Chapter 5

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Rientrai a casa sospirando quando sentii il familiare tepore accogliermi. Chiusi la porta alle mie spalle provocando un leggero tonfo e mi affacciai oltre l'entrata.
-Papà? Sei a casa?- nessuna risposta. Andai in cucina e controllai l'orario, erano le otto e mezza, doveva essere tornato da lavoro da un pezzo, non saltava mai la cena. Salii in camera mia e misi il cellulare ormai scarico in carica, per poi controllare i pochi messaggi non letti: due dalla mia migliore amica, ai quali avrei risposto dopo, e uno da mio padre.
Scusa tesoro, mi hanno trattenuto a lavoro, non aspettarmi per cena.
Ci rimasi leggermente male, ultimamente lavorava spesso e non lo vedevo quasi mai. Mi mancavano le serate padre-figlia che organizzavamo quando mia madre andò via. Ordinavamo una pizza e guardavamo i polizieschi in televisione, non era tanto, ma era speciale e migliorava il mio umore.
Bloccai il cellulare e scesi in cucina, poi aprii il frigorifero per decidere cosa mangiare. Presi dell'insalata e mi lavai le mani nel lavello della cucina, poi cominciai a condirla distrattamente. Non avevo molta fame, mangiare di meno per una sera non sarebbe stato un dramma. Cucinai anche della pasta a mio padre, che appoggiai nel microonde, pensando avrebbe avuto fame una volta tornato a casa. Mangiai velocemente guardando un noiosissimo telegiornale, senza prestargli troppa attenzione, avevo altro a cui pensare. Una volta finito lavai i piatti e lasciai un biglietto a mio padre, poi tornai in camera. Mi sedetti sul letto controllando i messaggi di Marylin.
Non puoi capire cos'è successo!
George mi ha chiesto di uscire!
Risposi con un semplice 'sono felice per te' e mi sistemai sotto le coperte. Mi sentivo leggermente in colpa per il mio atteggiamento freddo, ma quel giorno erano successe troppe cose. Mi addormentai senza neanche accorgermene, pensando ad un ragazzo dagli occhi azzurri e il naso perfetto.
***
Seguivo annoiata la prima lezione della mattina, disegnando ghirigori a caso agli angoli del quaderno. Non riuscivo a concentrarmi sulle parole dell'insegnante, ero troppo stanca. Corsi letteralmente fuori dall'aula al suono della campanella, cercando Marylin per passare del tempo insieme e farmi raccontare tutto sull'appuntamento. Magari in quel modo sarei riuscita a distrarmi.
-Ma che fine avevi fatto?- mi chiese non appena la incontrai. Si preoccupava sempre per me.
-Ero solo stanca, nulla di importante- sforzai il sorriso più falso del mondo. Non volevo annoiarla con i miei problemi, il suo sorriso faceva capire tutto della bella serata che aveva passato e non volevo spegnerlo. Se glielo avessi detto l'avrei fatta preoccupare inutilmente e poi l'avrei messa nei guai. Non potevo farlo. Parve accorgersene, ma la interruppi prima che inziasse a parlare.
-Come è andata ieri sera?- le chiesi mentre passeggiavamo in giardino. Il suo sorriso si allargò, facendo sorridere anche me. La sua allegria era talmente contagiosa che per un attimo mi dimenticai di tutto.
-È andata benissimo. Abbiamo mangiato fuori e abbiamo parlato tanto. È davvero simpatico, è così carino! Ci siamo baciati.
Parlò velocemente e con voce acuta senza smettere di sorridere emozionata. Cominciò a raccontarmi tutti i dettagli, mentre io non facevo che annuire e sorridere qualche volta. Ero davvero felice per lei e meritava il meglio. Passammo il resto della mattinata insieme, seguendo le stesse lezioni e pranzando. Ci separammo solo all'ultima lezione, lei aveva inglese e io storia. Mi sedetti al penultimo banco, aprendo il libro e cominciando a ripetere, quando una figura si avvicinò a me. Anche senza guardarlo capii subito chi era.
-Sei libera stasera?- alzai piano lo sguardo, incontrando quei profondi occhi blu che mi tormentavano da giorni.
-Uhm... sì. Perché?- mi guardò come se avessi fatto la domanda più stupida del mondo.
-C'è una festa a casa di un mio amico. E noi due abbiamo fatto un patto.- mi limitai ad annuire riportando lo sguardo sul libro, intimidita da quello sguardo che sembrava leggermi l'anima.
-Passo a prenderti stasera alle otto.- disse prima di andare a sedersi. Mi chiesi come facesse a sapere dove abitavo, ma poi mi ricordai della sera in cui mi aveva accompagnata a casa. Era stato così gentile e premuroso. Ora invece, era freddo e distaccato.
Dopo la lezione, uscii da scuola e mi diressi verso casa a piedi. Non avevo voglia di prendere l'autobus, e casa mia non era poi così lontana. Una volta entrata in casa, posai lo zaino accanto alla porta e mi diressi in cucina, dove trovai mio padre ad apparecchiare. Lo salutai con un bacio sulla guancia e mi lavai le mani, poi cominciai ad aiutarlo.
-Ho ordinato il sushi, spero non ti dispiaccia.
Evidentemente cercava di farsi perdonare per la sera prima, sapeva quanto amassi il sushi.
-Va benissimo- dissi sedendomi davanti a lui. Cominciammo a mangiare con il telegiornale di sottofondo.
-Stasera esco, vado ad una festa.- dissi dopo lunghi attimi di silenzio. Cominciai a chiedermi quando il nostro rapporto aveva cominciato a raffreddarsi. Sospirò.
-Va bene- disse infine. C'era qualcosa che non andava, ma capii al volo che non aveva voglia di parlarne.
***
Aspettavo con ansia le otto, ma il tempo sembrava non passare mai. Mi ero preparata per bene, mi sentivo molto più carina.
Quando sentii suonare il campanello, mi fondai di sotto nella speranza che mio padre non andasse ad aprire, ma il destino non fu dalla mia parte. Mi aveva preceduta. Restò confuso ed imbarazzato davanti al ragazzo sconosciuto, massaggiandosi il retro del collo. In altre circostanze quella situazione mi avrebbe fatta ridere.
-Ehm... sono venuto a prendere sua figlia- Luke parve ancora più imbarazzato di mio padre. -La camicia nera e gli skinny del medesimo colore fasciavano il suo corpo alla perfezione. Avrei voluto sparire. Gli porse la mano- io sono Luke.
-Andrew- si presentò mio padre stringendogliela. Li interruppi cercando di svignarmela al più presto.
-Uhm...allora noi andiamo. Ciao papà- dissi prima di sparire dietro la porta. Seguì un silenzio imbarazzante, poi mi aprì lo sportello della sua auto. Quando entrai fece il giro della macchina e si posizionò alla guida, poi partì. Il viaggio proseguì in silenzio. Non sapevo davvero come aprire una conversazione.

Quando bussammo alla porta, un ragazzo ubriaco ci aprì la porta, prima di sparire tra la folla. La puzza di alcol e fumo mi fece storcere il naso. Raggiungemmo i suoi amici in salotto, che sedevano lontani dagli sguardi indiscreti trafficando droga. Salutarono Luke con cenni del capo o pacche sulla spalla mentre prendevamo posto accanto a loro. Si fece passare quella che sembrava una semplice sigaretta, cominciando a fumarla.
-Tu vuoi qualcosa, dolcezza?- mi chiese uno di loro. Scossi velocemente la testa facendolo ridacchiare. Mi sentivo molto a disagio in quel mondo completamente diverso dal mio. Luke parve accorgersene, perché posò quello che stava fumando e mi trascinò sulla pista da ballo.
-Ti va di ballare?- annuii mentre lo guardavo vagare lo sguardo alla ricerca di qualcuno.
-Va...va tutto bene?
-Sì- sembrò riprendersi. Cominciammo a ballare, dire che ero imbarazzata èun eufemismo. Dovevo essere arrossita, mi sentivo le guance in fiamme. Ad un tratto sembrò aver visto qualcuno e, dopo pochi secondi parlò.
-Baciami.- restai stupita, credendo di aver capito male.
-Cosa?
-Baciami ho detto. Fa parte del patto.
Quando vide che esitavo, mi prese per la vita e mi baciò attirandomi a sé. Le sue labbra si muovevano morbide contro le mie, facendo scattare qualcosa nel mio stomaco. Sentivo le mie gambe molli, come se non reggessero il mio peso. Quando si allontanò, vidi che una ragazza ci guardava indignata, come se avesse subìto un torto. A quel punto capii, voleva solo farla ingelosire. Mi sentii ferita, senza neanche capirne il motivo, dopotutto era solo un patto.
Luke's pov
Cercavo Céline con lo sguardo mentre ballavo con America, impaziente di far vedere a quella stronza che mi aveva lasciato cosa si stava perdendo.
-Baciami.- dissi ad America quando la vidi. Sembrò stupita.
-Cosa?
-Baciami ho detto. Fa parte del patto.- dissi prima di prenderla e baciarla. Rimasi sorpreso dalla morbidezza e dal sapore delle sue labbra, che mi mandavano in tilt il cervello quasi quanto il suo profumo. Chiusi gli occhi lasciandomi trasportare da quella sensazione paradisiaca. Quando mi resi conto delle stupidaggini a cui stavo pensando mi allontanai, quasi sorridendo dopo aver visto l'espressione di Céline. Mi parve di vedere della delusione negli occhi di America, ma probabilmente la stavo solo immaginando.
#spazioautrice
Perdonate gli errori, questa è la prima vera storia che scrivo e sono ancora inesperta. Tuttavia, spero vi piaccia xx

Toxic|| Luke Hemmings (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora