Capitolo 8

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Vaati


Inutile dire quanto fossi furioso. Nessuno doveva entrare in quella stanza. Ciò che si trovava al suo interno era mio, e doveva restare nascosto. Ogni cosa, lì, era un segreto. Il fatto che in fondo mi mancasse essere qualcuno come tanti, le mie stupide passioni, del tutto inutili. E soprattutto quella stupida e vecchia profezia.

- Io... io volevo solo...- balbettò la ragazza, con aria impaurita.

- Volevi cosa?- dissi, prendendole un polso. Sentii qualcosa di duro contro il dorso della mano, non appena lo feci.

Zelda aveva qualcosa in mano. Temendo che fosse ciò che pensavo, glielo strappai di mano senza una parola. Sentii il velluto sotto le dita, e la forma di un piccolo cubo. Frustrato, schioccai le dita, facendo riaccendere il candelabro, che la principessa teneva ancora in mano. Non appena le piccole fiamme si furono accese lei spostò il candelabro con un movimento brusco, per paura di bruciare la vestaglia bianca e leggera che portava per dormire. Aprii la scatoletta, per controllare che l'anello ci fosse ancora, e la richiusi, dopo aver osservato per un attimo il brillare del diamante sulla sua sommità.

- Io... per chi era quell'anello?- chiese Zelda, improvvisamente meno impaurita.

- A te cosa importa?

- Era per l'altra Zelda?

Le lanciai un'occhiataccia- Devi sempre tirarla in ballo, non è vero?

Restammo a fissarci per qualche secondo. Lei aspettava che dicessi o facessi qualcosa, ed io, per quanto infuriato, non sapevo che cosa fare, in tutta sincerità. Probabilmente avrei dovuto punirla in qualche modo, ma non me la sentivo di farle del male. Sarebbe stato talmente... strano.

Appoggiai la scatoletta su un tavolino, e fissai Zelda dritta negli occhi, facendo un passo in avanti verso di lei. Lei si premette contro il muro, quasi come se detestasse l'idea di toccarmi, mettendo tra noi due il candelabro.

- Vediamo...- dissi, osservandola con insistenza- Dovrò pur trovare un modo per punirti, no?

La presi ancora per un polso, tirandola verso di me.

"Non ci pensare, è una ragazza come un'altra. Sii come sempre, solo uno strafottente, che non è possibile non detestare"pensai, sperando che non lei notasse il fatto che in realtà il cuore mi batteva a mille. Lei voltò la testa verso l'alto, fissandomi, mentre io provai a rivolgerle il più odioso dei miei sorrisi.

- Ora credo di dover pensare a come punirti... a me non si disubbidisce, bambolina.

Lei provò a divincolarsi, ma io la afferrai saldamente per la schiena.

- Potrei lasciarti chiusa nelle segrete per qualche giorno-continuai- senza altro cibo che pane ed acqua. E non provare nemmeno a pensare di parlare di ciò che hai visto in questa stanza.

Aspettai una sua reazione, sperando di vederla almeno minimamente contrariata. Teneva gli occhi azzurri fissi sui miei, mentre con le mani cercava di tenersi lontana dal mio petto, a cui io la stavo stringendo.

- Che importa se io vengo qua? Hai già mostrato di avere un cuore, non serviva provare a nasconderlo.

Odiavo quando cambiava discorso vertendo su quella stupida storia dei sentimenti, eppure sembrava proprio che fosse una delle cose che sapeva fare meglio.

- Chiudi il becco- risposi bruscamente, premendole una mano sulla bocca e prendendola in braccio.

Lei non si agitò come avevo pensato, ma si limitò a rivolgermi uno sguardo piuttosto arrabbiato.

Le tolsi la mano dalla bocca per poterla tenere più saldamente, con entrambe le braccia, dopodiché uscii rapidamente dalla stanza.

- Odio quando fai finta di avere il cuore di pietra- disse lei, non appena tornò a poter parlare.

- E io odio quando tu credi di potermi capire.

- Eppure il tuo cuore batte. Si sente- rispose lei, convinta.

Dopo averlo detto, si zittì all'improvviso. Nemmeno io parlai. Sapevo a cosa stava pensando.

Doveva avere letto la pagina del libro davanti a cui l'avevo trovata.

Se il mio cuore era tornato a battere quando c'era lei... non dovevo nemmeno pensarci. Eppure da tempo quel pensiero mi martellava senza sosta in testa.

Lei era Zelda, la stessa che avevo conosciuto? Era lei la persona che amavo?

Era tutto troppo confuso, troppo irreale.

- Tu credi...- iniziò a dire lei, ma io non le diedi il tempo di rispondere.

- Io non credo proprio un bel niente.

A partire da quel momento lei rimase zitta, e così anche io.

Arrivai alle prigioni, dove vidi Vio sonnecchiare, mentre Shadow si era addormentato mentre lo sorvegliava. Non mi dava fastidio la cosa, in verità non avevo nemmeno detto al mio servo di controllare l'eroe.

Gli passai rapidamente davanti, raggiungendo un'altra cella. Vi portai davanti Zelda, che aveva un'aria confusa, e non sembrava intenzionata a liberarsi, si limitava a restare sulla soglia, a fissarmi. Mi guardava con una strana insicurezza negli occhi, con la bocca semiaperta, e lo sguardo basso.

-C'è qualcosa che non va?

Perché diamine mi preoccupavo per lei? Era stupido.

- Io... Non è niente, davvero. Solo... È strano.

- Cosa?

- La profezia... È quando mi hai vista che il tuo cuore è tornato a battere?

Lei sollevò lo sguardo su di me, con aria confusa, quasi spaventata. I due grandi occhi azzurri mi fissavano senza odio o rancore. È stato a quel punto che ho ceduto. Lei era lì, davanti a me, era sempre stata lei. Ormai non ero il solo ad essersene reso conto. Così, spinto da non so quale desiderio, ho fatto la cosa più stupida e impulsiva che avrei mai potuto fare, ma forse anche la più liberatoria.

Le ho poggiato delicatamente una mano sulla spalla, avvicinandomi a lei, e dandole un leggero bacio sulle labbra.

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