JONATHAN LYCOS.

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Ancor prima che suonasse la sveglia ero già nuovamente in piedi... sicuramente la colpa di ciò era da attribuire all'ansia che anche mentre dormivo mi martellava il cervello, proponendomi sogni inverosimili e di difficile comprensione.
Mancavano un paio d'ore al fatidico momento in cui mi sarei trovata davanti la mia scuola, perciò ne approfittai per dare un'occhiata a ciò che avrei dovuto indossare: nulla poteva essere lasciato al caso.
-"pantaloncini corti? Meglio di no, non mi sembrano consoni... Jeans strappati fanno troppo look "da strada", meglio evitare di far girare voci strane il "pre-primo giorno"; magliette scollate o con le bretelline non se ne parla proprio, ma neanche a collo troppo alto stile suora..."-Nell'arco di mezz'ora avevo già riversato sul letto tutto ciò che avevo sistemato nell'armadio la sera prima e mi ritrovavo con le mani tra i capelli, con le idee più confuse di prima.

Decisi quindi di andarmi a fare una doccia, in modo da tranquillizzarmi... magari era proprio quello che ci voleva, una bella doccia fresca. 

Mentre correvo nuda dal bagno alla camera e nuovamente dalla camera al bagno cercando disperatamente il mio accappatoio (che sicuramente si trovava ancora infiocchettato nei pacchi) sentii mia madre urlare dalla sala:

-"Rebekah muoviti, tra massimo un'ora dobbiamo essere lì!"-

e quando mai non mi metteva fretta.. -"Sono quasi pronta"-

Una volta asciugati i miei lunghi capelli castani, mi infilai al volo un jeans nero ed un maglione bianco e corsi in macchina... ero stata ore ed ore ad impazzire per trovare qualcosa di carino da mettermi e alla fine mi ero ritrovata ad indossare la cosa più semplice che avevo, che cliché!


Da "casa" a scuola ci voleva pochissimo, ma quei pochi chilometri, passati tra l'altro a mangiarmi le unghie, quella mattina sembrarono lunghi interi continenti.
Stefano, che aveva deciso di accompagnarci senza neanche chiedermi se mi facesse piacere, parcheggiò l'auto fuori il maestoso edificio scolastico e ci fece scendere.

Arrivate in segreteria trovammo, dietro la scrivania, una giovane donna che ci lasciò i moduli dell'iscrizione da firmare, sorridendo a trentadue denti, facendomi sorgere il dubbio che stessi per firmare un patto col diavolo. Una volta ultimata la pratica vidi spuntare, da dietro una porta, un uomo alto e robusto con un cartellino molto appariscente sul petto, con su scritto: Sig. Marvol.

-"Tu devi essere la nuova arrivata, piacere sono Harnold Marvol, il preside della scuola"-

"aspetta aspetta, "Har" che? "Mar" cosa? Ma che nomi strani hanno qui?"pensai  -"Piacere mio, Hale, Rebekah Hale"- ... non so perché, ma lo dissi alla James Bond.

-"Mi ricordavo fosse domani il tuo primo giorno di scuola"-

-"Si in effetti lo è, ma volevo accompagnare mamma a firmare l'iscrizione in modo da poter vedere la scuola: è bellissima, complimenti!"

Appena finii la frase vidi mia madre che mi lanciava un'occhiatina divertita della serie "che lecchina", volevo sotterrarmi dall'imbarazzo.

-"Ma guarda che ragazza interessata che abbiamo qua, non ne vedevo da un bel po' sai? Qui gli alunni sembrano essere solo interessati al diploma finale, e alla ricreazione, ovviamente!"-

Stavo per rispondere, quando esordì con una delle idee peggiori che potessero venirgli in mente...

-"Vieni con me, ti presento la tua futura classe!"-

 -"Ehm io... ehm..."-

Speravo mia madre accorresse in mio soccorso, magari inventandosi impegni inderogabili, invece si limitò a farmi un sorriso, indicandomi poi con la mano che mi avrebbe aspettata fuori.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 04, 2019 ⏰

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