Sputai amaramente a terra.
A quel punto mi inginocchiai e osservai attentamente ciò che avevo rigettato. Una macchia sanguinolenta.
Una macchia del sangue di Rosa.
Rosa, quella giovane dai capelli rossicci deliziosamente arrotolati in spirali infinite. Ricordo minuziosamente le ore passate sulla spiaggia , nelle quali ero intento ad infilare lunghe conchiglie perlacee nei suoi boccoli. Lei arrossiva di piacere e io la baciavo lentamente, esplorando ogni millimetro delle sue minuziose labbra rossicce.
Non volevo cadere nel vortice di sangue e sadico piacere, che mi ricordava tanto il mio passato macchiato di droga, dolore, donne e tanto tanto sangue scarlatto, con il quale dipingevo minuziosamente le mie rose candide come la prima neve sulle cime delle montagne.
No, non avevo mai fatto l'amore con Rosa.
Per quanto la desiderassi, per quanto la amassi, non volevo rinchiuderla nelle mie sporche manette per farla soffrire.
Certo, tutto ciò mi faceva stare male. Ero come una tigre in gabbia.Poi tutto cambiò quella fatidica sera d'estate.
"Amore, dove mi porti stasera?" mi domandò lei con quella sua deliziosa voce ovattata.
Le tolsi la benda dagli occhi, mostrandole un lussuoso locale sulla riva del mare.
Il sole sprigionava i suoi ultimi raggi, creando un giocoso effetto di colori ovunque, sulle persone, sui gatti sornioni, sui vetri delle case.
"Mike, dimmi che non è un sogno".
A quel punto mi saltò al collo e mi diede un dolce bacio a stampo sulle labbra.
Entrammo.
Aveva un vestitino rosa antico che le metteva in risalto le sue splendide curve armoniche.
Ci accomodammo nel tavolo più nascosto della terrazza dove aleggiava un dolce profumo di glicine.
Al centro del tavolo posavano due bellissimi tulipani rosati.
Lei si guardò intorno estasiata.
Dio, aveva negli occhi la felicità di una bambina che cavalca un unicorno.
Ordinammo e ci scambiammo parole dolci. Dolci come i tulipani che ci dividevano, dolci come le zampette pelosette di un gatto.
Appena finimmo il dolce di nutella a forma di medusa, le andai dinanzi, mi inginocchiai e le chiesi di sposarmi.
I suoi occhi diventarono lo specchio dell'universo e giurerei di averci visto dentro persino Saturno.
Le avevo comprato un anello con un diamante al centro di due roselline argentate.
Glielo misi al dito e ci scambiammo un lungo bacio, nel quale accarezzai dolcemente il suo io.
Appena mi staccai vidi sulle sue labbra un'espressione maliziosa. Si avvicinò al mio orecchio e mi chiese ciò che io avevo rimandato per troppo tempo. Cercai di negare ma lei era troppo decisa. Così la portai a casa mia, entrammo in camera da letto e lei mi chiese: "Amore, perché non vuoi che il nostro rapporto non si trasformi in qualcosa di più?" lo disse aprendo casualmente il primo cassetto del mio comò nel quale vi trovò il passato. C'erano manette, fruste e ogni ben di Dio, peccato che io non le volevo farle del male, cercavo di tenerla lontana da questo.
"Amore, non c'è mica niente di male se sei sadico, sai? Non mi dispiace provare nuove esperienze!" me lo disse con un sorriso che mi spiazzó.
"Rosa, potrei finire anche per ucciderti, io non mi controllo più, poi, ti prego lascia stare non ce la posso fare."
"Avanti, Mike, falla finita, non dire sciocchezze." Detto questo si tolse velocemente il vestito e mi guardò maliziosamente.
Aveva della biancheria trasparente e io non ce la feci, ecco tutto.
Le saltai addosso piangendo, non volevo ucciderla ma così fu. Preso dalla mia sadicità esagerata la uccisi, dopo infinite turture.
Scappai, scappai e scappai, fino ad arrivare qui.
Guardai profondamente Mario, il mio psicologo, nonché il gatto dei miei vicini, che era intento a lavarsi minuziosamente una candida zampetta. Candida come la pelle di Rosa.
Osservai infine le rose del mio giardino tinte di un nuovo sangue scarlatto, il sangue di Rosa.Ecco la storia di ciò che ho fatto per la mia felicità alternativa. Una delle tante felicità moderne, rafforzata dall'alcool e dal sangue perso da migliaia di persone ogni giorno.