Capitolo Uno - Lavender and Thyme

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Giaceva a terra, immobile, perfettamente al centro del Cerchio di Guarigione, costruito con foglie di lavanda e di tiglio per conciliare il suo sonno. A queste, erano aggiunte della Valeria e della camomilla per calmarlo, e, per proteggerlo da eventuali attacchi, al Cerchio erano stati applicati sale, alloro e timo.

Dal suo braccio, ferito poco prima in uno scontro inaspettato, sgorgava il suo sangue, sporcando il pavimento. La ferita era profonda, da essa si riusciva a vedere qualche osso spuntare al di fuori di essa. Lui non era cosciente ma, nel suo stato di coma temporaneo, si sentiva come se mille coltelli di ferro lo stessero attraversando.

Si muoveva poco, sotto lo sguardo vigile e serio delle sue sorelle, che non potevano far altro che aspettare il suo risveglio e sperare in una sua pronta guarigione. La lesione non era facile da curare, si trovavano lì da ore a sussurrare parole sconnesse per attivare il processo.

Dalle foglie di lavanda si innalza un alone rosa che avvolgeva il ragazzo, oscurandone il corpo, seguite da quelle di tiglio. Phoebe assottigliò gli occhi, tentando di valutare i danni riportati dal fratello, ma tutto ciò che riuscì a scorgere furono solo le sue gambe, alle prese con dei movimenti sconnessi. Poche volte avevano effettuato questo processo, data la loro immediata guarigione, per questo motivo la ragazza non seppe sé i movimenti fatti da suo fratello fossero un presagio negativo o positivo.

Con lo sguardo annoiato dalla situazione, la strega si mise in piedi, passando le mani sui suoi pantaloni per scostare la polvere accumulatasi. Tutto ciò si svolse sotto gli occhi indignati e severi di sua sorella Tabitha, che criticava ogni sua azione.

Phoebe era stufa di tutto ciò, non poteva far nulla che sua sorella era lì, pronta a rimproverarla per il suo comportamento irrispettoso verso i valori della propria famiglia, che – a dirla tutta – a lei poco importavano. Riteneva che la vita fosse troppo breve per sprecarla nell'imparare libri e libri di formule che, con tutta probabilità, non sarebbero servite a nulla.

«Tuo fratello sta morendo» il tono grave con cui Tabitha pronunciò quelle semplice parole fece cadere Phoebe in uno stato d'angoscia anche se sapeva che il fratello sarebbe ritornato in perfetta forma dopo pochi giorni, dopotutto non era alle prime armi, sapeva come affrontare questo tipo di problemi: non era la prima volta che un membro della famiglia Aceveds cadesse in un coma temporaneo, anzi, tutto il contrario.

Sospirando, la ragazza fece qualche passo in avanti, dirigendosi verso la cucina. L'appartamento dove alloggiavano era troppo piccolo per tre persone, possedeva solo un bagno ed la maggior parte dei letti presenti erano distrutti. Ma non si lamentavano, come le altre, quella era solo una sistemazione temporanea prima che venissero stanati dai cacciatori e costretti ad andarsene. «Sei troppo negativa, sorellona. Vedi con gli occhi dell'amore» le disse, aprendo il frigorifero in cerca di qualcosa da mettere sotto ai denti ma constatando, con sua somma delusione, che l'unico cibo presente era uno yogurt con pezzi di fragola, per giunta scaduto. «In questo momento desirerei molto avere del gelato nel freezer»

«Non ti capisco, Phoebe. E' un momento di tristezza e tu desideri del gelato? Non potresti desiderare che Anwar continui a vivere?» la ragazza roteò gli occhi, chiudendo il frigo con forza, producendo un rumore forte che diede fastidio a Tabitha, facendo sì che le sue mani si posassero sulle orecchie per alleviare la sensazione.

«Sembra che chiunque un tempo avesse un desiderio, improvvisamente desidera essere desiderato da un differente desiderio, che ha il desiderio di desiderare di non essere desiderato per il bene del desiderio... no?» parlò velocemente, confondendo i pensieri di sua sorella che, per qualche secondo, non furono rivolti ad Anwar, ancora dormiente. Ridacchiò, coprendosi le labbra carnose con una mano curata: per Phoebe l'aspetto esteriore era una delle cose più importante in una persona. Sarebbe potuta facilmente passare per una persona superficiale, ma non si sarebbe mai avvicinata ad una donna oppure ad un uomo che non avesse avuto cura di sé stesso. «Lascia stare, Tabitha, è troppo complicato da capire» la snobbò con un gesto della mano, terminando le sue risa.

Si avvicinò lentamente al corpo inerme del fratello, ignorando le occhiate severe che sua sorella le stava rivolgendo. Si abbassò a tal punto da riuscire a scorgere il suo viso, che, coperto dalle foglie di lavanda, risultava quasi di porcellana. Anwar e Phoebe si somigliavano molto, fisicamente, ma caratterialmente era tutta un'altra storia: il fratello minore prediligeva la calma e, dalla sua famiglia, lo distingueva la saggezza, mentre sua sorella era una persona confusionaria e pensava poco alle conseguenze, fino a quando non avvenivano e le provava sulla sua pelle.

Oltrepassò con il braccio lo scudo di lavanda, sentendo la freschezza avvolgere la parte immersa. Sembrava fatto d'acqua, ma, con tutta probabilità, si trattava solo di un'illusione causata dalla leggerezza in cui si sentiva portata. Schiaffeggiò la guancia di Anwar mormorando imprecazioni contro di lui. «Andiamo fratellino, svegliati e guardami!» gli strinse il naso, in un tentativo di farlo smettere di respirare e scatenare in lui una reazione, forse si sarebbe alzato. «Oh, Anwar! So che dormi un sacco, ma potresti anche rispondermi!» lo stuzzicò, queste provocazioni lo avevano sempre fatto imbestialire ma anche questa tecnica non sembrava dare i frutti sperati.

Si allontanò da lui con il braccio gocciolante e un'espressione delusa. Ogni sua prova era andata in fumo, così come stava andando in fumo la speranza di un imminente risveglio di Anwar, che sembrava messo peggio di prima: il sangue continuava a fuoriuscire mentre, la puzza di esso, iniziava ad inondare tutto l'appartamento.

Si portò la mano priva d'acqua sotto al naso, mutando la sua espressione da delusa a disgustata. Sull'arma che aveva ferito suo fratello doveva esserci stata una sostanza non ancora identificata dalla loro famiglia. Mai si era verificato un avvenimento di questo tipo, gli altri stregoni Aceveds feriti in questo modo, prendevano conoscenza dopo sole tre ore, mentre Anwar non sembrava dare segni di miglioramento.

«Dobbiamo trasferirci» disse Tabitha, stringendo il ciondolo che portava al collo. Era lo stemma della loro famiglia: la prima lettera del loro cognome, decorata con diversi fiori che Phoebe non era mai riuscita a riconoscere.

«Dimmi qualcosa che non so» le rispose «Dobbiamo andare in America, anche se mi dispiace lasciare Madrid... e tutti i suoi fusti. Hai visto quello alla discoteca ieri? Che muscoli, no?»

«Phoebe...» la rimproverò con tono canzonatorio.

«Lo so. Oltre a questo dobbiamo scoprire chi ha fatto questo ad Anwar, sono sicuramente cacciatori, ma voglio sapere i nomi»

Un rumore le distrasse dal discorso che stava avvenendo, si voltarono repentinamente verso la fonte del rumore: Anwar era sveglio, gli occhi spalancati che erano il ritratto del terrore, la lesione si era rimarginata, lasciando dietro di sé solo una cicatrice. Mormorava un nome che, solo dopo attento ascolto, risultò chiaro alle orecchie delle sorelle. «Dean Winchester, è stato lui, o meglio, i Fratelli Winchester, loro mi hanno fatto questo.»


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Ed ecco a voi il primo capitolo di Bed of Lies, la figaggine di questa storia sta prendendo forma e speriamo vivamente che vi piaccia.

Fateci sapere cosa ne pensate, votate e scriveteci i vostri pareri in un commento, sono ben accette anche le critiche costruttive.

E niente, un bacio e alla prossima!

Lila & Rose.

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