L'ambiente era davvero spettrale. Sembrava che giocasse con se stesso riflettendosi sulle innumerevoli costruzioni futuristiche rivestite interamente di specchi.
Si susseguivano infinite enormi cupole argentee.
Sibilla si guardò intorno, estasiata; e, ricoperta di niente, si avventurò fra quelle enormi costruzioni.
Non vi erano porte.
L'interno non era visibile, ma tutti gli edifici erano ornati da gigantesche voragini, riempite da migliaia e migliaia di arbusti.
Erano provvisti di vita propria, danzavano, amalgamandosi gli uni con gli altri creando un magico effetto caleidoscopico, che veniva propagato su tutte le pareti circostanti.
L'unica rappresentazione di vita umana era Sibilla che si avventurava curiosamente in quel mondo ribelle.
Vedeva riflesse le sue morbide curve su innumerevoli specchi, circondate dalla rigogliosa chioma di cui era provvista.
Camminava audacemente alla ricerca di qualcuno che le potesse dare delle spiegazioni.Però dopo almeno tre ore che passeggiava in quel luogo ostile si accasciò a terra priva di forze.
Adesso i suoi occhi non brillavano più di curiosità, ma erano stanchi, abbattuti e senza speranza.
I suoi capelli erano tristemente accasciati a terra, privi di vita.
Si alzò dal lucido pavimento e trascinando le sue deboli gambe si appoggiò ad una cupola e si mise a giocare ingenuamente con un filo d'edera che le solleticava dolcemente il braccio.
Le scappò un sorriso divertito e si mise a ridere.
Quella giovane risata si propagò all'infinito ed il filo d'edera, dopo essersi immobilizzato qualche istante, le avvolse rapidamente il braccio e la tirò a sé.
Sibilla, spaventata, cercò di strapparsela di dosso ma molti altri arbusti avevano allungato i rami verso di lei e adesso la stavano trascinando all'interno della cupola.
La ragazza urlò con tutte le sue forze nella vana speranza che qualcuno la sentisse e la venisse a salvare.
Ma niente.
Venne violentemente trascinata all'interno di quel freddo edificio.
Cadde per un tempo che le parve interminabile, a quanto pare le cupole si estendevano diversi metri sotto terra.
Chiuse gli occhi aspettandosi il peggio e cadde.
Fortunatamente il colpo venne attutito da un'abbondante strato d'erba.
Si mise seduta e si guardò intorno.
La vegetazione ricopriva ogni cosa ma non c'era traccia di forma di vita animale. Né un ragno né una formica.
Sibilla osò guardare in alto e vide esattamente ciò che si aspettava.
Non si riusciva minimamente ad intravedere la cima della cupola.
Iniziò a piangere freneticamente, come avrebbe fatto ad uscire di lì adesso?
Con gli occhi pieni di lacrime si guardò intorno e intravide una sagoma immobile di fronte a lei.
Si asciugò con il dorso della mano gli occhi lacrimanti e guardò meglio la figura oscura che l'osservava costantemente.
Con la vista leggermente appannata riconobbe una figura umana, e ritrovando improvvisamente tutte le energie gli si gettò fra le braccia.
Appena si accorse che l'abbraccio non era affatto ricambiato, si staccò incertamente da lui e lo guardò in faccia.
Si, era un'umano, ma un'umano reduce di una guerra.
Un bulbo oculare era vuoto, l'altro era occupato da un'oggetto metallico.
Diverse parti del corpo erano state sostituite da pezzi robotici arrugginiti e i pochi centimetri di pelle nuda erano ustionati.
Sembrava fosse stato colpito dagli effetti di una bomba atomica.
Prima che Sibilla potesse fare qualsiasi cosa, l'uomo misterioso le si avvicinò e la prese per il collo, con un viso impassibile, sbattendola contro il fusto di un'albero.Sibilla si svegliò tutta sudata, come se avesse vissuto davvero tutto ciò che era successo nella sua mente.
Mise dietro l'orecchio un ciocca ribelle e sospirò di sollievo.
Si alzò dal letto sentendo un dolore costante al collo.
Con un brutto presentimento la ragazza si diresse verso uno dei tanti specchi barocchi che caratterizzavano ormai da anni casa sua e si ritrovò delle impronte rosse che le fasciavano il collo pallido.
Spaventata iniziò a respirare freneticamente e all'improvviso si trovò l'umano del suo sogno che le respirava sulla spalla.
La prese nuovamente per il collo e iniziò a strozzarla, ansimando notevolmente sulle ormai sporgenti clavicole della giovane.