Capitolo due

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La vita di un Dottore è come una maratona: corri da una parte all'altra. Potresti tornare a casa a mezzanotte e venire chiamato all'una per un'emergenza; potresti fare due giorni di seguito senza mai chiudere occhio. Chi ci vede da fuori potrebbe pensare che è un inferno. Per me, semplicemente, è vita.

Ore 5:20, secondo giorno di lavoro
"Virgie hai passato tutta la notte in piedi, senza mai chiudere occhio. Cos'hai?" mi chiede Jade. "Ho visto morire una persona, al mio primo intervento; ecco cos'ho. Sono stata sveglia a pensare cosa poteva non essere andato per il verso giusto e credo di aver capito." mi alzo di scatto e vado verso l'armadio per cercare qualcosa da mettermi, per poi correre in ospedale. Devo trovare Derek. "Dove vai adesso!?" mi chiede ancora Jade, esasperata. "Devo andare in ospedale! E trovare Derek."
"Puoi prendere un taxi? Io ho bisogno della macchina. Lo sai che ti voglio bene Jade?" proseguo poi. Senza aspettare una sua risposta vado da lei per darle un bacio sulla guancia ed esco velocemente di casa sentendo che mi sta urlando dietro.

Cerco disperatamente un parcheggio e scendo velocemente dalla macchina. Inizio a camminare senza fare caso a dove metto i piedi e finisce che vado a sbattere - di nuovo - contro qualcuno. "Buongiorno eh." mi dice lui ridendo. "Ormai è questo il nostro modo di incontrarci?" continua.
"Cosi sembra." rispondo io, ridacchiando. "Senti...ho passato la notte sveglia a pensare a quell'intervento." vedo comparire sul suo volto un'espressione perplessa. "Penso di aver capito cosa non è andato." continuo.

Siamo ormai arrivati all'ingresso dell'ospedale; lo vedo che si appoggia con la schiena ad una colonna e mi incita a proseguire con il mio discorso. "Hai sbagliato..." pessimo inizio. Inarca un sopracciglio probabilmente stupito da quello che ho detto. "Cioè...credo che tu abbia sbagliato...cioè non penso che tu abbia sbagliato...magari non c'hai pensato, insomma...Dio." mi fermo, chiudendo gli occhi e prendendo un bel respiro. Dare la colpa al proprio capo? Non è il caso. "Ehi, respira e non farti venire un attacco di panico. Ho detto che sono arrogante, si, ma sono sempre pronto alle critiche; se poi penso che tu abbia torto, beh...puoi andartene dal mio corso." sentendo l'ultima frase e guardando l'espressione seria sul suo viso, penso di essere veramente fottuta; finché non scoppia a ridere. "Dovresti vedere la tua faccia in questo momento! Sembra che tu abbia appena visto un mostro." mi rilasso sentendo le sue parole e continuo il mio discorso. "Allora, secondo me è stata sbagliata l'entrata della sonda. Hai scelto la parte più delicata. Piena di capillari; era un attimo bucarne uno, e cosi è successo. Si poteva entrare dal fianco, dove si aveva una visuale maggiore. L'intervento sarebbe riuscito comunque, ma il paziente avrebbe avuto meno rischio di emorragia, ciò che, alla fine, si è verificato." lo vedo pensieroso, intento ad ascoltare ogni singola parola. "Vieni con me." mi dice, prendendomi per mano e trascinandomi non so dove.

"In questo posto mi esercito prima di un intervento, per essere sicuro di non sbagliare niente..."
"...a meno che non arrivi un'urgenza, come in quel caso." entro in una stanza piena di luce, con un tavolino dove sopra trovo un modellino di un cervello. "Mettiti al computer." mi ordina. "Osserva quando la parte si illumina. In quel caso, il paziente è morto. Proverò ad entrare nel modellino, con la sonda, in tutti e due i modi, per vedere cosa succede." dice poi. Si toglie la giacca, visto che in ospedale fa abbastanza caldo. Sotto indossa una camicia bordeaux. Arrotola le maniche fino ai gomiti e si apre i primi due bottoni. Distolgo lo sguardo concentrandomi solo ed unicamente sul computer e... "Din. Morto." esulto io, contenta di aver avuto ragione. Lui sarà arrogante, ma io non sono da meno. "Non cantare vittoria." mi dice, guardandomi male. Prova il mio modo e... "Din. Morto!" dice questa volta, lui. "Hai inclinato troppo la sonda. Posso provare?" chiedo io. "Prego maestrina." mi risponde lui, scherzando. Infilo la sonda in modo leggermente meno inclinato rispetto al suo e... "Bingo." dico io. "Il paziente è ancora vivo e siamo arrivati al tumore." proseguo, guardandolo con aria di sfida. "Battuto da una specializzanda Derek."
"Mi darai filo da torcere ragazzina."
"Non sai quanto." detto questo esco dalla stanza, lasciandolo con un'espressione che è un misto tra divertimento e stupore.

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