Fui svegliata di colpo da un sonno profondo, sentendo l'incessante rumore della sveglia che mi perforava i timpani. Con gli occhi ancora impastati dal sonno, allungai il braccio e cercai a tentoni di spegnere quell'aggieggio infernale.
Lanciai una lunga occhiata alla stanza, avvolta nella penombra. Nonostante un po' di luce filtrasse dalle veneziane abbassate, facevo fatica a distinguere ció che mi stava attorno, tuttavia ricordavo perfettamente dove fossero le cose.
Sulla parete alla mia sinistra, a parte la finestra, si trovava la mia disordinatissima scrivania, comprata da Ikea quando avevo dodici anni. Una volta era bianca, ma ero solita scrivere frasi e disegnarci sopra, cosa che faceva incazzare mia madre, ma io le dicevo sempre che non riusciva a capire gli artisti.
Sulla parete di fronte a me si trovavano una cassettiera e uno specchio, che da bambina mi dava i brividi a causa di un film horror che mi fece vedere mio fratello Louis. Subito di fianco, c'era la porta che conduceva a un piccolo corridoio e alle altre tre stanze, ovvero il bagno, la camera di mio fratello e quella matrimoniale, dove, da pochi mesi, dormiva solo mia madre (i miei genitori erano divorziati).
Sulla parete alla mia destra, si trovava la cabina armadio, mentre su quella dietro di me erano appesi disegni, poster e foto. A fianco al mio letto, un comodino al di sopra del quale c'era la sveglia, i cui numeri color verde brillante segnavano le 7.30!
"Merda!" Pensai. Non potevo arrivare in ritardo anche l'ultimo giorno di scuola.
Starete sicuramente pensando che io fossi quella che arrivava sempre in ritardo. Ebbene, è proprio cosí e, non per vantarmi, la presidenza era diventata ormai la mia seconda casa.
Scattai in piedi con la velocitá di un ghepardo e corsi subito in bagno a prepararmi, facendo attenzione a non svegliare mio fratello, che ronfava come un ghiro. Ecco un altro mio difetto: capita, talvolta, che quando sono di fretta, mi muova con la delicatezza di un ippopotamo in calore e, credetemi, dovreste vedere come si muovono gli ippopotami in calore.
Dopo una veloce rinfrescata, passai al mio solito rito mattutino, ovvero guardarmi allo specchio per verificare se una qualche fata mi avesse lanciato un incantesimo per farmi sembrare piú una donna. Niente da fare, avevo ancora il viso da ragazzina, liscio, pallido e con qualche lentiggine qua e là, gli occhi grandi e azzurri, incorniciati da ciglia scure come i capelli, le labbra rosee e carnose. Di seno, portavo ancora una misera seconda e arrivavo a malapena a un metro e sessantacinque di altezza, avevo perso le speranza visto che oramai ero sulla soglia dei miei diciassette anni.
La mia migliore amica non era da meno, era poco più alta di me e aveva delle guance paffute che la facevano sembrare molto più giovane dei suoi quasi diciotto anni.
Dopo aver rivolto smorfie e facce strane alla ragazza riflessa nello specchio, tornai velocemente in camera e, dopo aver spalancato le finestre, scelsi il mio outfit per la giornata: una canottiera bordeaux, una camicia a quadri, degli shorts e le immancabili Converse bianche (vedi foto). Cercai di dare un senso alla mia folta chioma scura, raccogliendola in uno chignon fatto velocemente.
Mi precipitai giú dalle scale verso la cucina e non avendo tempo di cercare una tazza, tragugiai il latte direttamente dalla bottiglia, cosí velocemente che me ne versai un po' addosso... certo un po', sembrava che mi avessero... lasciamo perdere...
Agguantati zaino e cellulare con fare avventuriero, schizzai fuori dalla porta, incontrando la tiepida aria di una mattina di inizio giugno, tipica della grande città di Los Angeles. L'atmosfera era tranquilla, nessuno usciva dalle numerose villette a schiera che popolavano il quartiere, probabilmente erano già tutti al lavoro o a scuola, oppure giá in vacanza.
La prima cosa che pensai di fare fu di salire sulla mia moto ma... non c'era...
Dopo aver guardato a destra e a manca, mi ricordai di averla lasciata in garage e... senza benzina. Senza pensarci, cominciai a correre in direzione della scuola, che era a sole 6 miglia* da dove mi trovavo. Benissimo.
Avevo percorso solo 20 metri e, ovviamente, avevo già il fiatone ma...
"Bip bip", il rumore di un clacson mi fece sobbalzare e cadere goffamente a terra.
