Francesca guarda lo schermo del computer. La conversazione è aperta, ma l'utente dall'altra parte non risponde. Anzi disconnette poco dopo senza neppure salutare. Il bollino di solito verde diventa
improvvisamente blu.
"Chissà perché Riccardo non mi ha risposto..." si dice senza saper che pensare. "E come fa a conoscere il mio nuovo indirizzo?" si domanda. Un anno e poco più,questo il tempo passato dal loro ultimo incontro.
Si ricorda perfettamente quella bellissima serata tutti insieme. Avevano giocato a carta, forbice, sasso come ogni volta per decidere chi sarebbe dovuto andare a prendere le pizze giù dal ristorante cinese Xian, detto anche da Carlo.
L'appuntamento era per le sei sotto casa sua. Guarda l'orologio e capisce di dover correre per non arrivare in ritardo al pranzo con i suoi genitori. Riusciva già a immaginare la piccola piega che si sarebbe formata al lato delle labbra di sua madre. Una piccola piega che racchiudeva tutto suo fallimento come figlia.
Il suo primo sbaglio era stato quello di scegliere le scarpe da ginnastica invece di quelle con la farfalla rosa con i brillantini sui laccetti. Quello il suo primo e fatale errore.
Sua madre era primario all'ospedale Maria Vittoria e docente di svariati corsi e master proposti da Università pubbliche e private. Era un medico prima d'essere qualsiasi altra cosa, figurarsi madre.
Suo padre era un "semplice" docente ordinario di filosofia. Ed era lo stereotipo del filosofo. Completamente assente a qualsiasi stimolo o richiesta di interazione umana e sociale. Ergo lei era cresciuta sola. Più o meno. In realtà era stata se stessa con la figlia della loro donna delle pulizie, Danika. La figlia di Danika era diventata da subito la sua migliore amica. Era il suo esatto contrario, i capelli di Danika erano ricci e rossi e aveva mille lentiggini sopra il piccolo nasino. Ma di carattere era una peste nel senso più terrificante del termine. Edera stata lei a darle il suo primo bacio.
Ricorda il battito del cuore senza sosta,per tutto il pomeriggio e fino alla sera. Sembrava scomparso, con la scomparsa della figlia di Danika. Per poi trasformarsi in un nodo allo stomaco con la sua compagna di banco, Bianca. E così via, a percorrere la sua vita escludendosi dal circuito dell'amore.
La sua guerra interiore era arrivata all'apice con il diploma e la decisione del percorso di laurea. Era stata occupata a combattere contro sua madre per la sua scelta d'iscriversi a scienze politiche.
Quando l'aveva confessato, a cena, tre anni prima, sua madre s'era alzata dalla sedia senza pronunciare una parola e aveva abbandonato la sala, lasciandola in uno stato frastornato e infelice.
Frankie, nonostante la freddezza di sua madre, che più volte l'aveva portata a domandarsi perché l'avesse al mondo, era comunque riuscita a finire l'università con ottimi risultati laureandosi con la lode e s'era data un anno di tempo per decidere che cosa avrebbe potuto fare; se continuare gli studi o dedicarsi alla sua passione più nascosta: la fotografia.
Il pranzo a cui stava andando era stato organizzato molto prima. Sua madre in cambio di un minimo supporto economico pretendeva d'aver un resoconto mensile sulla sua vita,sulle sue decisioni e pure sui suoi respiri. Voleva controllare tutto, e lei rientrava in quel tutto, non c'era scampo.
S'erano dati appuntamento in galleria, al caffè Reale, il preferito della sua famiglia da generazioni. Frankie percorse zigzagando via Garibaldi, cavalcando la sua graziella rossa di seconda mano. Aveva indossato il vestito "bello" regalato le per il compleanno: era semplice e blu intenso, con la gonna tagliata asimmetricamente. Un ginocchio scoperto e uno no, un vedo non vedo da pensionata. E sopra portava il cappotto pesante, anche quello un regalo costoso della madre. Ai piedi delle converse nere con qualche buco d'usura. Un tocco di vissuto non guastava mai. Portava gli occhiali da sole per tener fuori sguardi indiscreti e la luce accecante del sole invernale. Sfrecciò per piazza Castello gremita di gente, quasi investì un indiano che lanciava in aria uno strano giocattolo luminoso e infine frenò in via Roma. Dopo aver legato a dovere la bici si sistemò il vestito già stropicciato e il cappotto e infilandosi in via Principe Amedeo si diresse verso la Galleria.Qualche scalino ed eccola nel mondo dorato dei cappotti in pelliccia di visone, orecchini di perle e diamanti nei bracciali. Nel paradiso delle milf alla ricerca di un amante o di un buon partito da fottere.Odiava mettersi in mostra in quella vetrina sociale, odiava dover fingere d'essere come la donna che l'aveva generata. Sorridere al figlio ingegnere o architetto o medico dell'amica della madre.Odiava far finta d'esser la sua figlia adorata in età giusta per sistemarsi.
Avrebbe preferito essere con Irene, la sua Irene, anche e solo nella stessa stanza. Senza bisogno di parlarsi loro stavano bene, non doveva sorridere per forza e neppure mostrare quanto era superiore. Le bastava guardarla per capire che il mondo era un posto troppo grande per non essere in due. E lei aveva scelto Irene per girarlo, conquistarlo e temerlo.
Irene le ricordava una vecchia amica, una di quelle che aveva lasciato traslocando nella nuova casa.
Quando le sorrideva in quel modo dolce aveva un non soché di Petra. Uno dei suoi pilastri durante quegli anni di insopportabile silenzio. Durante le sessioni esami e in tutte le occasioni in cui aveva pensato di fare coming out per poi ritirarsi come un mostro nella sua stanza e versare tutte le lacrime e distruggere tutto quello che le capitava sotto mano.
Petra le diceva sempre di non nascondersi.E le raccontava la storia di Frankenstein. E finivano a ridere senzasosta all'idea di lei con dei bulloni nel collo e nel cervello, percolpa o per merito della marijuana.
In quell'istante Frankie capì che l'appuntamento che aveva con Riccardo aveva sicuramente a che fare con Petra. Infondo entrambi sapevano che nonostante gli anni di conquilinaggio era stata Petra ad essere il centro gravitazionale intorno cui si diramavano i loro legami.
Le tornò alla mente di nuovo al gioco che spesso facevano per prendere decisioni.
Vedeva davanti a sé, come proiettate dai suoi occhi sulla vetrina dell'orrendo ristorante, le mani di tre ragazzi di pigmentazioni differenti a pugno chiuso in attesa di decidere quale attacco sferrare.
Carta? Forbice? O sasso?
La porta del ristorante si apre e la riporta al mondo reale. Un giovane sbarbatello con l'orecchino di diamanti all'orecchio destro e con indosso l'uniforme da pinguino le fa' cenno di accomodarsi e con un movimento fluido del braccio le indica il percorso verso il tavolo dei genitori. Al mattatoio!Sembra dirle con il sorriso falso e cortese attribuito ai piemontesi.
Lo chignon della madre austero e senza un capello fuori posto spicca tra le altre teste e lei si rassegna a raggiungerlo con la segreta speranza di trasferirsi il più lontano possibile da quella città e da lei, senza far più ritorno.
Nelle orecchie Petra che le dice: «Non sei un mostro, cazzo! Sei solo te stessa.
Non. devi, aver. paura. di. nessuno. Nessuno.»
Due occhi azzurri la fissano da lontano fendendo l'aria immobile e stantia della sala. E sono puntati esattamente sul dettaglio meno evidente: i buchi nelle sue scarpe.
Le scarpe preferite di Frankie.
STAI LEGGENDO
CARTA, FORBICE, SASSO
Ficção GeralLa storia della morte, dopo la morte, come non la conosciamo. Cosa succede quando qualcuno di caro ci lascia improvvisamente? Torino è lo sfondo ideale per un romanzo breve che parla delle vite che passano, delle vite che cambiano, di un gruppo d'am...