Concorso di Vvogliolaluna

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Sakura era intenta a pettinarsi i lunghi capelli scuri. I suoi occhi a mandorla riflettevano la densa foschia che adornava il cielo plumbeo. Erano scuri come l'ebano, tanto che non si riusciva a distinguere la pupilla dall'iride.

Era vestita da una morbida tela di seta eburnea, che accentuava le sue zone erogene girandoci intorno in vortici senza fine.

La piccola stanza era rivestita da pregiati legni scuri dai quali spuntavano mensole riempite di oggetti di porcellana con decori argentei. Su un tavolo in un angolo della stanza, una serie di lettere cremisi fungeva da centrino ad un mazzo di rose appassite.

La subdola foschia stava dando spazio alle prime luci offuscate del tramonto. Così la ragazza decise di iniziare il consueto rito del bagno, cominciando a denudarsi.

Mentre prendeva asciugamani consumati ma profumati di mughetto, si sedette per terra in atto di praticare lo zen, unica cosa che riusciva a destarla da quella prigione metodicamente snervante riservata ad una schiava come lei.

Si guardò intorno. Lo spazio per l'igiene personale, il piccolo angolo cottura, la nicchia occupata da un materasso e la porta. Passó in rassegna questi elementi per una decina di volte, ritrovandosi con una leggera ma perpetua emicrania. La sequenza di questa metodicità la spodestarono, costringendola a guardarsi intorno con sempre più foga e voracità.

Iniziò ad ansimare. Non ne poteva davvero più.

Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi su un senso di distensione totale. Ma, senza risultati concreti, si gettò contro la porta, ormai in balia di un vero e proprio attacco di panico e tentò di aprirla, anche se sapeva benissimo che era immune alle sue spallate.

Mentre scivolava sgomenta lungo il muro, tutto sembró fermarsi, non si accorse di cosa, dal momento che dalla finestra gli alberi continuavano a ondeggiare in balia dei monsoni, ma percepì comunque qualcosa di anomalo.

Avvertí una vibrazione quasi impercettibile da una piccola cesta polverosa, sotto il tavolinetto con le rose appassite e le lettere, resa quasi invisibile da un cumulo di scartoffie.

Sakura si bloccò. Era certa di aver visto qualcosa, a meno che la sua immaginazione non le stesse giocando un brutto scherzo.

Si allontanò cautamente, rifugiandosi nell'ombra della vasca da bagno.

Ma pochi minuti dopo la stanchezza ebbe la meglio su di lei e chiuse le palpebre, in balia di un sonno profondo.

Non seppe quanto tempo dopo si svegliò, ma dalle finestre non proveniva alcuna luce, quindi dedusse che fosse buio.

A tentoni raggiunse una lanterna e con un fiammifero che teneva sempre dentro la crocchia, l'accese.

Un tenue alone bluastro si diffuse in tutta la stanza, creando ombre tetre.

Dopo tutte quelle ore finalmente si rilassò e si accasciò sul letto ancora sfatto dal giorno precedente.

Però nel dirigersi verso esso, inciampó in qualcosa in mezzo alla stanza.

La cesta.

La fissò per qualche secondo e si sedette sul letto, cercando di calmarsi. Prima che potesse formulare un'ipotesi sensata, il coperchio vibró, cadendo a terra e da essa si eresse, con una lentezza disarmante, una testa umana. Era un vecchio dalla barba legata in un codino provvisorio.

Sakura era paralizzata. Giró intorno ad essa un paio di volte, incredula. Quel mostro fissava un solo punto indistinto della stanza senza seguire i movimenti della ragazza che gli roteava intorno senza sosta. Quindi, facendo il minor rumore possibile, prese un coltello che aveva nascosto sotto il lavabo e con un gesto rapido tiró la testa per il collo, tentando di tagliargli la gola. Ma questa si girò di scatto, con una rotazione a 360 gradi e si alzò.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 16, 2017 ⏰

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