Capitolo 2

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La luce del sole filtrava debole dalla finestra: era una bella giornata.
I miei genitori dormivano ancora così decisi di andare a fare una doccia.
Oggi la mia vita sarebbe cambiata una volta per tutte e spero molto che, questi anni, siano migliori di quelli trascorsi in Italia. Sinceramente in Italia tornarei solo per stare con i miei parenti o per qualche vacanza, ma è escluso che riveda i vecchi "amici" se così si possono chiamare.
Dopo la doccia, mi asciugai i capelli e, asciugati, sembravano un pagliaio dato che erano abbastanza lunghi, castani e mosso-ricci come quelli di mia madre. Nonostante questo, mi piacevano.
Indossai un semplice paio di leggins neri, le mie converse bianche e un top dello stesso colore delle scarpe e, dato che il trucco pesante non mi piaceva, mi misi solo un po'di mancara.
Uscita dal bagno i miei genitori erano già pronti e con le valige in mano.
-Ciao, sei nervosa?
-Un pochino...
Sì, ero nervosa. Non volevo che gli altri studenti mi disprezzassero come è successo in Italia. Ok, basta. Devo dimenticare tutto.
-Non essere nervosa. Vedrai, andrà tutto bene. Comunque ricordati che, quando vuoi, puoi telefonarci. Intanto, se ti serve qualcosa, io e tua madre siamo qui. Rimarremo una settimana a Los Angeles e poi ripartiremo.
Prendemmo un taxi, erano solo le otto del mattino ma la città si stava già popolando.
Arrivammo in un piccolo parcheggio che era collegato all'accademia tramite un lungo ponte di mattoni, da qui il nome Brickbridge Accademy. L'emozione che provavo in quel momento era molto grande.
Mio padre mi aiutò a scaricare le valige e a trasportarle oltre il ponte fino al cancello principale. L'accademia era assolutamente bellissima!
Un cartello a forma di freccia indicava la direzione da prendere per l'ufficio che ci avrebbe assegnato la chiave della camera. Una signora di mezz'età vestita di tutto punto ci chiamò:
-Signorina Vegas?
-Sì signora.
-Buongiorno e benvenuta alla Brickbridge. Ecco la sua chiave e la piantina del campus. Il suo appartamento è questo qui cerchiato di rosso.
-Grazie. Arrivederci.
I miei genitori mi accompagnarono fino all'edificio. Entrammo: sui due lati c'erano due camere mentre, davanti a noi, le scale e la porta dei bagni in comune.
Saliammo le scale e proseguimmo verso un corridoio sulla destra finché trovammo la camera. Entrammo.
Le pareti erano colore crema, sulla mia sinistra c'era un mobiletto affiancato ad una scrivania bianca e, sulla destra, il letto fornito di lenzuola e trapunte e una pianta.
-È carinissima questa camera!
-Già...
-Tesoro, dietro la piantina c'è scritto che i bagni, le docce e le lavatrici sono in comune... le lezioni iniziano alle otto e mezza fino alle due meno cinque dal lunedì al venerdì a partire da domani. Mentre, il sabato e la domenica, si è liberi di uscire dal campus... figo!
-Già...
-Bene... io e papà andremo... ci vediamo tesoro.
-Ciao mamma, ciao papà... mi mancherete...
Ci abbracciammo e se ne andarono.
Mi sedetti sul letto quando qualcuno bussò alla porta ed io andai ad aprire: era una ragazza dai capelli rossi, lunghi e ricci con dei bellissimi occhi azzurri. Una bella ragazza.
-Ciao! Sei nuova!
-Sì... sono appena arrivata.
-Anche io. Da oggi vivo nella camera accanto alla tua. Piacere sono Scarlett!
-Sono Amelia, piacere mio!
Ci stringemmo la mano. Poi continuò:
-In che sezione sei?
-Nella A.
-Anche io! Fantastico! Saremo compagne di classe! Senti ti va se domani, prima delle lezioni, andiamo a fare colazione insieme?
-Certo!
-Perfetto! Allora a domani!
-Va bene, ci vediamo
-Ciao!
Simpatica la ragazza.

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