Liberi

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Quando si era ritrovato rannicchiato in un angolo della sua casa stranamente vuota a piangere come una ragazzina, con il sangue che gli colava dalla spalla sinistra, proprio non poteva saperlo.
Mickey Milkovich non piangeva
Mickey Milkovich non soffriva
Mickey Milkovich non si sarebbe fatto sparare per permettere al dolore di una pallottola di sovrastrare il dolore che sentiva dentro di lui.
E forse, nemmeno quello bastava.

Era li, a guardare la sua immagine attraverso quello specchio crepato, di nuovo, si cercava nella sua immagine riflessa, e ogni volta, come tutte le volte che sentiva di aver perso Ian, non si trovava.
Stringeva i pugni all'angolo del lavandino, cercando di ricostruire in un attimo tutti quei muri che aveva piano piano abbattuto, per amore dell'unica persona che era stato in grado di buttarli giù. Dell'unica persona che fosse mai stata in grado di ferirlo veramente.

Senza rendersene conto afferrò il suo cappotto e si incamminò verso casa Gallagher, quella stessa casa con cui insieme ad Ian, era stato felice e aveva sofferto.

Si bloccò alla vista di Fiona seduta sui gradini di quel portico, quello stesso portico che era stato testimone del suo amore e del suo dolore solo poche ore prima.

"Ei Mickey come stai?"
Disse avvicinandosi a lui notando il sangue oltre il maglione.
Mickey non era troppo sorpreso, negli ultimi tempi lui e Fiona avevano legato abbastanza, lei si è resa rapidamente conto di chi fosse davvero il Mickey Milkovich così tanto temuto da tutti, ha potuto costatarlo in prima persona, vedendo il modo in cui si era preso cura di Ian dal momento stesso in cui lo ha riportato a casa da quel club maledetto.

"Ian è qui?" Fece lui, senza preoccuparsi di rispondere alla domanda posta da Fiona, perché, per quanto fosse cresciuto nell'ultimo periodo, sicuro come la morte non si sarebbe messo a parlarle di come si sentiva in quel momento.
Anche se forse, il tono della sua domanda aveva servito la risposta alla precedente su un piatto d'argento.

Di merda. Sto di merda.

"Non sta bene Mickey"
È bastato questo, senza voltarsi indietro Mickey entrò in casa e salì velocemente le scale, esitò un secondo di più sulla soglia della camera da letto di Ian, ma dopo aver emesso un profondo respiro, entrò.

I suoi occhi si gonfiarono di lacrime non appena si rese conto della situazione.
Ian accovacciato sul letto in posizione fetale, che chiaramente, a giudicare dai suoi singhiozzi, stava piangendo.

"Ian"
Disse in tono secco, ma gentile.

"Che cosa ci fai qui?" Replicò lui senza voltarsi a guardarlo.

"Veramente ero venuto ad urlarti che pezzo di merda sei, forse per darti un paio di pugni"

Il silenzio si fece assordante per qualche minuto, quando continuò a parlare

"Poi mi sono reso conto che sarebbe stato inutile in ogni caso, non avrebbe cambiato la situazione"

Fu a quel punto che Ian si voltò, mettendosi a sedere sul letto, mantenendo sempre una certa distanza da Mickey, ed evitando accuratamente di guardarlo negli occhi troppo a lungo.

"E allora perché sei qui adesso?"

Mickey era sicuro di avere del sangue nella bocca ormai, i suoi denti hanno spinto un po' troppo all'interno della guancia, lo faceva sempre, quando era agitato o nervoso.
Ma quello di certo non era il momento di fare il Mickey Milkovich che non parla troppo della situazione

"Perché Ian cazzo, non credi che mi merito una fottuta spiegazione?"

"Te l'ho già data"
Rispose Ian cercando di tenere a bada le lacrime

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