Fui ricoverata in clinica, non sapevo per quanto, iniziai a contare i giorni, le settimane e i mesi, sapevo solo che non volevo arrivare a contare gli anni della mia "prigionia".
Farò un esempio banale e scontato ma io mi sentivo come una principessa, io stavo li nella mia torre inespugnabile, circondata da un fossato con dentro un terribile mostro come l'anoressia, aspettando un principe azzurro che venisse a salvarmi che riconobbi come la figura della morte.
Avevo troppa paura per farla finita da sola, così volevo lasciarmi morire di fame, io non volevo stare in clinica, ma non avevo intenzione di fare un qualsivoglia progresso, la mia unica via di fuga alla situazione era la morte, pensandoci non sembrava una bruttissima idea, avevo già il mio migliore amico nel mondo degli spiriti, perchè non unirmi a lui?
Per un semplice fatto non potevo morire, perchè non sarei mai potuta riunirmi a lui, a questa conclusione ci arrivai dopo 4 mesi segregata in una stanza ospedaliera, io ero segregata li, faticavo a reggermi in piedi e ricevevo nutrimento attraverso una canula, un semplice raffreddore mi causava febbre e dolori, era faticoso persino respirare.
E così me ne stavo li sul letto, tutto il giorno a pensare o a ignorare i miei pensieri.
Una sera stavo pensando, anzi era tardo pomeriggio e non avevo ancora cenato, si avvicinava il giorno del mio compleanno, era circa la metà di settembre, e stavo affacciata alla finestra a pensare.
Ho pensato che anche se fossi morta non mi sarei unita a Sam per un semplice fatto, non credo nella vita dopo la morte, mi spiego meglio, non sono religiosa, non credo ad un paradiso, un inferno, al nirvana, ai campi elisi o a qualsivoglia posto di beatitudine o dannazione eterna, credo che dopo la morte ci sia il nulla assoluto, il nero, ma non so nemmeno se ci sia quel nero o se ci sarà, perchè sarò morta, non potrò provare più nulla. Come se ti venisse chiesto "dov'eri prima di nascere?" oppure " cosa provavi prima di nascere?" , cosa risponderesti se qualcuno te lo chiedesse?Non provavi nulla, perchè non esistevi, non so dov'eri, non eri da nessuna parte immagino;
e così per la morte, io non proverò più nulla, non esisterò più, non so dove sarò e probabilmente non sarò in nessun posto se non fisicamente al cimitero.
Ci aggrappiamo all'idea di un Dio che ci promette vita eterna, citando il film "Dio esiste e vive a Bruxelles" "non ce vita dopo la morte, il paradiso è questo, qui sulla terra".
Penso che dovremmo cercare di vivere al meglio la nostra vita, perchè nessuno ci assicura che ce ne sia un altra, abbiamo solo una vita, perchè buttarla in un ospedale a soffrire a causa propria? Perchè nessuno mi ha obbligato a soffrire, ero li a causa mia.
E così quella sera, per la prima volta in quattro mesi e 5 giorni mangiai quasi tutto un piatto di pasta. La ricordo come uno dei piatti migliori della mia vita, sentii il sapore di ogni singola molecola di pasta e di ragù, ero così felice e impaurita allo stesso momento, da una parte incolpavo me stessa del fatto che stessi mangiando e non morendo, ma dall'altra sentivo in me una sensazione di libertà, di tanto agognata forza. Davvero potevo stare così bene anche se mangiavo? La risposta era indubbiamente Si.
si, si e ancora SI! Rimasi sveglia quasi tutta notte, avevo deciso che potevo addirittura permettermi di andare a trovare le altre ragazze, in quei mesi mi avevano visto di rado in classe o in bagno o in mensa, perchè si, frequentavo "la scuola" o per lo meno l'insegnamento che ci impartivano in clinica, non volevano rimanessimo indietro con lo studio, confidavano sempre in noi e nella nostra capacità di stare meglio.
fatto sta che quella sera, piena di forze in corpo, presi le carte da UNO e mi diressi verso la sala comune, all'inizio sembravano stranite "che le degnassi della mia presenza" aveva commentato una sottovoce, eppure ero li, avevo deciso di cambiarmi e spogliarmi del mantello dell'invisibilità nel quale mi ero avvolta, avevo soprattutto deciso di uscire da li, sana e felice, forse l'idea di un momento di follia, ma la migliore idea che mi sia mai venuta in mente.
le carte da UNO restarono tutta sera nella tasca della mia felpa, io restai in disparte a osservare chi come me era li, me ne stetti in silenzio tutta sera, però le ascoltavo, non capivo la maggior parte dei loro discorsi, ma le ascoltavo e facevo tesoro di tutto quello che dicevano, erano le prime vere parole che sentivo da quando ero li, mi parlavano i medici, la psicologa, i miei genitori e chi di tanto in tanto si faceva vivo per dirmi come andava la vita di tutti i giorni al liceo, ma non sentivo così tante parole, dette da così tante persone da ormai 4 mesi.
tutte le sere dopo quella andai a trovare le altre ragazze in sala comune e giorno dopo giorno iniziai dapprima a salutarle e poi a parlarci timidamente, fino a quando mi feci delle vere amiche.
al sesto mese di prigionia, vedendo i miei progressi mi tolsero la canula, potevo mangiare cibo normalmente senza alcun bisogno di supporto.
Avevo categoricamente vietato alla dottoressa di dirmi quanto ero aumentata ogni volta che andavo a far controllare il mio peso, lei poteva dirmi solo se era felice o se era triste di me, diceva sempre che era un sacco felice.
alcuni giorni però il cibo facevo fatica a masticarlo, persino a vederlo, alcuni giorni sembrava di essere ritornata all'inizio del ricovero, mi tremava la mano e masticavo molto lentamente per evitare di mangiare troppo. Fortunatamente pasti come quelli non erano nella norma, capitavano una o due settimane dove mangiavo senza il minimo senso di colpa e iniziava a rinascere in me un vago sentimento di felicità, appena sottile, come se il ghiaccio stesse iniziando a sciogliersi.
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delicate mind
RandomDiario di un'anoressica. La vera storia di come una me 14enne si è spinta oltre cercando la perfezione.