La fioca luce della luna illuminava a stento la strada. La maggior parte dei lampioni non funzionavano. Solo ogni tanto una luce ad intermittenza, accompagnata da un fastidioso ronzio, faceva capolino in lontananza. Da ore camminavo senza una meta, sapevo solo che una forza invisibile mi imponeva di continuare a muovermi. Per chilometri in lungo e in largo, a parte la strada, non si vedeva la alcun minima presenza umana. Solo una desolante steppa intervallata da aridi cespugli. Che fine avevano fatto tutte le macchine? Da quando avevo imboccato questa strada non ne avevo vista neanche una; non che la cosa mi dispiacesse. Il problema è che dentro di me stava incominciando a fare capolino quella vecchia miserabile della solitudine e sapevo bene, che questo voleva dire, che avrebbe portato con sé altra gentaglia come lo sconforto. Dovevo assolutamente incontrare altre forme di vita ormai sentivo che ne avevo bisogno, come l'acqua per un assetato. Mi misi a correre più veloce che potevo fin quando, superando una curva, non vidi in lontananza la flebile luce di una stazione di sosta. Era fatta! Mi misi ad osservare meglio la sagoma della stazione in cerca di qualsiasi indizio, che alimentasse e stuzzicasse la mia fantasia e la mia speranza.
Non so ancora quanto tempo ci misi per arrivare in quel luogo. La mia mente, presa dall'eccitazione, era in pieno fermento e non badava troppo all'ambiente circostante. So solo che ad un certo punto trovai al lato della strada uno spiazzo polveroso e non asfaltato. Doveva essere un parcheggio ma neanche qua c'erano macchine, solo una forte bagliore proveniente da un piccolo edificio poco distante. Ecco il mio porto sicuro in questo oceano di tenebre minacciose e ignote! Ero al settimo cielo, mi misi a correre fino a quando non fui davanti alla fonte della mia euforia. Scoprii così che la luce proveniva da una tavola calda, con annesso due pompe di benzina. Il locale all'esterno aveva delle ampie vetrate adornate dalla scritta: "Paradise Café" di colore azzurro. Rimasi qualche minuto a fissare il tutto. Per quanto ero desideroso di entrare e benché l'immagine fosse accogliente il mio persistente stato di ansia e paura mi fece titubare per un attimo. Non sapevo chi o cosa c'era lì dentro, ma la stessa energia, che mi aveva portato a camminare senza sosta fino a qua, mi imponeva di varcare le porte del café. Appena entrai un bagliore intenso mi avvolse facendomi chiudere istintivamente gli occhi. Dopo qualche secondo, lentamente riapri le palpebre.
Come all'esterno anche l'arredamento richiamava molto lo stile degli anni cinquanta. Al centro spiccava un lungo bancone di colore azzurro, adornato da una striscia cromata. Purtroppo, anche in questo luogo, non c'era nessuno. Cominciai a ricadere nello sconforto. Ormai stava per reinfettare la mia mente. Decisi però che non potevo arrendermi così. Dovevo reagire a tutti i costi. L'unica medicina che potessi usare per contrastare questo mio male, era distrarre la mia mente. In quel momento notai che le pareti erano tappezzati dalle locandine dei vecchi film del cinema francese e tedesco degli anni venti e trenta. Fra tutte spiccavo per grandezza quella di Metropolis di Fritz Lang. Feci per avvicinarmi alla locandina quando fui chiamato da una voce femminile. Ero talmente preso dai miei pensieri che sobbalzai, ma dopo qualche secondo una sensazione di gioia pervase tutto il mio corpo. Finalmente ero riuscito a incontrare un'altra persona, la mia solitudine era stata irrimediabilmente sconfitta. Mi girai lentamente, cercando, in quella frazione di secondo che mi separava dalla sua visione di dare una forma corporea a quella voce. Nella mia testa passarono, come un album fotografico, migliaia di immagini raffiguranti donne delle più disparate forme ed età.
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Paradise café
Misteri / ThrillerUn uomo senza alcun ricordo del suo passato si ritrova in una tavola calda, in mezzo al deserto, gestita da una donna affascinante e misteriosa. Con lei inizierà un viaggio grottesco e spaventoso alla ricerca dei suoi ricordi perduti e non solo.