I.

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Il sole entrava a fatica grazie alla tenda abbassata nella camera di Justin Bieber dove regnava il silenzio. Il ragazzo diciottenne se ne stava a fissare il soffitto come aveva sempre fatto, mangiava nulla a colazione e non parlava praticamente con nessuno se non sua madre Pattie, l'unica che le era stata vicino insieme alla sua sindrome; suo padre, Jeremy, li aveva subito abbandonati dopo la notizia di suo figlio, senza scrupoli.

«Dai Justin, alzati: oggi sarà una lunga giornata.»
Lui si mise diritto con la schiena, seduto a fissare la figura della madre intenta a spostare del tutto la tenta dalla finestra. Non era di certo una brutta donna: magra al punto giusto, mora, bel sorriso e una grande forza nel crescere un figlio come il suo da sola.
Strizzò gli occhi alla luce battente sul pavimento in marmo, causa che lo sconcentra da ciò a cui era occupato a pensare dopo l'arrivo della donna.

«Finalmente ho trovato una persona che ti terrà compagnia mentre lavoro. È una bella ragazza, ti piacerà.»

Un'altra? Ancora?, pensò Justin. Fece un mezzo sorriso alla madre mostrandosi felice ai suoi occhi, simili a quelli del suo bambino. Obbligò Justin a alzarsi, lavarsi e sembrare presentabile vestendosi con una T-Shirt e dei Jeans azzurri. Era infondo ansioso di sapere chi fosse la nuova babysitter e a come sarebbe scappata fra qualche giorno, se non un'ora dopo aver capito con chi avrebbe avuto a che fare.

O forse avrebbe sopportato per dei semplici soldi?

Sua madre gli aveva fatto il letto e lui l'aveva aiutata senza fiatare minimamente. Roba quotidiana.

Il campanello suonò una volta, e come al solito Pattie corse veloce giù per le scale verso l'ingresso; doveva essere a lavoro entro quindici minuti, tempo di spiegare il tutto alla ragazza e andarsene. Justin rimase in cima alle scale origliando la voce lontana della madre e quella della ragazza piccola e leggera. Esse avanzavano nell'atrio permettendo a Justin di ammirare la nuova badante. Mora anche lei, poco alta e magra peggio di uno stuzzicadenti.

Sì, sarebbe scappata prima del dovuto.

Dopo la madre uscì per lavoro e rimasero soli, completamente soli.
«Avrai fame. Vieni, ti preparo qualcosa.» disse lei invitandolo a scendere le scale e incamminarsi con lei in cucina.
Cosa che però Justin non fece.
La ragazza continuò a insistere ma senza ottimi risultati.
«Come ti chiami?» la sua voce era piccola e melodiosa, domanda stupida visto che gliel'aveva riferito Pattie.
Nessuna risposta.

Passarono così due interminabili ore. Sua madre era uscita alle undici in punto e fino a quel momento Justin si era spostato dalle scale alla poltrona, giocando con la ragazza ad un gioco da tavolo.
Lei era brava in quei tipi di giochi.

«Perchè sei così brava?»

La giovane adolescente sembrò sussultare al suono della voce roca del ragazzo il quale rimane impassibile.

«Io e mio padre giochiamo spesso.»
«Se sei figlia di papà cosa vuoi dai miei soldi?»
«Non voglio soldi.»

Justin rimase bloccato e lasciò cadere le carte sul tavolo. Aveva vinto.
Lei fece una faccia dispiaciuta tirando fuori i suoi venti dollari, porgendoli al ragazzo.
«Non voglio i tuoi soldi, dimmi solo il tuo nome.»
Ripose i soldi nella tasca della felpa leggera, mettendo in ordine le carte ormai inutili.

«Selena.»
Quel nome era dolce, furbo, e estremamente eccitante. Solo per un istante fu attratto dal pensiero di dirlo ansimando.

Selena.

Passarono ore e si fecero le sei.
Pattie arrivò in anticipo ma Selena rimase fino all'orario prestabilito e, dopo le sei e un minuto, fu pronta a tornare a casa. Justin fu obbligato da sua madre a accompagnarla alla porta, come i gentiluomini.
Lui era malato e basta.

«Domani scarabeo?» Il ragazzo annuì in silenzio, aprendole la porta. Lei gli sorrise e uscì.

«Justin.» urlò lui, «mi chiamo Justin.»
La ragazza sorrise e sparì dopo aver visto alla finestra la madre sorpresa dall'urlo del proprio figlio.

ALPHABET BOY. #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora