Capitolo 6

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Credo che il momento più imbarazzante nella vita di Ben lo colpì proprio mentre sostava in piedi, sulla soglia della porta del mio appartamento. Nonostante i venti centimetri abbondanti che distanziavano la sua colossale figura da quella decisamente più contenuta di Hyunsu, l'affascinante Benjamin Collins non sembrava più grande di un bambino che aveva appena visto realizzarsi il suo peggiore incubo.

In difesa del mio piccolo e piuttosto gracile gemello, devo ammettere che per quanto fisicamente possa sembrare innocuo, Hyunsu ha sempre posseduto un'espressività pungente ed effettiva: un suo sguardo era ed è sufficiente per far tremare persino il più solido degli avversari, ed era proprio quello lo sguardo che stava rivolgendo a colui che una volta gli era stato amico.

«L'ho invitato io,» mi sentii in dovere di specificare a quel punto «ci siamo incontrati facendo la spesa.»

«Galeotto fu lo scaffale dei dolci?»

Benjamin deglutì più rumorosamente di quanto credesse, così io risi e lanciai uno schiaffo amichevole sulla spalla di Hyunsu.

«Dai, il passato è passato. Godiamoci la cena piuttosto.»

Chiaramente ancora poco convinto, Hyunsu passò la successiva manciata di secondi a scrutare da cima a fondo il nuovo arrivato, il quale cercò in ogni modo di nascondere la sua figura come se si sentisse spogliato. Poi il volto di mio fratello si addolcì ed egli agitò noncurante una mano facendo così rilassare sa me che il mio ospite.

«D'accordo, d'accordo. Basta che non si mangi tutto il mio cibo.»

Mi ritrovai a tirare un lungo sospiro di sollievo, sormontato solo da quello che Benjamin stava esalando a sua volta.

«Togliete le scarpe, infangate tutto il pavimento. Chi la sente Tessa poi!»

Ci affrettammo ad eseguire l'ordine di mio fratello seguendolo poi in cucina. Theresa era intenta a cucinare volteggiando da un lato all'altro della stanza con i folti capelli raccolti in una crocchia sfuggente e un grembiule a scacchi rosa che seguiva incerto i suoi movimenti. A giudicare dal profumo che si era impossessato del mio olfatto, immaginai che stesse cucinando qualcosa di particolarmente speziato che prevedeva l'utilizzo di molte più verdure di quante io avessi tagliato in un'intera settimana.

«Che cosa stai preparando?» domandai incuriosita, sollevando il coperchio di quella che sembrava essere una semplice pentola di riso.

«Non lo so,» e, come rimprovero, mi schiantò il cucchiaio di legno sulla mano costringendomi ad uccidere la mia curiosità«sto sperimentando.»

In quel momento si accorse di Ben e, dopo un attimo di riflessione, guardò me e successivamente di nuovo lui.

«Non ci conosciamo, giusto?»

«Non credo. Benjamin Collins, ma chiamami solo Ben.»

«Ah, ho sentito parlare di te! Sei il nipote di Richard. Theresa Palmer.» si presentò a sua volta, stringendogli calorosamente la mano.


Cenammo parlando del più e del meno, degli anni passati senza mai incontrarci, e osammo persino augurarci che quelli a venire seguissero il corso dei nostri desideri; del resto, quando la gioventù è ancora dalla propria parte, è facile vivere nell'illusione del domani dimenticandosi dell'oggi.


Quando qualcuno bussò alla nostra porta era ormai quasi trascorsa la mezzanotte.

«Stavate aspettando qualcuno?» ci interrogò Benjamin; era chiaro che, se avessimo avuto altri ospiti, si sarebbe sentito in dovere di andarsene.

«No, tecnicamente nessuno.» rispose Hyunsu, probabilmente con il tono più gentile che avesse mai usato da quando Dongsun era partito «Comunque vado a dare un'occhiata.» e, così dicendo, si diresse all'ingresso.

Theresa, Ben ed io ci scambiammo una serie di sguardi incuriositi che ci spinsero ad ammassarci sulla soglia del salotto e sporgere le teste verso l'attuale capobranco, il quale stava facendo pressione sulla maniglia e, poco dopo, lasciò che la luce artificiale del corridoio si mischiasse a quella del nostro soggiorno.

Non vidi mai l'espressione che colorò il viso di mio fratello quando lui comparve così inaspettatamente - e, soprattutto, in anticipo di due settimane - ma difficilmente dimenticherò il modo in cui Dongsun gli sorrise, con una spalla appoggiata allo stipite della porta e l'indice della mano destra intento a sollevare gli occhiali scuri in modo da nascondere perfettamente il colore dei suoi occhi - il segreto più grande che credevo ci nascondesse.

Sebbene Hyunsu non avesse proferito nemmeno una parola, l'altro ragazzo sapeva perfettamente che ad aprire era stato lui; non aveva bisogno di vederlo per rendersene conto, riconosceva il suo profumo e riconosceva il ritmo del suo respiro, così come, negli anni, aveva imparato a distinguere il mio.

«Sorpresa!» canticchiò allargando le braccia «Non te lo aspettavi, vero Hyun

Mio fratello non disse nulla.

Si limitò solo a stringere le sue sottili braccia intorno a quelle dell'amico e lasciare che lui lo cingesse a sua volta.

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