Capitolo 6 - Squadra

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I poco identificati fiori nell'aiuola creata come progetto di diploma stavano iniziando a fiorire poco per volta. Le ragazze avevano piantato i semi, tenendo però i ragazzi all'oscuro di quali avessero scelto. Haruka si domandava se si trattasse dei fiori che aveva menzionato Makoto, quelli che sarebbero sbocciati in quell'esatto periodo. Sembrava però che non ce l'avrebbero fatta in tempo.
Alzò lo sguardo sul ciliegio. Non c'erano ancora boccioli sui rami. A quanto sembrava neanche il desiderio di Rin di nuotare in una piscina piena di petali di ciliegio sarebbe diventato realtà.
Si guardò i piedi, concentrandosi sul terriccio marrone chiaro intorno ad essi. Si chiese se le radici del ciliegio fossero cresciute molto in profondità sottoterra. Come si sentiva l'albero nell'avere un'aiuola piantata sopra quelle radici che aveva faticato a far crescere negli anni? Si domandò come si sarebbe sentito lui, se fosse stato un albero.
Nel pensarlo, un sorriso amaro gli nacque sul volto. Se fosse stato un ciliegio, probabilmente non avrebbe sentito nulla. Non si sarebbe di certo preoccupato di un'aiuola. Non avrebbe potuto sentirsi trascinato dagli altri, né avrebbe dovuto tenersene lontano. Finché avesse potuto rivolgersi verso il cielo e lasciare che i suoi rami crescessero, non avrebbe dovuto preoccuparsi di nient'altro.
Una volta considerato il fatto che era l'unico a preoccuparsi per una cosa simile, mentre all'albero di ciliegio non importava affatto, per qualche ragione iniziò a ridere.
«Il fatto che i fiori stiano sbocciando ti rende così felice, Haru?»
Senza che lo avesse notato vide che Rin e Makoto si trovavano proprio accanto a lui.
«Non proprio.» Haruka non aveva intenzione di spiegare i propri pensieri a Rin. Dall'altro lato, anche il negare qualcosa era fastidioso. Per questo motivo diede una tale risposta.
«Presto arriverà il giorno del diploma» disse Makoto emozionato, guardando in alto verso il ciliegio.
«È vero. Un addio ai nostri vecchi giorni scolastici pieni di ricordi!» Rin alzò la voce come un pessimo attore. Haruka non era abbastanza gentile da reagire ogni singola volta. Non come Makoto.
«Ci restano solo due mesi, non è vero? Non preferiresti partecipare alla cerimonia di diploma della tua vecchia scuola?»
Il sorriso di Rin improvvisamente sparì. Abbassò gli occhi verso l'aiuola e fissò i boccioli ancora chiusi. «Ho definitivamente tagliato i ponti con la scuola elementare Sano.» In una performance un po' migliore rispetto alla precedente, Rin assunse un'espressione triste.
«Scusami, ho detto qualcosa di scortese» rispose Makoto, pur non essendo affatto una cosa della quale dovesse preoccuparsi (anche se non lo faceva tanto per).
«Non preoccuparti. È una cosa passata. Ora sono un membro della scuola elementare Iwatobi.»
«Hai ragione. Allora ci diplomeremo insieme, non è vero?» Dopo averlo detto, il sorriso di Makoto si adombrò appena. Come sul punto di voler dire qualcosa, voltò lo sguardo verso Rin ed esitò.
«Che c'è?» chiese Rin, in risposta allo sguardo di Makoto.
«Uhm, ero solo un po' preoccupato, visto che non sei venuto all'incontro di ieri.»
Si trattava di un incontro orientativo riguardante la scuola media. Venivano spiegate faccende riguardanti le uniformi, i libri di testo e le attività dei club. Rin però non vi aveva partecipato.

Rin alzò gli occhi sul ciliegio ancora spoglio. I raggi del sole filtravano nello spazio vuoto fra i rami, facendogli strizzare gli occhi. «Questo perché non frequenterò le scuole medie qui.»
Haruka spostò gli occhi su Rin. Non avrebbe saputo dire se stesse scherzando o fosse serio, perciò cercò di capirlo dall'espressione dell'altro, ma il sole che filtrava fra i rami creava strani disegni sul suo viso rivolto verso l'alto, quindi non riuscì a leggervi nulla. Ancora rivolto verso il ciliegio, attese che Makoto dicesse qualcosa. In momenti come quelli Makoto chiedeva sempre quello che avrebbe voluto domandare Haruka, in modo che lui non dovesse farlo in prima persona.
«Cosa intendi dire? Perché non ci hai detto niente? Siamo nella stessa squadra! Non siamo forse amici?» Makoto non domandò dove stesse andando Rin, o cosa avesse intenzione di fare una volta lì. Il fatto che fossero nello stesso team era per Makoto, probabilmente, la cosa più importante per il momento. Per quella ragione stava tartassando Rin sul perché non avesse detto loro nulla.
Per Haruka si trattava di cose delle quali non avrebbe mai parlato – cose come "team" e "amici". Makoto aveva accettato quella situazione molto facilmente, ed era riuscito a spiegarsi a parole. Così facilmente che a dire il vero Haruka si era imbarazzato al solo sentirlo parlare così.
«Non lo stavo nascondendo né nulla del genere. È stato deciso soltanto ieri il posto in cui andrò.»
«Ieri?»
Haruka non riusciva a capire nulla di quella conversazione. "Ieri"? "Dove andrò"? Non avevano ancora parlato dei punti cruciali, come il perché Rin si fosse trasferito in primo luogo, o il perché avesse trascinato Haruka e Makoto nei suoi piani, o sul perché fosse così fissato con la staffetta.
Rin abbassò appena la testa come se il sole fosse troppo luminoso e disse in un sussurro «Andrò in Australia.»
«Australia? Vuoi dire oltreoceano?» chiese ingenuamente Makoto. Ovviamente era oltreoceano. Non c'era nessun posto chiamato "Australia" in Giappone, e dalla piega che stava prendendo la conversazione non sembrava affatto che Rin ci stesse andando per un viaggetto.
«Ho mandato richieste di iscrizione ad un sacco di scuole, ma sono state accettate soltanto ieri.»
Makoto sembrava confuso. Era teso, con la bocca leggermente aperta, come se volesse dire qualcosa. Probabilmente c'erano un sacco di parole nella sua testa.
«Mi sono trasferito in questa scuola avendo già deciso di partire per l'Australia. Avevo pensato di dirvelo una volta che avessi saputo con certezza dove sarei andato. Non volevo annoiarvi con qualcosa di incerto.»
Esattamente, quanto è egoista questo idiota? Haruka serrò i denti, sentendo la rabbia montargli dentro. Rin aveva già gettato le loro vite nella più totale confusione, e per quanto riguardava i problemi ne aveva già causati un mucchio!
«...Mi dispiace» mormorò Rin, forse avvertendo i sentimenti di Haruka.
Il vento soffiò intorno ad Haruka, portando con sé l'odore tipico della primavera. Pensò a quanto voleva sbrigarsi e andare a nuotare. Pensò a quanto voleva muoversi e togliersi di dosso quell'aria melensa. E pensò anche a quanto desiderava sbrigarsi e sentirsi finalmente libero dagli obblighi di quell'incomprensibile idiota.
Makoto trovò infine una domanda brave fra le dozzine di parole che gli vorticavano in testa. «Perché andrai in Australia?»
«Per studiare nuoto.» Per una domanda breve fu data la più breve risposta possibile.
Haruka, ancora rivolto verso il ciliegio, fece una domanda a Rin. «Cosa vuoi fare?» La sua voce era abbastanza bassa da perdersi persino nella lieve brezza.
«Voglio... voglio essere un nuotatore olimpico.»
Haruka non si mise a ridere. Qualunque cosa volesse diventare Rin andava bene, ma non era quella la risposta che voleva. Rin si comportava sempre in quel modo. Diceva quello che più gli andava, nascondendo il vero se stesso. Anche in quel momento si trovava davanti ad Haruka, davanti al ciliegio e continuava a dire quel che più gli faceva comodo.
Con le sopracciglia arcuate e gli occhi spalancati, Makoto batté una volta le palpebre come se si fosse appena ricordato di qualcosa. «Quando parti?»
«Il giorno successivo alla competizione.»
«Allora non ci rimane molto tempo per nuotare insieme, no?» Makoto guardò verso Haruka. Nonostante quest'ultimo sapesse di essere osservato, rimase in silenzio e continuò a guardare verso l'albero.
Haru, a cosa stai pensando? Cosa provi davvero? Haruka aveva la sensazione che Makoto gli stesse chiedendo quelle cose con gli occhi, e per quello non riusciva a guardarlo direttamente in faccia. Era pieno di rabbia che non poteva sfogare, e cercava di spingerla verso il fondo del suo petto, trattenendo a stento l'istinto di correre via. Voleva sbrigarsi e lasciare che il suo corpo scivolasse nell'acqua. L'acqua lo avrebbe liberato da tutti quegli inutili obblighi.
Voglio sbrigarmi e andare in acqua. Era un istinto che pulsava forte in Haruka. Il sangue gli scorreva veloce per tutto il corpo. Le sue tempie pulsavano, e le mani gli iniziavano a sudare. ...Sto scappando?
Stava scappando via verso l'acqua? Forse si era sempre rifugiato nell'acqua per trovare la pace, per distogliere lo sguardo dal mondo reale, per nascondere le sue vere emozioni?
Aveva sempre pensato che lui e l'acqua riconoscevano l'esistenza reciproca, senza cercare di unirsi o di sopprimersi a vicenda. Fino ad allora era soltanto dipeso dallo stato di sufficienza che quel riconoscersi a vicenda portava? Stava nuotando per una ragione simile?
Voleva negarlo. Voleva rifiutarlo assolutamente, ma più ci pensava, più questo iniziava a pesare su di lui come un'innegabile verità.
Non sapeva più cosa fare. Nel momento in cui realizzò di dipendere dall'acqua, sentì come se il se stesso che vedeva fieramente in piedi potesse crollare a pezzi in qualunque istante. Le sue gambe gli sembrarono improvvisamente sottili e fragili, sul punto di rompersi, come se lo stessero appena sostenendo.
Non può essere vero! Quelle erano le gambe con le quali aveva corso, saltato, nuotato. Era impossibile che fossero così deboli. Mentre ci pensava però non riusciva a fermare i tremori che le attraversavano.
Haruka guardò verso Makoto che sembrava ancora chiedergli Cosa provi davvero?
Makoto gli aveva detto di star scappando dall'acqua. Se Haruka si fosse lasciato andare e avesse ammesso onestamente i propri sentimenti avrebbe iniziato a sentirsi un po' meglio?
Il tiepido vento primaverile lo avvolse ancora. Non possedeva più l'asprezza invernale, non soffiava più con forza né gelava. Non c'era motivo di andarci contro. Va bene essere onesti, sembrò sussurrare ad Haruka.
Haruka non si sarebbe lasciato tentare. Sempre, indipendentemente da dove fosse, voleva rimanere se stesso. Voleva continuare ad essere il suo forte se stesso. Stringere i denti e stare in piedi da solo. Non doveva scappare via. Non avrebbe mai ammesso di essere debole. Doveva continuare ad essere forte. Non importava come, doveva continuare ad essere se stesso.
Gli occhi di Makoto gli chiesero ancora una volta: Haru, a cosa stai pensando?
Haruka non rispose – non poteva rispondere. Dove fosse andato Rin e cosa sarebbe diventato erano cose che non avevano niente a che vedere con lui. Non poteva però cambiare il fatto che Rin era proprio davanti a lui, che erano nella stessa squadra, e Haruka non voleva cambiare idea a proposito della staffetta. Avrebbe dato del suo meglio. Non sarebbe mai fuggito, solo così avrebbe potuto continuare ad essere se stesso.
«...Va bene.» La voce di Haruka volò sul vento primaverile.
«Haru?» Makoto corrugò le sopracciglia e osservò Haruka preoccupato.
«Per la prossima gara.» Haruka disse soltanto quello, poi spostò lo sguardo verso Rin.
Gli occhi di Rin si spalancarono, mentre lui lo fissava di fronte. «Davvero ti sta bene? Ti concentrerai solo sulla staffetta?» Le parole gli uscirono di bocca confusamente. Rin era fin troppo intelligente da un certo punto di vista. Haruka pensava che avrebbe avuto bisogno di spiegarsi meglio, ma era stato compreso anche così, perciò non si disturbò a cercare altre parole. La sua irritazione riaffiorò davanti all'espressione da so-tutto-io di Rin, e strinse i denti ancora una volta.
Haruka però non sarebbe più fuggito. Aveva deciso così. Non dalla staffetta, non da Rin, e nemmeno da se stesso. Era per quella ragione che non aveva intenzione di pentirsi arrivati a quel punto.
«Davvero parteciperai solo alla staffetta?» Rin continuò a punzecchiarlo con quel suo inutile ed eccessivo interesse.
«È quel che intendevo» biascicò Haruka, voltandosi di nuovo verso il ciliegio. La faccia allegra di Rin apparve nell'angolo del suo campo visivo, cosa che lo rese nuovamente irritato.
«Ok! Haru, ti mostrerò una vista che non hai mai visto prima d'ora!»
«Una vista che non ho mai visto prima d'ora?»
«Esatto! Una vista fantastica che non può essere vista senza tutti e quattro insieme!»
La direzione dei raggi del sole era cambiata un po' mentre Haruka non prestava attenzione. La luce si intrecciò fra il complicato groviglio di rami e lo colpì dritto in faccia. Si limitò a chiudere appena gli occhi, senza guardare in alto come aveva fatto Rin.
Makoto lo osservava con l'espressione di un bambino sperduto. Haruka aveva lasciato intendere la sua risposta anche a Makoto, adesso l'altro doveva solo immaginare il resto da sé. Haruka non voleva essere invadente o autoritario come Rin: Makoto doveva pensare da sé, giungere ad una conclusione e poi agire. Haruka non lo avrebbe respinto né sarebbe stato freddo con lui per quello. Se Makoto avesse preso una sua decisione, sarebbe stato perché avrebbe creduto che fosse quella giusta da prendere.
«.....Haru» disse Makoto, la voce tremolante come le foglie secche che lievitavano nel vento. «La lascerai vedere anche a me? Quella vista.»
Avrebbe dovuto chiederlo a Rin. Haruka non sapeva nemmeno cosa volesse vedere Makoto, o meglio, cosa lui avrebbe dovuto mostrargli.
«Voglio vederla anch'io, Rin. Voglio nuotare con tutti quanti.»
Il viso di Rin proruppe in un sorriso, prima che desse un leggero pugno sulla spalla di Makoto. «È la prima volta che mi chiami 'Rin'. Non preoccuparti, sono sicuro che possiamo farcela.»
Makoto sollevò le sopracciglia e annuì.
Da qualche parte giunse il cinguettio di un uccellino. Forse quell'uccellino stava segnalando il proprio passaggio mentre fluttuava nel cielo limpido, diretto verso la sua meta da qualche parte nell'orizzonte infinito.

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