《Ahahahah! Leila, sei un disastro!》
Riconobbi subito la voce rauca di quell'idiota del mio migliore amico. Nonostante facesse sempre lo stupido quando era con me, Harry era un ragazzo molto gentile, estroverso, allegro e altruista, talvolta un po' arrogante.
Appena mi rialzai, mi girai verso di lui, esibendo una smorfia da incazzata, cosí terrificante che Harry cambió completamente espressione da divertito a preoccupato, smettendo all'istante di ridere.
Subito dopo, mi rilassai e mi diressi verso la sua appariscente ed elegantissima decappottabile rosso brillante, scavalcai la portiera e atterrai di peso sul sedile anteriore, suscitando imprecazioni, a malapena contenute, da parte di Harry.
《Cazzo, Leila! Lo sai che la mia macchina...》
《"É come una figlia per te!" Lo avrai ripetuto un migliaio di volte》
《Guai a te, se lo fai di nuovo!》
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai rumorosamente. Lui mi guardó con disapprovazione e, in un secondo momento, il suo sguardo cadde sui miei vestiti. La sua espressione tornò divertita.
《Per caso, hai fatto la doccia vestita? O sei passata sotto il getto degli irrigatori? Oppure ti hanno...》
《NON dirlo neanche!》lo ammonii, scandendo bene le parole, in parte sorpresa di aver pensato la stessa cosa poco prima.
《Ok, sto zitto!》disse alzando le braccia, in segno di scusa.
Subito dopo, rimise le mani sul volante e partimmo, avventurandoci per le strade di Los Angeles, sempre più affollate man mano che procedevamo verso Downtown, il centro della cittá. La scuola era più o meno a metà strada tra il centro e dove abitavamo noi.
Durante tutto il viaggio, ci limitammo a intonare a gran voce "The A Team" di Ed Sheeran, del quale andavamo pazzi, e altre canzoni, che in quel momento, passavano in radio.
Ci fu un momento in cui mi girai verso Harry e rimasi a fissare i suoi ricci scuri tirati indietro dal vento, i suoi occhi verde smeraldo, visibili solo di lato, in quanto nascosti dagli occhiali da sole, e le sue belle labbra rosse e carnose. All' inprovviso, accortosi del mio sguardo ammiratore, distolse un secondo lo sguardo dalla strada per rivolgermi un sorriso a 32 denti che avrebbe fatto cadere qualsiasi ragazza ai suoi piedi... tranne me, ovvio... eravamo solo amici. In più, io avevo un ragazzo e lui aveva la sua schiera di fanciulle che gli ronzavano attorno.
I miei pensieri furono interrotti dal nostro arrivo davanti a quell'edificio che chiamavamo "scuola".
L'edificio era tanto grande quanto vecchio, ma era stato ben ristrutturato per nascondere il fatto che stesse cadendo a pezzi, le pareti ridipinte di bianco. Visto da fuori, poteva essere scambiato con un ospedale ma, entrando, si poteva perfettamente capire che si trattasse di una scuola dalla presenza di aule, armadietti blu e numerosi striscioni con patetici slogan in favore delle nostre squadre di calcio e di football.
Quando mio fratello frequentava ancora questa scuola, era il capitano, nonchè l'orgoglio della squadra di calcio e la sua partenza per il college fu un duro colpo per tutti.
Lasciando da parte la grave crisi calcistica che stava affrontando la scuola...
Harry parcheggió la macchina in quel misero spiazzo che la gente si ostinava a chiamare "parcheggio", giá popolato da macchine.CONTINUA...
*6 miglia: in America, si usano le miglia come unità di misura per le distanze. 6 miglia equivalgono a 9-10 chilometri.
SPAZIO AUTRICE
Rieccomi dopo nove mesi che non pubblico più capitoli... scusate ma, in mia difesa posso solo dire che è stato un anno scolastico durissimo. L'anno prossimo avrò anche gli esami di maturità e sono già agitata...
Comunque ora mi sento molto ispirata, quindi probabilmente riuscirò a scrivere un po' di più rispetto all'anno scorso.
Detto questo, ringrazio tutti coloro che non mi hanno mai abbandonata e che continueranno a seguire la storia. Vi invito a lasciare un voto e un commento e ci risentiamo al prossimo capitolo!Giulia xx
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Last Summer // One Direction
Fanfiction"Estate è ridere Estate è viaggiare Estate è amare Estate è sognare Estate è vivere" Leila è la tipica diciassettenne americana, dolce ed estroversa, amante della musica e dell'arte, ha un gruppo di amici e un ragazzo dei quali non potrebbe fare a m...