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I miei passi sono accompagnati dallo scricchiolio della neve.

Il paesaggio è così bianco da accecare lo sguardo.

Persino la il cielo è coperto di nuvole di un grigio così chiaro da rendere la luce fastidiosa.

Qui e lì vedo alberi spogli che spuntano dal terreno, come le dita contorte di un moribondo che chiede pietà.

Ovunque, solo rocce e morte.

Alla mia destra cammina un lupo, le larghe zampe che lasciano nitide impronte lungo il percorso, il muso affilato, lo sguardo attento, le orecchie che scattano continuamente in ogni direzione, pronte a cogliere il minimo rumore.

Ci siamo lasciati l'ultimo villaggio alle spalle circa due giorni fa, era completamente disabitato.

Non una sola traccia umana nelle case dalle porte spalancate, invase dalla neve trasportata dal vento.

L'unica nota positiva è stato il cibo che abbiamo trovato, carne secca e formaggio giallo.

Molto meglio di quello che c'era nel villaggio che abbiamo visitato prima.

In quella macchia di case spaurite non era rimasto nulla... oltre ai segni di lotta.

Chiunque sia stato a far sparire due interi villaggi e tutta la selvaggina della zona, ha fatto l'errore di lasciare delle tracce dietro di sé.

Tracce che io ho scovato, studiato e seguito fino a qui.

Impronte che non appartengono né a un lupo, né a un orso, con solchi lunghi, stretti e profondi e grandi come due mani di un uomo adulto messe una accanto all'altra. Le bestie che li hanno lasciati devono avere artigli così grandi da sembrare usciti direttamente da un incubo.

Un mio incubo.

L'ultima volta che ho visto dei segni uguali avevo tredici anni ed era la Festa del Raccolto.

Un branco di Lupi Mannari, conosciuti come il Flagello, si abbatté sul mio villaggio con una furia impossibile da arginare.

Erano in fuga, inseguiti dal Concistoro e dai suoi Guerrieri, ma non così spaventati da resistere alla possibilità di un lauto banchetto umano.

Era stato Faol a salvarmi, il mio migliore amico, il bimbetto che durante l'infanzia mi aveva tirato le trecce e fatto i dispetti. Lui, che crescendo, mi aveva fatto battere il cuore e provare desiderio a ogni suo sguardo.

Trascinandomi per un braccio, mi aveva nascosta calandomi in una botola sotto le assi del granaio, poi era corso via, in cerca di sua madre e dei suoi fratelli più piccoli.

Non lo avevo visto mai più, i Guerrieri erano arrivati all'alba e io ero andata loro incontro.

Unica sopravvissuta in un villaggio di trecento persone.

Avevano accatastato i corpi e li avevano dati alle fiamme.

Alcuni non erano ancora morti, ma i morsi riportati li avrebbero trasformati al sorgere della luna.

Avevano bruciato anche loro.

Io ero stata portata via dal Concistoro, entrando poi nell'Accademia e diventando così una guerriera a mia volta.

Ma questo era successo dodici anni prima, una vita fa.

Il lupo alza il muso e fiuta il vento.

Seguendo gli indizi che coglie nell'aria, viriamo bruscamente verso nord-ovest, lasciando il sentiero a mala pena visibile sotto la neve che continua ad accumularsi.

Ferania la città dei lupiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora