altro, senza parlare dei lavoretti occasionali che ho iniziato a fare per quell'uomo. Assorto come sono non mi accorgo che lei è sparita. Sognavo? O pensavo ad occhi aperti? Sicuramente rivedere il mio passato non è piacevole. Mi tolgo le coperte dal corpo e mi alzo, nessun giramento di testa, incredibile. Metto i calzini e le scarpe, rimetto la giacca. Lei non c'è. Prendo un biglietto e le lascio scritto che tornerò, che mi perdoni per essermene andato così bruscamente. Ma c'è qualcosa che devo fare. Venti minuti dopo sono in Via Messina, nella chinatown. Quell'omone così grosso non era pelato, aveva il codino, solo in un luogo del mondo i sicari hanno quella fottuta acconciatura e sono sicuro che qui troverò le risposte che cerco. Arrivo a metà via, entro nel bar presente. L'odore di riso mi sbatte contro appena entro, il bar è interrato, classico dei musi gialli. Qui dentro sono tutti occhi a mandorla, difficilmente non sarò notato e forse il fatto che da quando ho aperto la porta tutti mi stiano osservando non mi aiuta. Sei tavolate, l'ultima però ha dei separè con degli ornamenti pittoreschi, accanto a questo separè si nota benissimo un fottuto Man In Black, occhiali da sole completamente neri e smoking del medesimo colore. 'Sti cinesi si son evoluti. Capelli corti tirati all'insù nella frangia. Una testa di dragone spunta dal colletto della sua camicia bianca e finisce giusto dietro il collo. Avanzo verso la prima sedia libera, tengo lo sguardo su di lui. A quanto pare c'è un pezzo grosso lì dietro. Ordino un baileys con ghiaccio, lì dentro fa caldo e ho sete. Attendo, non so nemmeno io per quanto, ad un certo punto qualcuno si alza nel separè e se ne esce, un uomo, sui 30 anni, sicuramente una spia o un informatore, attendo che esca. Pago ed esco pure io. L'aria fredda della città mi torna a baciare la pelle, mi stringo nel cappotto e mi guardo in giro, il tipo è entrato in un vicolo vicino, mi affretto! Sembra un fottuto film americano, i fumi delle cucine cinesi fuoriescono dalle finestrelle dei locali interrati, il vicolo è un'arteria di due vie più grosse, non ci sta mai nessuno praticamente. Controllo bene, conto fino a tre e mi butto. La corsa è rapida talmente rapida che appena gli sono appresso lui si volta sorpreso dal rumore, peccato che il mio destro sia già sulla sua bocca. Evito così un suo possibile urlo, ma non sono andato così pesante da impedirgli di parlare. E' il momento di lavorarsi questo figlio di troia.

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