Prologo

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Londra, 17 agosto 1992

La mattina in cui mio fratello ed io salutammo per la prima volta il mondo, quello non ci accolse con i raggi splendenti del sole come sarebbe stato bello fosse successo se questa fosse stata una favola.

Pioveva, pioveva così tanto che il Tamigi aveva rischiato di straripare e inondare le zone vicine, mentre i dottori temevano che alcune attrezzature dell'ospedale avrebbero potuto saltare definitivamente a causa della mancanza di corrente che tornava ad intermittenza.

Come se ciò non bastasse, le complicazioni durante il parto costrinsero lo staff in sala ad effettuare un cesario d'urgenza tra le grida nervose di mio padre e i pianti di mia madre che, in quella situazione, non riusciva a riflettere e temeva più per la vita dei gemelli che portava in grembo che per la propria.

Quando la luce tornò, un'ostetrica raggiunse lo spaventato Cho Jitae in corridoio e gli posò una rassicurante mano sulla spalla.

«Stanno bene,» disse «tutti e tre.»

A quel punto mio padre si lasciò cadere in ginocchio, pianse e ringraziò il Signore come non aveva mai fatto prima.

Seoul, 17 agosto 1992

Quello stesso giorno, a chilometri di distanza e otto ore in avanti, una coppia di novelli sposi vedeva confermati i propri timori: il figlio che così tanto avevano sperato di concepire, sarebbe nato cieco.

Le probabilità erano del 97%.

A causa di un curioso caso d'ereditarieta e matrimonio di alleli recessivi, il piccolo non avrebbe goduto del dono della vista.

I genitori accettarno la notizia con stoico contegno, ma entrambi erano perfettamente consapevoli delle difficoltà che avrebbero accompagnato il bimbo durante l'intero corso della vita.

Quattro mesi e otto giorni dopo, il giorno di Natale, il piccolo Seo Dongsun fu accolto dal calore di una grande e affettuosa famiglia.

Le pupulle dei suoi bellissimi occhi erano completamente bianche.

Bene penserete, ecco un'altra che parlerà di come la sua vita incasinata sia diventata improvvisamente un sogno eccetera eccetera... ma no, non è questa la mia intenzione.

La mia vita non è poi così diversa da quella di chiunque altro, eppure per questa ragione è anche unica, proprio come la vostra. Potremmo passare intere ore a discutere di fronte a un buon caffè, chiaccherando dei nostri migliori e peggiori anni al liceo, del nostro primo amore, dei nostri sogni e di quelli già infranti, e sono certa che vi trarremmo molto più piacere rispetto a ciò che vi narrerò in seguito, se avrete intenzione di procedere.

Se ho avuto la fortuna - o la disgrazia - di vivere ciò che ho deciso di raccontare, lo devo solo a mio fratello, Cho Hyunsu, e al giorno in cui, durante il nostro primo ingresso al terzo anno di scuola materna, decise di sedersi a pranzo insieme al nuovo studente trapiantato da Seoul; un bambino forse già troppo alto, perennemente vestito di nero, con grandi lenti dello stesso colore a proteggere occhi che non ebbi occasione di vedere per oltre dieci anni.

BlindnessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora