Rae.

235 16 3
                                    

Sono passate tre settimane da quando ho discusso con Aaron e incontrato di nuovo mio fratello dopo anni, ed oggi sono ad Hyde Park per fare una corsetta e stare senza pensieri.
Domani dovrebbe arrivare Michelle a Londra, ed io non vedo l'ora: dobbiamo vederci da mesi ed ho bisogno di parlare faccia a faccia con lei di ciò che mi è successo in ospedale, visto che è stata all'oscuro di tutto.
Fermo la mia corsa quando noto una ragazzina di sei anni circa in mezzo al mio cammino, così decido di togliere gli auricolari e parlare con lei, visto che è da sola e non c'è nessuno nei paraggi.
«Ehi piccolina.» dico, inginocchiandomi alla sua altezza: oltre ai suoi capelli rossi, una cosa che mi colpisce particolarmente sono i suoi occhioni azzurri. «Come ti chiami?» chiedo, sorridendo dolcemente.
«Rae.» sussurra, guardandomi spaventata.
«Sai che anche io mi chiamo Rae, principessa?» dico retorica, alzandomi in piedi ed infilando il giacchetto che ho legato in vita per coprirmi le spalle.
«Sembri una principessa.» mi dice la piccola rossa, dopo qualche istante di silenzio in cui aveva scrutato il mio viso in silenzio.
«Oh, sei molto gentile.» affermo, sorridente, pensando all'aria principesca che devo emanare, dopo due ore di corsa. «Come si chiama tua mamma?»
«Sam, mia mamma si chiama Sam.» dice sicura, annuendo vigorosamente.
«E ti sei persa, piccola Rae?» chiedo, pensando alle coincidenze: si chiama Rae e sua mamma Sam. Lei annuisce di nuovo, guardandomi con gli occhi azzurri pieni di tristezza.
«Stavo aspettando il mio papà.» dice, cominciando a piagnucolare. «La mamma dice che lui ha trovato un'altra principessa di cui essere innamorato quindi ha abbandonato me e mia sorella.» continua a raccontare, le lacrime che le solcano le guance. «Ha detto che papà non ci vuole più bene.»
«Sono sicura che non è così, piccola Rae.» affermo sincera, abbracciando la bambina. «E sei qui da sola ad aspettare il tuo papà?»
«Sì, la mamma mi ha lasciata qui e non è più tornata.» piange di nuovo, e non posso fare a meno di stringerla, un po' indignata per la situazione: come può una madre abbandonare una ragazzina di appena sei anni nel bel mezzo di Hyde Park, raccontandole una frottola?
«Ti va di venire a casa mia?» le chiedo, sciogliendo l'abbraccio. «So fare i pancakes più buoni del mondo.»
Prima che la ragazzina possa rispondere però, una donna con un tailleur grigio corre verso di noi. Ha delle scarpe con un tacco non troppo alto ed indossa un paio di occhiali da sole dalla forma rotonda. Mi metto in piedi, sentendo le gambe dolere leggermente per essere stata accovacciata fin troppo tempo.
Alzo lo sguardo lentamente e riconosco in lei Sam Taylor.
Merda.
«Wylda Rae Taylor Johnson!» esclama infuriata, mentre la bambina si fa piccola piccola, nascondendosi dietro le mie gambe. «Quante dannatissime volte ti ho detto di non scappare via e di non parlare con gli sconosciuti?!»
«Mammina, questa principessa voleva invitarmi a casa sua per mangiare i pancakes!» esclama la bambina, mentre sento le guance andare a fuoco.
«Perché non vieni con la mamma e smetti di importunare questa bella ragazza?» chiede Sam, tendendo una mano a sua figlia, mentre io arrossisco all'inverosimile, pensando alla cotta stratosferica che ho per il suo ex marito.
«Oh non si preoccupi, sua figlia è molto carina, anche se ha la passione per le frottole.» affermo, guardando divertita la bambina, che mi fa segno di tacere, avvicinando il suo dito paffuto alla sua bocca.
«Mi dispiace davvero per mia figlia.» si scusa di nuovo la donna, mortificata. «Da quando suo padre se n'è andato non fa altro che combinare pasticci per attirare l'attenzione, e sono costretta a chiamarlo per ogni piccolo capriccio che fa.» spiega, guardando male la piccola, che subito mette su un visino triste.
«Non si preoccupi, davvero: mi piace molto sua figlia.» confesso sinceramente.
«Oh, ma che sbadata!» dice la donna, portandosi una mano alla fronte. «Sono Sam Taylor-Wood.»
«Raven Rae Watson.» dico, stringendo la mano che mi porge.
«Come la ballerina!» esclama, sorridendo ampiamente. Cerco di non alzare gli occhi al cielo dopo la sua esclamazione: a quanto pare la mia fama non mi ha mai abbandonata.
«Già, come la ballerina.» mormoro, stringendo i denti. Non ho mai amato le persone che me lo ricordino ogni volta.
La frase "come la ballerina" mi perseguita da quando mi sono ritirata dal mondo della danza, e non c'è cosa che mi irriti di più del sentirmi ricordare la mia vecchia vita.
«Vuoi un caffè, Raven?» mi chiede gentilmente Sam, mentre io smetto di fissare il vuoto.
«La ringrazio, ma stavo davvero per tornare a casa: ho un impegno.» affermo, mentendo. L'idea di passare dell'altro tempo con l'ex moglie di Aaron mi fa sentire strana, come se stessi facendo il doppio gioco. «Sarà per la prossima volta!»
«Ci conto!» esclama, prima di girare le spalle ed andarsene.
Wylda mi saluta con la manina paffuta, ed io scrollo le spalle, salutandola con la mano a mia volta. Smetto di osservarle soltanto dopo che hanno girato l'angolo.
Poi ricomincio a correre.

Stare in casa da sola mi è sempre piaciuto: l'idea di stendermi sul divano con un tea caldo tra le mani ed un film della Marvel sul mio MacBook mi ha sempre resa serena e felice.
Ma ultimamente non riesco a stare tranquilla: è come se riportare a galla il passato avesse fatto scattare in me una sorta di malinconia che non riesco a reprimere, perciò questa sera, mentre sono seduta sul mio divano in pelle blu, spero con tutto il mio cuore che l'arrivo di Mitchie in città riesca a farmi passare quella sorta di malinconia che ho addosso.
È sempre stata la cura a tutti i miei mali, quella ragazza.
Ci siamo conosciute per caso su un social network, e da lì è stato letteralmente amore a prima vista. L'ho vista crescere e sono cresciuta assieme a lei, ci siamo sempre bastate a vicenda e abbiamo sempre saputo ch'eravamo noi due contro il mondo.
Il campanello mi fa sobbalzare, ma ignoro ogni singolo trillo. Non mi va di vedere nessuno.
«Rae sono Aaron.» sento urlare dopo mezz'ora di trilli. Il cuore perde un battito, ma ignoro tutto. «Rae, aprimi, ti prego. Lo so che ci sei.»
Lo ignoro di nuovo ed alzo il volume delle cuffie che sto indossando. Il caso vuole che questa sia la scena in cui John* sta lasciando casa sua, ed io sono in una valle di lacrime.
«Mi manchi Rae, per favore, mi apri?» chiede da fuori, mentre io sento le guance piene di lacrime. Non so più se è per il film o per la sua presenza fuori da casa mia. «Sai, oggi sono stato da Sam, e mi ha raccontato l'ultima marachella che ha fatto Wylda.» racconta, mentre io mi asciugo gli occhi e tolgo il film dalla tv. «Ha raccontato ad una ragazza che Sam l'aveva abbandonata nel parco.» continua, mentre io mi alzo e mi trascino dietro il portone di casa mia, sedendomi davanti ad esso con la coperta avvolta addosso e la mia tisana tra le mani. «Quando ho rimproverato mia figlia, si è giustificata dicendo che la ragazza sembrava una principessa. Ha detto che portava un rossetto rosa acceso ed i capelli legati in una coda.» racconta, ed io accenno un sorriso, pensando a cosa era successo quella mattina. «E mi ha detto che si chiamava Rae.» sospira, ed io continuo a sorridere, rendendomi conto di quanto mi sia mancata la sua voce dopo tre settimane in cui non la sentivo. «E quando me l'ha detto mi sono reso conto che mi mancavi e che non ti vedevo da tre settimane. Mi sono reso conto di essermi comportato per tre settimane come un depresso del cazzo e me ne sono reso conto solo quando, una volta tornato a casa, Elizabeth mi ha quasi cacciato di casa.»
Mi alzo da terra e faccio girare la chiave di due mandate, visto che mi ero già chiusa dentro nonostante fossero solo le nove e mezzo. Lascio la cordicella di sicurezza attaccata, ed apro comunque la porta, chiudendo un occhio e spiando Aaron con l'altro.
È seduto contro il muro ed ha una bottiglia di birra in mano, la barba incolta ed i capelli talmente scompigliati che secondo me non hanno visto spazzola per almeno tre settimane.
«Wylda è davvero molto bella.» commento semplicemente, aprendo definitivamente la porta di casa mia. «E mi sei mancato anche tu.»
Lui sorride e si alza, un po' traballante a causa dell'alcol, e cerca di abbracciarmi.
Mi stringe forte e fa profondi respiri, mentre io sono paralizzata: che diavolo mi succede?



Buonsalve e buona domenica a tutte le care personcine che leggono e seguono questa storia! Spero stiate passando una buona domenica e che vi siate sfondati di cibo a casa di vostra nonna. Io purtroppo oggi non mangio da mia nonna, quindi niente stomaco in esplosione per me (sad story).
Spero che la storia vi stia piacendo, parlando di cose serie. 
So che molte delle persone che stanno leggendo questa storia probabilmente leggevano anche le mie vecchie storie e so che ne ho due in sospeso da secoli, but non ho ne voglia ne ispirazione per aggiornamenti vari ed eventuali, chiedo venia.

In questo capitolo però, parlando di questa storia, scopriamo qualcosa in più su Raven e sul suo passato. Come si è intuito anche dagli scorsi capitoli, facendo un attimo il punto della situazione, lei non ha bei rapporti con la sua famiglia e cela un passato da ballerina.
Se avete letto le altre mie storie, sapete che le protagoniste hanno tutte un passato da ballerina, e penso di essere diventata scontata sotto questo punto di vista.
Tornando a parlare del capitolo, vediamo comparire Sam Taylor-Johnson (purtroppo nel mondo reale è ancora Sam Taylor-Johnson e non posso farci nulla) e una delle due figlie di Aaron, che vedremo ovviamente comparire di nuovo nella storia, così come Elizabeth e Kevin.

Smetto di fare la persona logorroica, giuro.
Vi mando un bacio.
Wen xx

Drunk In Love || Aaron Johnson  [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora