Un uomo qualunque. Uno di quelli fabbricati in serie - forse il prodotto di un nastro trasportatore o di uno stampo industriale. Così James Millar si sarebbe descritto se avesse potuto farlo senza risultare imbarazzante per i propri interlocutori. Ma James Millar era fin troppo discreto per creare noia o disturbo al prossimo e quindi si trascinava nella sua vuota esistenza senza lasciare traccia nelle vite altrui. Professore di quelli dai modi gentili al punto che nessuno dei suoi alunni ricordava una volta che avesse alzato la voce. "Non troppo severo e non troppo buono" avrebbero detto quasi tutti ricordandolo una volta cresciuti.
Alla soglia dei cinquanta, con qualche capello bianco e l'addome, che mai era stato atletico, ora più rilassato, viveva la sua vita come fosse scandita da un invisibile orologio. Ogni mattina, svegliatosi, faceva colazione, lasciava un bacio sulla fronte della moglie e si dirigeva verso la scuola. Tornato a casa, spendeva la gran parte del suo tempo libero seduto in poltrona, guardando documentari e lamentandosi per quanto la sua seduta negli anni fosse diventata più rigida. Alla sua età un poggiatesta non avrebbe guastato. Appassionato di archeologia e annoiato dai documentari sugli animali, eccezion fatta per quello speciale sul macaco di cui avrebbe riguardato ogni replica, se ne sarebbe stato lì finché non fosse stata ora di addormentarsi, rigorosamente presto, per ricominciare un nuovo giorno ancor più regolare del precedente.Tutto questo si era ripetuto, beatamente ciclico, fino al giorno in cui, svegliatosi, trovò Mildred, sua moglie, che ripuliva il filtro della cappa in cucina. In un moto di empatia, si sentì in dovere di aiutarla, per poi ritrovarsi le mani completamente coperte di quella sostanza grigia e appiccicosa, misto tra grasso e polvere, che si forma dentro quegli aggeggi e alla quale il suo stomaco non sembrava in grado di resistere. In bagno, cercò di strofinare via l'unto dalle mani con il risultato di spargerlo ancora di più su palmi e dorsi. Provò con il sapone per le mani, sporcando sia il flacone che il lavandino. Disperato versò ancora più sapone scaldando l'acqua fino al punto di scottarsi. L'orribile sostanza non fece altro che risalirgli dai polsi sugli avambracci appiccandogli i peli alla pelle in ciocche dense e incrostate.
"Cosa fai qui dentro da mezz'ora?" gli chiese Mildred entrando e trovandolo ricoperto di sapone fino ai gomiti, "Tutta questa scena per un po' di grasso". Questa gli prese un braccio osservando come fosse perfettamente pulito e intimandogli di muoversi altrimenti avrebbe fatto tardi. L'uomo inorridì nel vedere la sostanza ricoprire i palmi della moglie. Possibile non la vedesse? O era lui che perdeva colpì?
"Idiota! Ti sembra il caso di farti venire le traveggole?" pensò l'uomo.
Decise di non dirle nulla. Non si meritava un pazzo come marito.
Rassegnato, si asciugò le braccia sporcando irrimediabilmente uno degli asciugamani e mise il libro di matematica in borsa. Abbassarsi le maniche della camicia senza vomitare fu un'impresa monumentale e uscire ponderando di poter essere diventato pazzo gli provocò il tonfo allo stomaco che avrebbe un uomo che sta per lanciarsi da una rupe tra le fauci di un pescecane.
Nessuno dei colleghi sembrò notare il sudiciume che gli ricopriva le mani. Decise che la miglior soluzione fosse ignorare la cosa, per quanto il fatto di avere le traveggole non lo rendesse propriamente felice e che questa specifica condizione lo privasse dell''unico suo sollievo in casi simili: mordicchiarsi le nocche.
"Follia temporanea." sentenziò fra sé e sé, "Probabilmente tutti ne hanno una prima o poi. Uno mica le racconta in giro queste cose".
Distrarsi da questa situazione non gli risultava per niente facile soprattutto perché sembrava sporcare ogni cosa toccasse. Neanche il solito discorso del professor Davis e le sue fantasie sullo scoparsi la signorina Sanders impedivano alla coda dei sui occhi di guardarsi le mani. Decise di abbandonare il pranzo con i colleghi prima che notassero qualche stranezza nel suo comportamento.
Solo una piccola costellazione di ragazzi dell'ultimo anno abitava i corridoi durante la pausa pranzo. Due di loro, seduti in terra come barboni di una tendopoli, si divertivano in maniera eccessiva. Fu in quel momento che lo sentì per la prima volta. Un rumore metallico, come se qualcuno avesse sbattuto lo sportello di un armadietto. Nessuno dei ragazzi sembrò notare nulla. Il suono arrivò di nuovo. Stavolta capì da quale armadietto arrivasse - sembrava quasi che qualcosa all'interno stesse cercando di uscire. Di nuovo, i ragazzi non sembrarono notare.
Avvicinatosi all'armadietto poté leggere il nome del suo proprietario: Liam Harris.
Una fitta lo prese allo stomaco, come se una mano gli stesse rivoltando gli intestini. Corse in bagno tra lo stupore dei ragazzi ignari del frastuono incessante proveniente dall'armadietto.Perché adesso dopo tutti quei mesi?
Liam. L'unica volta, sebbene fosse stato spesso tentato, in cui aveva ceduto. Ma quel ragazzino era troppo sconvolto. Gli occhi sgranati, lo sguardo vuoto - l'avrebbe detto ai suoi genitori. Cos'altro avrebbe potuto fare? Cosa avrebbe pensato la povera Mildred?
Quell'orribile frastuono continuava ad arrivare dal corridoio. Si chiuse il volto tra i palmi per piangere. Il bagno sudicio coperto di graffiti, il fetore di piscio nella stanza e il suo riflesso allo specchio con il volto coperto da quel liquido grigio gli fecero venire un conato.
Si rinchiuse in uno dei cubicoli sedendosi su un water e cercando di tapparsi le orecchie per non ascoltare quei tonfi mentre le tempie gli pulsavano allo stesso incessante ritmo del cuore.Uscì dal suo improvvisato rifugio dopo molte ore durante le quali quel suono non lo aveva mai abbandonato. Lo seguì, privo di volontà, attraverso il corridoio buio - le lezioni ormai finite da un pezzo. Quando si ritrovò davanti all'armadietto tirò un sospiro, ormai deciso ad affrontare la propria condanna. Lo aprì. All'interno solo un biglietto con la propria scrittura. Una confessione.
James Millar era un uomo qualunque, ma aveva un segreto. Lo ritrovarono morto, affogato in un water di un bagno perfettamente pulito. Nelle sue tasche un biglietto e le istruzioni per trovare un cadavere.

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Concorso a fiori
Short StoryRaccolta di One Shot per il concorso organizzato da @AutoriVari. Traccia 1 (Si torna bambini!): Tata Traccia 2 (Essere o non essere?) - vietato usare il verbo essere: Quel giorno il diavolo non ha mentito Traccia 3 (Il sudicio) - parole da usare for...