Cap. 14

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Marinette sperava che Adrien non venisse; che almeno lui si salvasse, ma allo stesso tempo desiderava riabbracciarlo e dirgli quanto lo amava.

I polsi gli bruciavano e le facevano male per lo sfregamento e la stretta eccessiva delle corde, ed era sicura che quello che aveva sentito fino a pochi minuti fa colarle dalle dita era sangue.

Voleva che quell'incubo finisse non appena avesse riaperto gli occhi.

Invece, ogni volta che si guardava in giro, vedeva soltanto i ruderi di quel vecchi capannone, ormai sua prigione; fu Lila a distrarla dal luogo circostante, mettendosi davanti a lei e ghignando: «Guarda, guarda. La grande Ladybug messa alle strette.»

La corvina le lanciò un'occhiataccia –siccome non poteva parlare per il panno attorno alla bocca–, facendo ridere l'akumatizzata.

«Per tua fortuna non posso farti nulla, sennò, se fosse per me, in questo momento staresti soffrendo le pene dell'inferno per quello che ho provato io, solo fisicamente e tre volte peggio.» aggiunse, facendo apparire l'illusione di un coltello affilato nella mano, ma la ragazza non si scompose, continuando a fissare la nemica. «È vero: come ogni eroina che si rispetti, non t'importa se sei tu che subisci, l'importante è che gli altri siano salvi.»

Lila schioccò le dita, facendo accendere le luci che illuminarono una zona poco distante da loro, mostrando i genitori della corvina, Alya e Nino legati a delle sedie e imbavagliati.

La volpe li raggiunse, camminando dietro di loro come un animale feroce pronto ad attaccare.

Marinette si agitò sulla sedia, mugugnando, tentando di urlare di lasciarli stare, ma fu inutile; il dolore attorno ai polsi era insopportabile e sentiva il sangue scorrerle nuovamente caldo lungo le dita dalle abrasioni aperte, cadendo a terra in gocce cremisi.

«Da chi potrei iniziare?» domandò, giocherellando con il coltello tra le mani. «Magari prima dai tuoi due amichetti e poi dai tuoi genitori.» ghignò, puntando la lama nella coscia di Nino, che iniziò a sanguinare copiosamente, macchiando i pantaloni di rosso; urlò violentemente, mentre gli altri tre accanto a lui si agitarono.

Marinette iniziò a piangere, gridando nel bavaglio e scatenando le risate maligne di Volpina.

«Volpina.»

Una voce maschile richiamo l'attenzione di entrambe le ragazze: le due videro una figura di un uomo in abiti scuri e maschera a pochi metri da loro.

«Ben arrivato Papillon.» esclamò la mora, facendo spalancare gli occhi all'altra, che non smise di singhiozzare. «Se venuto per goderti lo spettacolo?»
«Sono qui per il Miraculous.»
«Che guastafeste.» bofonchiò l'akuma, schioccando le dita e facendo sparire i tre ostaggi.

"Era un'illusione..." pensò la corvina, non ancora tranquillizzatasi dall'accaduto, sopratutto per l'arrivo del suo nemico giurato.

«Dov'è Ladybug?» chiese rudemente, impaziente di vederla finalmente senza maschera.

Volpina si spostò di lato, mostrando Marinette al suo padrone; l'uomo trattenne un sussulto.

«Sicura che sia lei Ladybug?»
«Al cento per cento.»

Papillon continuò a fissare la corvina, per poi ghignare: «Sei stata bravissima, Volpina. Ora vai fuori e avvisami appena Chat Noir si fa vivo.»

Lila fece come ordinatole, saltando da un buco che c'era sul tetto grazie alla sua possibilità di volare, lasciando solo i due.

«Bene, bene. Finalmente ti ho in pugno, Ladybug.» esclamò l'uomo, camminando avanti e indietro. «Ma non avrei mai immaginato che tu fossi l'eroina di Parigi, Marinette.»

La ragazza sgranò gli occhi. "Mi conosce?" pensò, mugugnando come a chiederglielo; Papillon le tolse il fazzoletto dalla bocca, sentendo la domanda di persona.

«Come potrei non conoscerti. Ti conosco perché i tuoi possiedono una pasticceria accanto al liceo che frequenti, per il tuo talento nelle creazioni.» disse con tutta tranquillità, inginocchiandosi di fronte a lei per guardarla negli occhi, facendola impietrire.

Il suo sguardo era magnetico e spaventoso; incuteva curiosità e timore. Un ottimo mix per un cattivo del suo calibro, pensò lei.

Più lo guardava dritto negli occhi, più capiva che diceva la verità: la conosceva realmente e, quegli stessi occhi, le sembravano famigliari.

«Ti conosco perché sei la fidanzata di mio figlio.» aggiunse l'uomo mascherato dopo qualche secondo di silenzio.

Marinette sgranò gli occhi. Ecco dove li aveva già visti: erano molto simili a quelli di Adrien, anche se di colore differente. Lui era Gabriel Agreste.

Ora non sapeva se avere più paura di quell'uomo o più paura per suo figlio quando avrebbe scoperto che lui è Chat Noir.

«Adrien lo sa?» chiese semplicemente, non riprendendosi del tutto dalla sorpresa.
«Ovviamente no, ma ormai non ha più importanza: quando avrò preso il tuo Miraculous e quello di Chat Noir raggiungerò il potere assoluto.» disse, alzandosi in piedi davanti a lei.
«Perché vuoi ottenere questo potere?»
«Per riunire la mia famiglia.»
«Io non capisco. Potevi tenere la tua famiglia unita anche se tua moglie se n'è andata, e poi potrebbe tornare quando vuole.»

La ragazza tentò di farlo ragionare, ma anche lei lo sapeva: era dura cambiare una persona mentre aveva vissuto per tanto tempo in un modo.

«No, non può!» ringhiò Papillon, serrando i pugni. «La storia che sanno tutti è falsa: mia moglie non è scappata di casa, ma è morta in un stupido incidente stradale mentre era in viaggio in Tibet, investita da un ubriaco mentre attraversava la strada. Non avrei mai dovuto farla partire da sola. –l'uomo si portò una mano al viso, strofinandosi gli occhi lucidi– Un'altra cosa che nessuno sa è che era incinta del nostro secondo figlio da poche settimane. Ho voluto mentire per proteggere Adrien, ma alla scomparsa di mia moglie sono come morto dentro: non riuscivo più a vivere come prima; sono arrivato persino a detestare mio figlio, solo perché è identico a lei.»

Marinette lo guardò con le lacrime agli occhi: non poteva credere che malgrado ciò avesse continuato a lavorare.

Quasi lo capiva e lo compativa per essere diventato Papillon.

«Mi rintano nel mio ufficio, non esco più di casa e stavo facendo la stessa cosa con Adrien prima di accettare di fargli frequentare la scuola. Tutto questo solo per proteggerlo, perché temevo che anche a lui succedesse qualcosa di brutto. Se l'inferno esiste allora è la mia vita. Solo i Miraculous della creazione e quello della distruzione possono mettere fine a questa mia esistenza dominata dalla paura e dalla debolezza.»
«Gabriel...»
«Sai una cosa?» mormorò, interrompendola. «Tu le somigli. Caratterialmente intendo. Era da quando hai vinto quel concorso per il cappello a bombetta che ti ho messo gli occhi addosso e quando Adrien ti ha presentato a me sono stato felice per lui, perché tu puoi dargli la felicità come lei l'ha data a me.»

I due furono interrotti dall'arrivo di Volpina, che atterrò accanto al suo padrone: «È qua.»
«Perfetto. Ora tieniti pronta, Ladybug, sarai partecipe della vostra sconfitta.»


Chat Noir si trovava all'inizio del cantiere abbandonato, camminando attentamente verso il luogo scritto sul foglietto; poco dopo si trovò davanti al capannone indicato, stracciando il bigliettino e buttandolo a terra.

«A noi due, volpe dei miei stivali.»


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Ok, lo ammetto: mi piace lasciarvi sulle spine MUAHAHAHAHAH >:)

Papillon approves *lancia un akuma*

Il prossimo capitolo sarà quello decisivo ;)

Ciao a tutti :D

FrancescaAbeni

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