Questo racconto è dedicato alla grande epopea della costruzione di Stonehenge e degli altri templi megalitici a pianta circolare. Nella prima parte è narrata, con ampie licenze sull’effettività storica, la costruzione del tempio stesso, avvenuta per mano delle popolazioni neolitiche, in un periodo variabilmente datato dagli studiosi, ma protrattasi certamente fino all’epoca cosiddetta protostorica. La narrazione vuole imitare i racconti tribali tramandati per via orale ed ha accenni volutamente poetici e leggendari. Il Re mitico è una sintesi di tutti i capi tribù che hanno governato la Britannia in quell’epoca, ed è modellato sulle figure degli eroi mitici, ritenuti da quasi tutte le culture antiche gli apportatori della civiltà alle genti selvagge. Nella seconda parte, invece, specularmente, si narra la vicenda di un conquistatore crudele, che ugualmente ebbe il controllo di tutta la regione. Anche in questo caso il Re è la sintesi di tanti re che conquistarono l’isola. In particolare si tratta dei re celtici giunti dal continente. È noto che la civiltà britannica si modellò assorbendo gli usi e le tradizioni di quelle con cui entrava in contatto, ed in particolare questo fu vero per lo scontro con quella dei celti. Il periodo in cui è avvenuta l’occupazione massiccia è quello che coincide con l’avvio dell’età del ferro nel nord Europa. Anche in questo caso mi sono preso la licenza di unire direttamente questi due grandi avvenimenti. I popoli a sud del Sud, invece, sono naturalmente quelli mediterranei e mesopotamici, all’epoca molto più avanzati di quelli nordici e con cui i britanni erano in contatto, per via del commercio dello stagno che, già in epoche remote, esportavano in tutta Europa. L’isola, peraltro, ben prima di Cesare, era stata visitata da due famosi viaggiatori, il greco Pitea e il cartaginese Imilcone, che avevano documentato con dovizia di particolari i loro viaggi. Gli izmargad nominati nel primo racconto sono gli smeraldi, chiamati con quello che probabilmente è il loro nome originario (in semitico). Manteio e Kahin, invece, sono la trascrizione da me operata della pronuncia della parola Oracolo, tradotta in greco e azero moderni. La non differenziazione del colore verde dal blu, invece, registra un fatto, ai miei occhi molto curioso, ma che effettivamente accadeva in moltissime lingue dell’antichità; alcune civiltà, addirittura, non distinguevano nemmeno il nero come tinta indipendente da queste due, cosa che aveva interessanti ripercussioni filosofiche. Il ritrovamento dello scheletro di un uomo, di cui si legge alla fine del racconto è ugualmente vero e risulta molto plausibile l’ipotesi che si trattasse soltanto di un ladro di amuleti. Ma voler dare una risposta più romantica alla sua singolare uccisione è stato il motivo principale per cui ho immaginato tutta la storia, che spero sia piaciuta.
In copertina: Statua dell'eroe Hou Yi, Changzhi, Cina (fonte: The Telegraph)
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In punta di freccia, la luna
Historical FictionNel 2002, durante alcuni scavi archeologici nei pressi di Stonehenge, sul lato est del complesso, fu trovato un tumulo. In esso, sepolto senza onori, monili, né altro, lo scheletro di uomo. Gli abiti non esistevano più, ma erano ancora visibili i se...