2.Il pericolo è dove non ce n'è

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Quando si fu rivestita,Evie scese in salotto.Aveva voglia di mangiare qualcosa,magari una cioccolata calda con la panna.
Dopo la chiacchierata con i suoi genitori aveva ritrovato l'allegria,quell'allegria innocente che le mancava da tempo.
Si sentiva serena e notò che erano anni che non scendeva più le scale trotterellando.
Scendeva uno,due gradini alla volta senza perdere l'equilibrio grazie ai duri allenamenti da Shadowhunters.
Arrivata alla fine delle scale stava per irrompere in quella che era la loro sala da pranzo,ma fu bloccata da una voce familiare.Era Alec,il fratello di suo padre.
Quel giorno che era iniziato male si stava,invece,rivelando radioso,ma ancora per poco perché le notizie dello zio non erano certo delle più confortanti.
L'ultima visita di Alexander risaliva a Natale,quando si era presentato con il suo marito,Magnus Bane,un ragazzo dalla pelle color blu marino,Max e un'altro che era invece uno Shadowhunters, Rafael .Uno era uno stregone sui 20 anni l'altro invece un Nephilim di 22.Anche Magnus era un Nascosto,il Sommo stregone di Brooklyn per esattezza ed era sempre stato affianco della famiglia Herondale e di quella dei Lightwood.
Quel giorno c'era solo Alec e una sensazione strana iniziò a invadere la ragazza. Avvicinò l'orecchio alla porta.Avrebbe potuto disegnarsi una runa,ma l'istinto era stato più veloce del cervello.
-Alec,non capisci,è mio e tuo dovere rimanere e affrontare la minaccia e se non dovesse bastare il coraggio e la forza allora rimarremo per morire-riconobbe la voce di suo padre.Morire?Rimanere? Quale minaccia?Evie sentì il buon umore scivolarle via come gocce d'acqua spinte dalla gravità.
-Jace,le difese non ce la faranno.Sono state manomesse e indebolite.Sia i Fratelli Silenti che le Sorelle di Ferro stanno cercando di ripristinare la cosa,ma non si sa se il tempo basterà. Magnus,Max e Rafe sono già a New York,sono venuto a prendervi.-disse Alec facendo notare la nota si preoccupazione nella voce.
-Clary,che ne pensi?-Jace aveva avuto da sempre una fiducia immensa verso la donna e non evitava mai di chiederle un'opinione.Erano come una cosa sola che si completava con due più piccole.
-Io...non sono sicura,ma credo che tornare in America sia una cosa giusta,almeno per un po'- rispose la donna tranquillamente.
-Se vuoi puoi andare,io rimango qui.-disse allora risoluto lui.
-Ma Jace cosa dirò a Evie?Scordatelo che andrò da lei dicendo che è tutto apposto.Smettila di fare l'eroe una buona volta,quella vita l'abbiamo abbandonata da un bel po' e credo che lo facemmo proprio per la persona che ora vorresti lasciar andar via.Pensaci.-ribattè la donna.
-Non vorrei mettervi fretta,ma se il Conclave ha diramato uno stato di allerta tale,allora la minaccia è più vicina di quanto pensiate.-si intromise Alec,con la sua solita calma olimpionica.
Evie a quel punto attraversò la porta,non potendo più ascoltare senza ribattere, presentandosi ai presenti con un sorriso furbetto.
Si schiarì la voce in modo da attirare l'attenzione.
-Allora.Quali problemi esistenziali assalgono il buon,caro Console?-chiese scherzando.
-Evie,da quanto tempo!-urlò Alec appena la vide.
-Zio,dal Natale scorso,non da una vita.-rispose ridendo la ragazza,ormai tra le braccia dell'uomo.
-Comunque ho ascoltato la maggior parte di quello che stavate confabulando e,se non vi dispiace, vorrei "confabulare" anche io insieme a voi.-Continuò marcando il "confabulare".
Evie sentì la madre emettere un sospiro prima di iniziare a parlare.
-Dobbiamo andare via.Sono molte le cose da spiegare,cose che ti avremmo spiegato a tempo debito quando anche noi le avremmo conosciute appieno. Purtroppo il destino è arrivato a prenderci anche qui e dobbiamo andare via prima che sia troppo tardi.-disse atona la donna.
-Quanto tempo abbiamo?-chiese allora Jace che fissava un punto imprecisato del pavimento,combattuto dai sentimenti e princìpi.
-Una mezz'oretta al massimo-rispose il fratello,guardando l'orologio.
-Io non me ne vado.Questa è la mia città e non voglio che venga distrutta.
-Evie,neanche noi,ma è difficile,tutta la situazione è complicata,e tu non puoi rimanere qui.La guerra non è mai finita,questi anni hanno solo significato una resa da entrambe le parti.Ora ho paura che tutto ciò possa riguardare di nuovo la nostra famiglia.-La donna smise di parlare con una voce che non tradiva alcuna paura,ma che invece nascondeva solo quella che aveva nel cuore.Paura di perdere qualcosa di caro.
-Il Portale di Magnus si sta chiudendo.-disse all'improvviso un Alec molto agitato con il telefono in mano.
Digitò un numero e inviò la chiamata.
-Max,passami Magnus-disse rivolgendosi a qualcuno all'altro capo del telefono.
-Magnus che succede?Perché il Portale si è chiuso?-si zittì un attimo, probabilmente perché stava ascoltando la risposta.-Si,io e Jace siamo ancora qui,e ci sono anche Clary ed Evie.-un'altra pausa-Come non puoi?Daccordo,tornerò. -Riattaccò.Si rivolse ai tre.
-Magnus ha perso il contatto.Il Portale è chiuso e non riesce ad aprirne un altro perché gli ha tolto molte energie l'ultimo.-disse serio.
-Alec,quanto tempo avevi detto che ci rimaneva?-chiese agitato Jace.
-Tra mezz'ora sarebbe dovuto scadere il tempo per la fuga...perché?
-Credo sia appena scaduto.
Jace guardò fuori dalla finestra seguito dagli altri.
Sembrava tranquillo,ma qualcosa non andava.
Era come i vecchi film dell'orrore:prima la calma e poi la tempesta.
Delle fiamme nere percorsero il perimetro della finestra,mandandola in frantumi.
La potenza dello scoppio gettò Evie a terra.
Le fiamme divamparono in casa,sopra di loro,formando un'atmosfera irrespirabile.Sembrava che con le pareti stesse bruciando anche il pavimento.
Evie continuava a tenere gli occhi chiusi e le mani sulla testa,sembrava di stare all'Inferno.
Gli scoppi continuarono,altre fiamme invasero la stanza.Ci volle un po' perché la ragazza si accorgesse che le fiamme avevano smesso di entrare.Il cuore sembrava uscirle dal petto mentre le orecchie le fischiavano e la testa le faceva girare tutto.Riuscì ad aprire gli occhi solo dopo che si fu assicurata di non svenire,ma quello che le si parò davanti fu peggio che perdere conoscenza.
Si alzò, barcollando come se avesse appena imparato a camminare.Intorno a lei c'era un turbinio di voci indistinte,che si sovrapponevano e si confondevano.
Si avvicinò alla madre che seduta a terra piangeva.Evie le toccò i capelli rovinati dalla polvere e dalle fiamme.
Piangeva,lei che aveva sempre supportato tutti,lei che aveva conosciuto da vicino il dolore tanto da esserne diventata amica,lei,la sua mamma che si stava avvicinando al marito steso supino a terra con un rivolo di sangue che colava dal labbro inferiore.
Una sensazione di impotenza pervase la ragazza che rimase impietrita.Il suo primo pensiero fu che fosse morto.Proprio lui le aveva insegnato a riconoscere le conseguenze delle varie ferite,così come quella di trovare del sangue in gola a chi aveva un polmone perforato.
Aveva sempre creduto che sarebbe morto in battaglia e non con un pezzo di vetro nel petto,per quanto avesse potuto sperare nella sua morte.
Di colpo,però un lieve fremito attraversò le sue labbra che si piegarono in un sorriso.
-Perché mi state piangendo addosso?!-disse tossendo l'uomo.
Evie non poté che sorridere davanti a quella scenetta.Si era fatta tanti film mentali che in quel momento si era sentita stupida.
Si voltò verso suo zio,che era corso in cucina per recuperare qualcosa da mangiare.Forse voleva provare a scappare,nel momento in cui era impossibile farlo.Li chiamò tutti e insieme si affacciarono alla porta di quella casa che li aveva accolti per tanto tempo.
-L'Inferno si è spostato in superficie-sussurrò Jace guardando il caos che regnava per le strade.Era uno spettacolo orrendo guardare intere famiglie in trappola come topi essere uccise.
Alcuni degli Shadowhunters rimasti avevano imbracciato le armi,ma in ogni modo c'erano più Cacciatori inseguiti da demoni che il contrario.
Uno di quegli esseri puntò nella loro direzione.Evie lo aveva notato e il suo addestramento le permise di essere pronta già allo scontro.Portò una mano alla cintura delle armi che non portava.
-Fantastico.-borbottò.
Con la coda dell'occhio vide anche gli altri tre portare una mano alle cinture immaginarie.
Il demone non distava che qualche metro.Evie si slanciò in avanti e colpì il mostro allo stomaco con un calcio.Quello grugnì e tornò all'attacco,fiondandosele addosso.La ragazza lo evitò con un balzo.
-Daccordo brutto mostro.Ti credi forte?Eh?Ti credi capace di prendermi?-urlò Evie,provocandolo in modo da allontanarlo dai genitori.
Si guardò intorno e notò un ramo facilmente raggiungibile di un albero vicino.Iniziò ad arrampicarsi e quando fu in groppa al legno aspettò che il demone si avvicinasse a lei.
Senza armi era difficile uccidere uno di quegli esseri,così aveva deciso di agire d'astuzia.
Quando il mostro le fu sotto,gli si gettò sulla testa e cercò di rompergli un collo che forse non esisteva e anche se ci fosse stato ,probabilmente non sarebbe servito romperglielo per ucciderlo del tutto.Serviva una lama angelica,ma non era così disperata da crearne una.Odiava farlo.Il mostro la strattonò in avanti facendola ricadere davanti ai suoi occhi.
-Daccordo.Sono così disperata.-disse infine.
Una spada crebbe nella sua mano fino a superare la sua testa.Con uno scatto fulmineo la piantò nella testa del demone che scomparve non appena la toccò.
Evie atterrò in piedi ricoperta dal sangue nero degli Inferi.Non portava la tenuta e i vestiti a contatto con la sostanza stavano iniziando già a sfrigolare come anche la sua pelle che si stava riempiendo di vesciche.
Si guardò intorno in cerca di qualche viso familiare e li vide,vide sua madre e suo padre e Alec.
La spada che aveva usato era stata consumata dal sangue demoniaco, così come quello stava consumando i suoi vestiti.Poteva riportare gravi ustioni,ma non le importava,voleva solo che tutto avesse fine.Il buio l'avvolse e finì tutto davvero.

Destiny:virtus angeliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora