Capitolo 03

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Era bellissima.

La più bella ragazza che avesse mai visto.

Avrebbe voluto parlarle e chiederle come mai: tutti avevano pensato che fosse opera sua, la nevicata estiva.

Jack si appoggiò al cornicione della finestra della stanza di Elsa.
Sembrava pensierosa.
Forse era a causa della piccola rosa che le aveva regalato.

Lei non lo vedeva.
Non poteva sentirlo.

È normale Jack.
Lei non crede in te.

Ormai pensava di averci fatto l'abitudine, ma il fatto che fosse proprio "lei" a non credere lo faceva stare male.

Sentì come lo stomaco stretto in una morsa dolorosa.

Doveva far in modo che credesse, ma senza spaventarla.

Ci sono riuscito con Jamie, no?

La finestra non era completamente chiusa.
Gli venne un'idea.
Creò nella mano dei piccoli cubetti di ghiaccio per poi lanciarli sul pavimento di legno della stanza.

Avevano incise delle lettere, come i giocattoli per i bambini.

Vide la ragazza sussultare per il rumore.
Era ancora assorta nei suoi pensieri.

Dopo di che la guardò avvicinarsi.
Quando lei fu a pochi centimetri dai cubetti, li mosse.

Questi crearono una semplice parola: "Ciao"

Elsa per poco non svenne, ma la curiosità doveva essere tanta, che bastò a sorreggerla. Jack sorrise.

<C-chi sei?>

I cubetti non si mossero.

<Sei tu che mi hai regalato la rosellina?>

"Si"

La vide cercarla con la mano nella sua tasca.

Trovandola, la tenne sul palmo con gentilezza.

Sorrise.
Il cuore del ragazzo perse un battito.

<Come ti chiami?>

"Jack Frost"

<Jack...>

Lo sussurrò appena.
Jack si accorse che gli piaceva, sentirla pronunciare il suo nome.

Gli piaceva la sua voce.
Melodiosa e dolce, come il suo viso.

Doveva agire.
Subito.

Forse avrebbe creduto.
C'era quasi.

Era la sua occasione.

Spinse la finestra, spalancandola.
La neve entrò con lui formando un piccolo tappeto bianco sul pavimento.

Quando vide che c'enera abbastanza, smise di fluttuare e vi appoggió i piedi sopra.

In teoria, lei ora dovrebbe vedere solo le impronte dei miei piedi.

L'espressione di lei mutò in un'istante.
Era terrorizzata.
Quasi pietrificata.

Non era quello che sperava.
Il ragazzo non aveva pensato che lei non era più una bambina, ma dopo tutto lui aveva a che fare solo con loro.

Jack vide lo spazio tra loro due ghiacciarsi e riempirsi di accuminate punte di ghiacchio.

Non sono stato io.

L'origine sembrava essere i piedi di Elsa.

Non poteva crederci.

Allora era vero.

Anche lei controllava il ghiaccio.
Qualcosa in lui scattò.

Doveva farla credere in lui ad ogni costo.
Non avrebbe avuto altre occasioni.

Fece fluttuare i cubetti di ghiaccio dal pavimento, di nuovo alla sua mano.
Li trasformò in una rosa con il gambo lunghissimo.
Una rosa perfetta in ogni minimo dettaglio.

Poi piano, con l'aiuto della magia, la mandò a lei.
Passó sopra le punte accuminate e Elsa la prese tra le mani.
Ipnotizzata dai mille colori che rifletteva.
La osservò molto a lungo.
La vide sorridere leggermente.

Le punte di ghiaccio si sciolsero.
Lasciando un'enorme pozza d'acqua sul pavimento.

Jack provò a parlare.
Forse ora poteva sentirlo.

<Non voglio farti del male.>

Lo sentì. Lo capì dallo sguardo.
Guardava fisso le impronte dei suoi piedi, ma sembrava essere più calma.

<Perchè non ti vedo?>

<Perché ancora non credi del tutto che io esista. Con le persone adulte è più difficile.>

<Che cosa vuoi dire?>

<Che i bambini ai fidano ciecamente di quello che vedono.>

Qualcosa cambió.
Vide la sorpresa nei bellissimi occhi azzurri di lei.

Vi era una nuova luce.
Ora erano puntati sul suo viso, non sul pavimento.

Stavano cercando i suoi.
Sentì un formicolio alla nuca e un brivido, quasi piacevole, percorrergli la schiena.

In quel momento capì.
Lei lo vedeva.

Come cade la NeveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora