1. Addio zio Ben

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Mi chiamo Peter Parker, frequento il liceo scientifico, la Midtown Science High School.
Ho vissuto la mia vita da imbranato, i miei sono morti dopo avermi affidato ai miei zii, quando avevo dieci anni.  Il perché mi avessero abbandonato, non mi é dato di saperlo.
Sono sempre stato un po' debole, preso di mira. Il ragazzo delle foto, quello a cui le ragazze chiedono di fotografare l'auto del fidanzato.

Tutto ciò fino a che un ragno geneticamente modificato non mi ha morso mentre mi ero intuffolato in un laboratorio genetico per conoscere il collaboratore di mio padre.

Adesso sono più forte, più veloce.
I miei riflessi sono decisamente migliorati.
Riesco a camminare sui muri, quasi a volare.

Non so come usare questo potere, certo, è divertente, e il primo uso che ne faccio è umiliare Flash, il bullo della scuola.
Zio Ben se la prende da morire per questo. Dice che se uno ha grande forza deve usarla per aiutare gli altri, non per vendicarsi.
Quando scopre che ho dimenticato di andare a prendere zia May al lavoro si arrabbia ancora di più e si mette ad urlare e a parlare di mio padre e dei suoi principi di rettitudine.
-Tu somigli tanto a tuo padre.
Sul serio, Peter, ed è una buona cosa. Ma lui aveva una sua filosofia, dei principi, anzi. Lui era convinto che se uno può fare delle cose buone per gli altri, ha l'obbligo morale di farle tutte. Ecco di cosa parliamo. Non è una scelta. E' una responsabilità.

Non ci vedo più -hai ragione. E adesso lui dov'è?
- cosa?
-lui dov'è?
- ma come ti permetti?
- come mi permetto io? Come ti permetti tu!
Esco sbattendo la porta ma la forza che ancora non controllo frantuma il vetro in mille schegge.
La zia piange, lo zio è allibito, ma io non posso fermarmi.
Fuggo via.

Non so dove i miei piedi mi portano, so solo che entro in un negozio e prendo una bottiglia di latte.
Il commesso è un tipo allampanato, sgorbutico.
Mi mancano 2 centesimi e lui si mette a blaterare sul fatto che non è la sua politica lasciare perdere e mi dice di lasciare posto agli altri.
Dietro di me un tizio strano, con occhiali scuri e i capelli lunghi legati dietro, sbatte sul bancone una confezione di birre.
Poi spinge un espositore di accendini e lo fa cadere dietro il bancone.
Mi fermo a guardarlo, so cosa sta facendo, l'ho visto in un milione di film.
Il commesso lo guarda -ma sei scemo?-esclama. Poi si abbassa a raccogliere tutto e lascia la cassa aperta.
Il tizio prende velocemente tutti i soldi dell'incasso, poi mi vede.
Mi lancia la bottiglia di latte che non ho potuto comprare, poi scappa via. Io resto lí a guardare, il commesso inizia a sbraitare e a inseguirlo.
- fermatelo -urla. Si volta verso di me
- ragazzino mi dai una mano?
Alzo le spalle - non è la mia politica.
Lui corre dietro al tizio, io vado dall'altra parte. D'un tratto però sento uno sparo. Mi avvicino e non riesco a credere ai miei occhi, zio Ben è a terra, ricoperto di sangue.

A casa un agente parla con zia May, le chiede se riconosce il tizio dall'identikit e lei dice di no, l'uomo le dice che se lo aspettavano, visto che aveva tutta l'aria di una rapina finita male. Se ne occuperà la polizia. Quando mi passa accanto per andare via gli chiedo il foglio, lui me lo da.

Occhiali scuri e capelli lunghi legati dietro. È il ritratto del tizio al negozio. È colpa mia. E io lo troverò.

 E io lo troverò

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