Prologo. Piut Principe Perduto

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Il lampo illuminò l'oscura foresta travagliata dall'acquazzone dando al giovane Piut una fugace immagine dell'ambiente circostante. Stava rannicchiato sulla biforcazione di una solida quercia, e per un attimo ebbe una completa visione del branco di lupi dalle storte gambe e orecchie mozzicate che circondavano l'albero, aspettandolo tranquilli sotto la pioggia.  

Il tuono che seguì quel lampo iniziò con un breve brontolio e poi si squarciò in un boato secco. Piut sperava quasi che i lupi si spaventassero, ma le bestie non sembravano per niente nervose: ogni tanto qualcuna tentava la scalata al tronco, arrivando a schioccare un morso a qualche spanna dalle sue gambe.

Piut non aveva pianto, né l'avrebbe fatto. Simon, l'unica persona che si era occupata di lui, almeno a sua memoria, gli aveva insegnato a non piangere in battaglia. Si poteva farlo per una donna o per la morte di un amico, diceva Simon, ma non bisogna piangere davanti a un nemico.

E ora si trovava in una battaglia. Fra lui e i lupi. Non che avesse molta speranza: era dalla sera prima che si trovava fra quelle fronde e la mattina sarebbe presto sorta. E in un momento qualsiasi si sarebbe addormentato, magari perdendo l'equilibrio.

Rabbrividì, più al pensiero di quell'eventualità che per il freddo, seppur pungente. Un'altra saetta, un altro sguardo al branco di belve sempre sotto la quercia.

Questa volta il tuono arrivò un po' più in ritardo. Contò fino a cinque prima di sentire il cupo lamento del cielo in lacrime.

Al lampo successivo, Piut, pieno di speranza, contò fino a sette: buon segno, il temporale si stava allontanando. Simon gli aveva insegnato a contare il tempo che passa fra il lampo e il tuono per capire se il temporale fosse in arrivo o in partenza. Lui l'aveva sempre messo in pratica, anche per scongiurare quella leggera paura che l'assaliva a ogni boato celeste.

Le gocce si fecero sempre più rade, fino a quando non ne passò più neanche una fra le foglie. Continuava a piovere, comunque.

Piut puntellò per bene le gambe contro il tronco, piegò un ramo prospero di fogliame dietro il capo e si legò con la cinghia dei pantaloni al ramo più grosso. Quindi decise di chiudere gli occhi. Aveva troppo sonno e decise che morire dormendo era meglio che sopravvivere con gli occhi pesanti.

Il sogno di YoppaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora