Parte 1: Uno Strano Sogno

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Yoppa non aveva voglia di alzarsi. Si girò, chiuse forte gli occhi, provando a ripiombare nel sonno, ma ebbe ancora quello strano sogno che lo fece svegliare di soprassalto.

Saltò giù dal suo letto di ruvido lenzuolo imbottito di paglia scricchiolante, si vestì dei suoi panni senza soffermarsi troppo a sceglierli, guardò con attenzione se era tutto a posto nella sua casetta di legno lucidato con cura. Poi raggiunse l'apertura di fronte, da dove poté ammirare il panorama di foresta bagnata dall'acquazzone della notte prima, adesso luccicante per i primi raggi del sole che brillavano sulle goccioline sparse ovunque.

Yoppa era più felice che l'acquazzone fosse passato piuttosto che per la giornata di sole a venire. Anche nella foresta avrebbe fatto troppo caldo e a lui la cosa non andava a genio.

Inoltre pensava ancora a questo sogno che si ripeteva durante il sonno e non lasciava i suoi pensieri neanche da sveglio. Non ne era spaventato, solo preoccupato. Ora sarebbe toccato a lui un lavoro lungo e difficile, lui che per natura e per mestiere sapeva come oziare meglio di chiunque altro.

Uscì dalla sua casetta dopo aver tirato su qualcosa da sgranocchiare lungo la via e prese il viottolo che si dirigeva verso un punto della foresta a lui ben noto. Trotterellando arrivò al limitare della piccola radura rotonda attorniata da aceri e castagni, dove gli animali passavano in silenzio e anche il sole non faceva chiasso. Nessuno avrebbe mai osato disturbare Chemonte, il grande, saccente, arguto, anziano,  ma non vecchio, mago della foresta.

Yoppa, avvicinandosi alla radura, si sorprese a pensare con ironia al grande mago e al silenzio che circondava quell'area della foresta. Lui era il più irrispettoso, fra tutti, forse l'unico che non aveva paura di Chemonte, neanche quando questi faceva mostra di arrabbiarsi.

E forse era per questo che Chemonte stesso l'aveva preso in simpatia, ovviamente senza confessarlo mai apertamente, e continuava a spiegargli le cose, a insegnargli a leggere pergamene e manoscritti, lo chiamava fonti di saggezza, preziosi quanto rari. E lui aveva sempre più imparato a rispettare quel vecchio per quello che era, come maestro saggio e come guida, piuttosto che per la fama delle sue magie.

Chemonte stesso aveva svelato a Yoppa alcuni dei sortilegi più semplici ed efficaci. Ma si era rifiutato di fare lo stesso con gli esperimenti più complessi, nascondendosi dietro frasi strane e lunghe scuse sulle richieste di uno Yoppa curioso solo quando non costava fatica.

Da un paio di settimane, però, aveva scorto in Chemonte segni di stanchezza: la voce un po' più tremolante, il passo un po' più malfermo, le dita meno salde. L'unica cosa che continuava a funzionare in tutta la sua gloria, pensava Yoppa, era la lingua, oltre alla memoria.

- Yooooppa! Brutta tartaruga di mare affogata in un barile di melassa, sei sempre in ritardo! Se aspettando te avessi piantato del grano, a quest'ora staremmo mangiando pan fresco!

Quel vecchio sta bene anche oggi, pensò sornione Yoppa.

- Il tuo sorriso sembra uno squarcio di spada alemanna in un sacco di crusca, e ci sono più cavalli nel cielo che denti sani sulle tue gengive.

- Auguro buona giornata anche a te, mio caro vecchio Chemonte.

- Sai, o sacco di allegra spavalderia scansafatiche, che il tuo spirito mi colpisce come la puntura di un insetto può infastidire il torrione principale del castello del Barone. E sarò anziano, ma non vecchio!

- Ho ancora avuto quel sogno, sai...

Chemonte si fece un attimo serio, guardando un punto fisso davanti a sé, poi riprese i suoi vaneggiamenti: - ...scommetto che ieri sera hai di nuovo ingurgitato litri di birra tiepida, magari accompagnandola con la solita scorpacciata di noci, mandorle, castagne, bacche, lamponi,  prugne, uva, nocciole, ghiande, corbezzoli e qualsiasi altra rotondità che assomigli a roba mangereccia.

- Dico sul serio, mio anziano Chemonte.

- E non continuare a darmi del vecchio, che mi ricordo da solo. Sappi comunque, o mio decrepito estimatore, che il mio ultimo respiro sposterà le ceneri delle tue ossa e i miei occhi si chiuderanno sulla tua tomba ingiallita dal tempo e putrefatta dalle termiti.

- Che mi consigli di fare, dunque?

- Chi ascolta i propri sogni non è stolto, ma è stolto chi sogna di essere ascoltato.

- Non sei contrario?

- Se tu mi volessi veramente ascoltare, non avresti già deciso di fare quello che solo tu sai di voler fare.

- Quindi tu non vedi problemi, vero?

- Il futuro non ti riserva nessuna sorpresa se vivi il presente come un dono e sei pronto a tutto.

- Allora vado, Chemonte?

- Vai a combattere un Barone e non hai spada, vai a fronteggiare un esercito e non hai scudo, vai a salvare una fanciulla e non sei neanche alto come un uomo vero...

- Uno gnomo non ha nulla da invidiare a un uomo, a meno dell'altezza.

- Una graziosa donzella ti indicherà cosa invidiare a un uomo, Yoppa.

Il sogno di YoppaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora