CAPITOLO 3

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Era passato qualche giorno e dovevo ammettere a me stessa che questa tranquilla cittadina cominciava a piacermi. A scuola andava tutto abbastanza bene, il rapporto con i professori sembrava instaurato, un po' meno, invece, quello con i compagni di classe che non mostravano di essere molto contenti di avere tra i piedi una straniera.

Non avevo mai sopportato questa sorta di patriottismo da quattro soldi, come se l'intento di ogni vagante fosse quello di disseminare distruzione in giro per il mondo, ma ormai mi ero talmente abituata a questo tipo di comportamento che il più delle volte mi scivolava via e forse era questo il motivo che mi faceva prediligere il mio taccuino fidato alla vita mondana e ai sorrisi finti e di circostanza.

-Come sta andando, Andrea?-

-Bene papà...ieri sono stata interrogata dal professore di storia. Sembrava incredulo quando mi ha ascoltata. Dice che mai nessuno dei suoi alunni è mai stato così dettagliato nell'esporre un capitolo di storia-

Mormorai ridacchiando e scuotendo il capo, stessa cosa che fece mio padre, conscio del fatto che, strano ma vero, il merito era del suo lavoro se ero così brava in quella materia.

-E in quanto amici?-

- Tutto bene anche in quel campo, stai tranquillo...-

Non ero poi così brava a mentire e mio padre aveva la capacità di percepirlo a chilometri di distanza, ecco perché in quell'istante sentivo il suo sguardo fisso su di me, con il sottofondo di un silenzio quasi destabilizzante. Lo conoscevo fin troppo bene, sapevo che stava attendendo che dalla mia bocca uscisse la verità e io non riuscivo a non dirgliela.

-Ok, ok...non ho fatto molte conoscenze, se per "conoscenze" si intendono ragazzi miei coetanei, ma posso assicurarti che in compenso mi realizzo nel fare quattro chiacchiere durante la ricreazione con la bidella della scuola...oh papà, dovresti conoscerla, è una tipa così folle!-

Ridacchiai per mascherare ciò che erano davvero i miei pensieri a riguardo, ma nulla sfugge al cuore di un padre.

-Andrea...-

Mormorò in un sospiro, sedendosi al mio fianco e prendendo a versare altro latte nella mia ormai vuota tazza.

-So quanto sia difficile ricominciare ogni volta da capo, ma devi sforzarti di fare amicizia..non puoi isolarti ogni volta in questo modo..-

-Lo so papà, mi rendo perfettamente conto che sto scatenando la tua preoccupazione, ma io sto bene, non sento la necessità di fare amicizia..non ora...-

-Lungi da me insistere, ma...-

-Si, lo so, devo sforzarmi..-

-Ecco, brava..-

Baciò premurosamente il mio capo e cominciò a darsi da fare per quella immensa villa.

-A proposito papà..ho notato che c'è una stanza al piano di sopra chiusa a chiave. Non dovresti averne libero accesso?

La mia vena curiosa non poteva fare a meno di incuriosirsi al pensiero di ciò che quella stanza potesse nascondere.

-Chiamerò il signor Bernard e chiederò-

Rispose allontanandosi dalla cucina, mentre io presi il mio zaino e mi diressi a scuola.

Una volta arrivata, non potei fare a meno di sentire uno strano mormorio. Per la prima volta da quando ero arrivata a Chasseurs, l'attenzione non era destinata a me ma a due ragazzi , Arthur Fontaine e Charles Baltazar.

Mi avvicinai alla mia amica bidella, intenta anche lei a sentire le conversazioni dei ragazzi, così presi coraggio e chiesi spiegazioni in merito.

-Sandra, ma chi sono Arthur e Charles?-

-Oh, Andrea..sono i figli delle famiglie più importanti di Chasseurs. Ti do un consiglio, stanne alla larga..-

Corrugai la fronte, incuriosita da quella affermazione, per poi fare spallucce. Non ero certa intenta a trovare un ragazzo, figurarsi immischiarmi in questioni di "figli di papà".

-E' che ne stanno parlando tutti...come mai?Frequentano questa scuola?Perchè se è così, non li ho visti..-

-La frequentano eccome, ne sono i protagonisti indiscussi..-

Proprio in quel preciso momento fecero la loro entrata i due giovani. Per quanto fecero l'ingresso insieme, era chiaro che quei due non andassero molto d'accordo. Il loro freddo sguardo faceva intendere che i due avessero qualche questione in sospeso e forse la loro assenza scolastica ne era una valida motivazione.

Il corridoio si divise in due, un po' come le acque di Mosè. Il mormorio che c'era fino a un attimo prima, era cessato, lasciando incombere un silenzio inquietante che però, purtroppo, ruppi io con uno starnuto. Inutile descrivere la mia vergogna, tanto che infatti le mie gote divennero rosse. Proprio io che cercavo sempre di non dare nell'occhio, avevo lo sguardo puntato su di me di tutta la scuola, specie di quei due tipi. Il biondino mi sorrise, intenerito forse dal mio volto arrossito, mentre l'altro, il moretto al suo fianco, mi guardò alquanto in cagnesco. Quello sguardo lo avevo gia visto, uno sguardo che mi stava perseguitando da quando avevo messo piede a scuola e che non potei fare a meno di riconoscere e collegare alla più antipatica dell'istituto.

-Ma....-

-E si..-

Rispose Sandra, la bidella, quasi come se mi avesse letto nel pensiero.

-Il moretto, Charles Baltazar, è il cugino di quella stronzetta "so tutto io"..Elisabeth Baltazar...-

Quella ragazza sembrava portarmi rancore dalla prima volta che misi piede in questa scuola, la tipica bellezza prorompente, la ragazza che tutti reclamavano, quella il cui rispetto era agognato da ogni singolo abitante di Chasseurs.

Feci un respiro profondo, quasi uno sbuffo, convinta più che mai che l'arrivo di quei ragazzi non avrebbe fatto altro che complicare la mia permanenza in quella scuola. Afferrai i miei libri e voltai le spalle alla folla, decisa di raggiungere la mia classe il prima possibile ed estraniarmi dalla massa che non voleva altro che fare la lecchina con i nuovi arrivati.

Mi sedetti al mio solito posto e cominciai a scrivere in bella gli appunti, in attesa del professore di chimica, quando sott'occhio vidi una figura entrare in classe e passarmi accanto, sfiorandomi appena il braccio. Non so descrivere ciò che mi accadde in quel momento. Ebbi la sensazione di essermi catapultata in un altro posto, in un'altra epoca, uno scenario che mi si era palesato dinanzi agli occhi quasi come un sogno fulmineo. Scossi il capo per allontanare quei misteriosi e sconosciuti pensieri, sollevai lo sguardo e incrociai quello stranito del biondino, Arthur Fontaine.

-S-scusami...io..io non volevo..-

Disse lui

-D-di nulla...figurati..-

Non capivo cosa fosse accaduto ma di una cosa ero certa, qualsiasi cosa l'aveva vissuta anche lui e la sua espressione sconvolta ne era la dimostrazione.


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