CAPITOLO DUE

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Quel giorno, in quel preciso istante, mentre accarezzavo con i miei occhi scuri la figura di Dave, questo fu quello che vidi:

era alto e slanciato, cosa che si poteva facilmente notare nonostante fosse seduto. La sua pelle era chiara come non mi era mai capitato di vedere, senza alcuna imperfezione, sembrava come se una normale carnagione fosse stata intinta nel latte. Ricordo che fu questo che mi venne in mente, il colore della sua pelle mi fece pensare a un grande bicchiere di latte, un bianco puro e opaco, perfetto. I suoi capelli erano di un biondo candido. Li teneva arruffati, come se si fosse appena svegliato, ma guardando più attentamente si poteva scorgere un qualche ordine tra le sue ciocche, che si riunivano in punte propendendo verso l'alto. Poi successe una cosa che fece scuotere il mio cuore turbato e sorpreso: le nuvole si diradarono e, per qualche secondo, fecero filtrare il sole dalle tende del salotto, che andò a posarsi sui suoi capelli disordinati. Il suo biondo si coprì di riflessi come argentei che mi abbagliarono completamente. Come faceva questo ragazzo ad essere così lontano da tutto ciò che consideravo normale e naturale?

Tutto questo, però, riuscii a considerarlo solo dopo quel lunghissimo momento, quando la sera mi sdraiai sul letto e analizzai la sua figura dettaglio dopo dettaglio, perché in quell'istante c'era qualcosa che riuscì a rendere confuso tutto il resto. Questo qualcosa erano i suoi occhi. Nella mia vita, mi è capitato spesso di incontrare ragazzi dagli occhi azzurri, un colore che può variare in tante piccole sfumature diverse. Quello di Dave, però, non riuscii mai a classificarlo. Non poteva essere un blu oceano, o un azzurro ghiaccio. Era qualcosa che andava oltre la mia concezione di blu. Seppur lui non mi stesse guardando direttamente, i suoi occhi mi diedero una scossa elettrica, densi come se fossero zaffiro fuso. Una sera, quando ancora vivevo con Pete e Dave, ricordo che a tempo perso feci una ricerca su internet sulle pietre preziose. Volevo riuscire ad associare qualcosa a quello sguardo che aveva la capacità di imprimersi nella mente come niente, e tutto ciò che trovai fu lo zaffiro. Guardando quella pietra brillare nelle varie foto che scorrevano sullo schermo mi sembrò di ritrovare un poco della sua intensità.

E fu così che quel giorno, il giorno in cui per la prima volta lasciai il nido confortante che avevo sempre considerato casa mia, mi congelai davanti al migliore amico del mio ragazzo seduto su un divano di pelle marrone. Il modo in cui stava seduto era chiaramente poco usuale, ma quasi non ci feci caso. Più avanti scoprii che gli veniva naturale posizionarsi in quel modo, come un predatore della notte. Per un attimo che durò solo qualche frazione di secondo la mia mente si annebbiò, sostituendo lo sfondo di un semplice appartamento con uno scenario selvaggio, una foresta notturna illuminata dalla luce della luna, che creava dei riflessi argentei sui capelli di quello che nel mondo reale rappresentava un semplice studente universitario.

"Sei di qui?" quando mi uscì questa semplice domanda non mi sembrò neanche di aver parlato per davvero. L'aria sembrò congelarsi e riuscii addirittura a percepire la tensione di Pete a qualche metro dietro di me, non avrei potuto esordire in modo peggiore. Dave si irrigidì un attimo, ma poi parve rilassarsi. Non si scomodò comunque a rivolgermi uno sguardo. Si alzò piano dal divano, allungandosi nel suo metro e novantacinque di altezza, sputò un "Sì" secco e distaccato e si allontanò lasciando la stanza.

Il tempo sembrò ricominciare a scorrere, nonostante avessi la sensazione che la sua presenza me ne avrebbe nuovamente scombinato la cognizione.

"Ahimè, sembra che sarà più difficile del previsto" sospirò Pete abbracciandomi dolcemente da dietro. In un primo momento sussultai, percependo ancora lo sguardo tagliente di Dave nella stanza.

"Mmh, la situazione necessita decisamente dei miei muffiin al cioccolato" riflettei ad alta voce, accarezzandomi il mento per darmi un'aria pensierosa.

"Piccola, sai che li adoro, ma non credo sia il caso...". Il mio sguardo rattristato si posò su di lui, che decise subito di accontentarmi con un cenno d'assenso sconsolato.

"Vedrai, mi adorerà" esclamai con un sorriso e schioccandogli un bacio sulla guancia. Presi le chiavi dell'appartamento dal mio zaino poggiato all'ingresso e lo salutai velocemente: "Torno subito".

Uscii in strada e mi diressi verso il supermercato più vicino, che si trovava sulla destra del primo incrocio, decisa che la sera stessa avrei inondato la cucina con un forte profumo di cioccolato.

"Dave, sono pronta a crearmi uno spazio nel tuo cuore", pensai. Mi sfuggì un sorriso che svanì quando solo il pensiero di incontrare il suo sguardo mi attorcigliò lo stomaco.

ONIEYEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora