Capitolo 2

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La notte era trascorsa incredibilmente veloce, forse il merito era della stanchezza che avevo accumulato per tutto il lungo viaggio che non aveva tardato a farmi crollare letteralmente appena entrai in contatto con il morbido materasso della mia nuova camera, una camera arredata in maniera minimale ma confortevole. L'armadio a due ante sarebbe più che bastato ai miei pochi abiti, la finestra era abbastanza grande, tanto da permettere ai raggi del sole di illuminare completamente la stanza. Essi, dalle prime luci del mattino, entravano, infrangendosi sull'antica ed enorme scrivania che predominava la parete frontale al letto, una meraviglia su cui cominciai a fantasticare sulle intere giornate che avrei trascorso su di essa a scrivere i miei racconti.

Mi alzai di gran fretta, non avevo intenzione di perdere tempo prezioso. Volevo girovagare per gli svariati saloni che caratterizzavano la tenuta, nel silenzio più totale, perdendomi nei pensieri e nelle fantasie tipiche di ogni adolescente come me.

Non ebbi bisogno di vestirmi, il sonno mi aveva raggiunta prima che potessi indossare il pigiama, così afferrai il mio fedele taccuino e con esso mi addentrai nei meandri di quel posto che aveva tanto da raccontare a chi lo visitava.

Più ammiravo i dipinti appesi alle pareti, più riflettevo su quanta storia avessero fatto da testimoni. Sorrisi, un sorriso nato spontaneamente sul mio incuriosito volto, mentre i piedi sembravano ormai vagare da soli, frementi, bramosi di calpestare quell'inestimabile marmo dei pavimenti.

Varcai la soglia di un enorme salone, sollevando lo sguardo sul soffitto su cui predominava un antico e maestoso lampadario che sembrava il protagonista indiscusso in quel contesto.

Era in ferro battuto, con dei larghi cerchi che finivano per intrecciarsi nella parte centrale di esso, dando vita ad un disegno del tutto astratto, difficile da comprendere.

Corrugai la fronte e feci spallucce, continuando la mia visita con la speranza di trovare chissà quale segreto oscuro.

Mi sentivo quasi osservata, forse a causa degli innumerevoli ritratti che presenziavano i lunghi corridoi, finchè non mi trovai dinanzi ad una porta chiusa, stranamente, a chiave.

Come poteva essere che non potessimo averne libero accesso?In fondo mio padre era incaricato di studiare ogni angolo della villa ed ogni oggetto riposto in essa, così cercai di osservarne l'interno, sbirciando dalla serratura, senza però ottenere quanto desiderato, anzi, sobbalzai nel vedere qualcosa muoversi al suo interno.

Il cuore prese a battere in maniera irregolare e la mano strinse istintivamente il taccuino, stropicciandone qualche foglio. Posai la mano tra i lunghi capelli, fino ad accarezzarmi la fronte, rilassandomi e cercando di non viaggiare con la mente come ero solita fare. In fin dei conti non c'era nessuno oltre a noi a vivere lì, magari era solo qualche uccello entrato per sbaglio, o qualche sorta di tendone svolazzato per via di una finestra aperta. Decisi di non fissarmi su ciò, così continuai per il corridoio illuminato appena, giungendo fino alla fine di esso.

Mi sentii improvvisamente irrequieta, mi voltai di scatto come se qualcuno mi stesse fissando, schiarii la voce e tornai indietro, rimanendo però colpita da uno dei quadri lì presenti, rappresentanti una donna di una certa età, vestita a cerimonia o comunque in abiti antichi di indubbia classe. Fui come ipnotizzata dal suo dipinto sguardo, non riuscivo a staccarmi da esso e fu solo la voce prorompente di mio padre che mi fece tornare in me, così ne approfittai per correr via e metter fine a quel momento di puro disagio.

-Andrea?Andrea dove ti sei cacciata?La colazione è pronta!-

-Eccomi papà-

-Ma dove ti eri cacciata?Possibile mai che ti debbia chiamare in continuazione?-

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