Cap. 17

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Chat stava lottando con tutte le sue forze contro Papillon, parando ed evitando i fendenti del suo bastone.

«Smettila di lottare, il tuo tempo è quasi scaduto.» esclamò l'uomo, preparando un altro colpo. «Dammi il tuo Miraculous e forse ti risparmierò.»

Papillon attaccò nuovamente l'eroe con il bastone, che venne fermato con l'asta di metallo dell'altro, spingendosi a vicenda e costringendo i due ad avvicinarsi, lanciandosi occhiate intimidatorie.

Guardò il ragazzo dritto negli occhi, esaminandoli: esprimevano odio e rabbia nei suoi confronti malgrado il sorriso divertito, ma in fondo c'era gentilezza e passione per le cose che faceva.

Com'era ironico: i suoi erano spenti, ma riusciva a leggere quelli degli altri.

Quegli occhi verdi molto simili a quelli di sua moglie.

L'uomo sgranò gli occhi quando l'immagine della sua amata apparse accanto all'eroe mascherato, notando fin troppa somiglianza tra i due; una strana sensazione percorse il corpo ed i sensi dell'uomo, ma non gli fece perdere la presa sul bastone e gli fece continuare il duello con il suo avversario.

Riuscì a cancellare la sensazione che aveva avuto ripetendosi nella mente che era impossibile e che Chat Noir non era in alcun modo connesso a sua moglie.

«Perché fai questo? Perché rendi le persone tue schiave per toglierci i Miraculous?» chiese Chat, contrastando la forza di Papillon e risvegliandolo dai suoi pensieri.
«Voglio il potere assoluto, tutto qui.» rispose, spingendo con più forza verso il biondo, sentendo le braccia iniziare a fargli male.
«Non credo che tu sia come i classici malvagi che lo fanno per divertimento, devi pur aver uno scopo più profondo: vendetta, amore, famiglia.»

L'uomo ringhiò, spostandosi a lato e colpendo il felino alla schiena con il gomito, facendolo cadere a terra con un tonfo sordo.

«Non devo spiegare le mie ragioni ad un moccioso qualunque.» esclamò, puntandogli il bastone alla gola.
«Primo: io ho quasi diciotto anni; –disse a fiato corto, ghignando– secondo: ti consiglio di girarti.»

L'uomo mascherato fece per girarsi, ma lo yo-yo di Ladybug lo colpì sulla mascella, facendolo cadere a terra; la ragazza si precipitò a soccorrere il suo partner, aiutandolo ad alzarsi.

«Chat, come stai?» chiese preoccupata, dandogli una rapida occhiata, sopratutto alle ferite che aveva sul viso.
«Nulla che un po' d'amore e di ghiaccio non possano curare, My Lady.» rispose alzando il pollice, segno che era tutto ok, quando il suo Miraculous suonò per la seconda volta. «Mi mancano tre minuti.»
«A me quattro, dobbiamo sbrigarci!» esclamò la corvina, facendo scattare lo yo-yo fino a fargli sfiorare il pavimento.
«Quel tempo non basterà nemmeno per dirvi addio.» ringhiò Papillon rialzandosi in piedi, ignorando il dolore dov'era stato colpito. «Non volete darmi i Miraculous con le buone io li prendere a modo mio.»

L'uomo schioccò le dita e uno sciame di farfalle nere entrò nel capannone, investendo i due eroi quando il malvagio alzò il bastone.

Ladybug e Chat Noir si coprirono il volto con le braccia, non sentendo niente tranne che l'assordante rumore del battito d'ali delle farfalle; i due si cercarono a vicenda, non trovandosi.

All'interno del turbinio nero riecheggiò la voce roca di Papillon: «Dovevate saperlo che è impossibile battermi. Ora sarete partecipi l'uno della sconfitta dell'altro e non potete fare nulla per fermarmi.»

Lo sciame si divise in due, prendendo direzioni diverse, facendo allontanare i due eroi.

Ladybug cercò di liberarsi, ma le energie le mancarono: iniziò sentirsi debole anche se non stava lottando, come se le forze la abbandonassero, finché non cadde a terra quasi svenuta, solo allora venne liberata dallo sciame nero.

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