Giochi d'Entrata - Qualcosa su di voi

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Era alta, mora e con gli occhi troppo grandi per il proprio viso. Studiava lingue, "la chiave per comprendere la cultura ed il modo di pensare di ogni popolo", diceva. Leggeva, amava l'inverno ed era una burlona, la ragazza.

Sempre alla ricerca di nuovi modi per stupire gli altri con i propri scherzi – anche se gli altri in questione, non sapevano che ne fosse lei l'autrice:nulla di ciò che faceva era volto ad ottenere ammirazione;semplicemente, adorava le espressioni meravigliate e divertite che riusciva a causare.

Al momento, però, non le veniva assolutamente da ridere: piuttosto, era alquanto terrorizzata.Non aveva idea di dove si trovasse: tutto ciò che sapeva era che un uomo – con il viso quasi completamente avvolto in una sciarpa nonostante il caldo – l'aveva fermata per strada, dicendole di ammirare il suo lavoro, e che avrebbe potuto aiutarla a migliorare moltissimo, se lei avesse voluto. L'aveva guardato con sospetto,tuttavia il desiderio di migliorarsi continuamente le aveva dato il coraggio di annuire.

Prima di poter fare alcunché, l'uomo l'aveva afferrata per un braccio ed improvvisamente lei si era sentita soffocare. Solo quando aveva pensato che non ce l'avrebbe fatta più, tutto era tornato normale, tranne... Non erano più dove si trovavano prima.

Si trovavano in una specie di scantinato flebilmente illuminato, pieno zeppo di pacchi e scatoloni dalle forme più strane con scritto "Tiri Vispi Weasley",sui quali era caduta scompostamente quando vi erano arrivati... sì,e come ci erano arrivati?Un acquario con dei meravigliosi pesci all'interno, occupava un'intera parete di una stanza. Un ippocampo d'un improbabile arancione fluorescente girava su se stesso. Spalancò gli occhi, la ragazza, quando comprese che tutti gli abitanti dell'acquario parevano fatti di carta.

Non era ancora riuscita ad aprire bocca per inveire contro quel pazzo che l'aveva rapita,troppo intontita da quel luogo, quando una porta, in cima ad una rampa di scale, si aprì violentemente: «Miseriaccia! Cosa ti costa usare la porta principale ogni tanto? Mi hai fatto prendere un colpo: ho fatto cadere il calderone con la pozione che... Come diamine ti sei vestito?»

«Non ci capisco nulla di abiti Babbani, lo sai!»

Alla menzione di quel termine – Babbani – lo sguardo dell'uomo che era entrato scattò verso di lei, notandola solo in quel momento.

«Miseriaccia. Non di nuovo! George, George vieni qui! Io lo ammazzo, questa volta. Giuro lo ammazzo!» Strillò, voltandosi verso la stanza da cui era provenuto.

Un ragazzo somigliante al primo, dal volto stranamente asimmetrico, si precipitò nel sottoscala e lanciò uno sguardo di divertito rimprovero all'uomo che l'aveva portata lì, per poi guardarla con un sorriso gentile, che però in qualche modo pareva valutarla. Non si fidava di lui, non si fidava quasi mai di nessuno, in realtà.

«E tu chi saresti?» le domandò.

«Chi sarei io? Voi siete completamente matti! Chi siete voi! Cosa diamine volete da me? Chi è questo pazzo e come diavolo ci sono arrivata qui?! Che cosa è questo posto?...»

«Visto?» l'interruppe quello che si chiamava George, rivolgendosi al folle che l'aveva rapita: «Non ci sono Babbani che non fanno domande. È nella loro natura, ed è giusto così... Tuttavia non possiamo rischiare dimetterci in affari con loro».

L'uomo sospirò, uno sguardo triste negli occhi: sembrava che avesse davvero creduto che lei fosse quella giusta. Per cosa, poi...?

«Mi dispiace, cara», le disse, per poi puntarle addosso una specie di bastoncino di legno tutto rovinato con una serietà che l'avrebbe fatta ridere, se non fosse stata di nuovo impaurita.

                                                                                                       ***


Si svegliò nel suo letto nella propria camera in mansarda, la mattina seguente, con un forte mal di testa, il gatto al suo fianco e un'unica parola in mente:Oblivion.

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