III.

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«Basta. Ci rinuncio, cazzo.»

Justin era veramente esasperato ad arrivare a dieci partite di scarabeo e perderle tutte. La risata di Selena riempiva la stanza a ogni vincita e lui ne ammirava ogni nota cercando di registrarla con la mente e fotografare con gli occhi color nocciola lei alle prese con le carte da mettere in ordine per la decima volta. Il libro di biologia era aperto sul letto e sicuramente si sarebbe posato un velo di polvere su esso per quanto l'avrebbe distratta dallo studio, facendolo diverse volte: correre da lei. Le piaceva stare in una presenza, averla tutta per sé; non era amore, ma voglia di lei.
E poi, come poteva un malato schizofrenico innamorarsi di lei, e lei innamorarsi di un malato schizofrenico, come lui?

Fece un sospiro trovandola ancora più bella mentre le carte che cercava di mettere a posto volavano via dalle piccole mani magre e pallide come il resto della pelle sul suo corpo che avrebbe voluto solo sfiorare per paura di rovinargliela.

«Vieni, ti aiuto io.»
Lei arrossì rendendosi conto di aver dato uno Show così ridicolo al ragazzo che non ci diede peso, afferrando le carte e mettendole a posto in un blocco preciso in pochissimo tempo, poi le mise nell'apposita scatola, chiudendola. Rimasero in silenzio per un tempo che sembrò durare una vita: i loro occhi erano diversi ma allo stesso tempo uguali.
Erano come il morbido e il croccante assieme.

Insieme, era come vedere un angelo e un diavolo, un diavolo morto, senza esistenza, che viveva di quelle altrui, di quella di Selena.

«Come hai fatto a trovare casa mia?», chiese aggrottando la fronte, pensando solo ora a quel fatto.
«Pattie.» Rispose scrollando le spalle con un sorriso malizioso sulle labbra a forma di cuore, rosate senza neanche una pellicina, «a volte mi sento così solo, vuoto e inutile, da venirti a cercare persino a casa tua.»
«Non è stalking?»
«Fino a prova contraria non sono nascosto in un furgone a vetri oscurati sotto casa.»
Lei mugolò annuendo soddisfatta, «Ottima osservazione.»

Justin iniziò a guardarsi attorno: dopo che aveva acceso le piccole luci arrampicanti sul muro poteva vedere quanto era ordinata. Attaccato al filo della corrente delle luci erano state appese con piccole in legno polaroid, le quali ricordavano vari momenti passati della diciottenne.
«Sono carine» affermò, «in quanto tempo l'hai fatto?»
Lei si girò per capire a cose si stesse riferendo, «Un'ora scarsa.»
«Voglio farlo anche io.» E gli si illuminarono gli occhi immaginando la decorazione concreta.
«Posso trovarti io il materiale, e le foto.»
«Non voglio delle foto casuali.»
«Le possiamo scegl-»
«Voglio delle tue foto.»

Si era fatto pomeriggio e Justin era tornato a casa, sapendo che si sarebbero visti il pomeriggio per la decorazione. E così fu.
Verso le tre del pomeriggio Justin era solo in casa: la madre era uscita a fare delle spese, ma lui era rimasto lì, perché avrebbe avuto di meglio da fare.
Selena parcheggiò la Mini Cooper nel viale di casa Bieber, sorridendo nel vedere proprio lui uscire dalla dimora e avvicinarsi.
«Ciao, mi aiuti a portare la roba? Ho fatto stampare delle foto mie, comunque.»
Lui annuì soltanto aiutandola a aprire il baule dell'auto, prendendo due scatoloni in cartone pieni di roba.

***

«No ehi! Fermo! Così rovinerai tutto.»
Scoppiarono a ridere insieme vedendo il filo di luci cadere per l'ennesima volta a terra.
«Hai piantato bene i chiodi nel muro?»
«Sì, e poi dov'è finita l'ora scarsa che mi dicevi?», era troppo concentrato a guardarla come una dea, vederla da così vicino metteva i brividi. Chiunque l'avesse vista da lontano avrebbe pensato a un miraggio per troppa bellezza.

«Com'è passare la maggior parte della giornata con un malato?»
Lei, rimasta sorpresa da tale domanda, si limitò a alzare le spalle. Non aveva molto tempo per pensare a una risposta secca e decisa per chiudere il discorso.
«A dire la verità me ne ero completamente dimenticata.»
«Posso ricordartelo facendo qualche pazzia.»

Sentì lo stomaco in fiamme per quanto era nervoso, lei annuì, pronta alla sua dimostrazione. Le si avvicinò velocemente, bloccandola contro alla parete, posando le labbra sulle sue.

ALPHABET BOY. #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora