Galleggiavo nel nulla.
Le mie gambe fluttuavano ad un ritmo ondulatorio e confortante, eppure, come un eco lontano, sentivo il mio corpo bruciare ed urlare.
La testa mi pulsava e la pelle delle guance tirava.
Dove mi trovavo?
Mossi le palpebre per aprirle, ma, appena la prima scheggia di luce oltrepassò le fessure dei miei poveri occhi, sibilai di dolore, richiudendoli immediatamente.
Oltre ad essere ipersensibili alla luce, erano secchi, talmente tanto da sembrare che le palpebre fossero ricoperte di foglie d'ortica.
Azzardai un piccolo movimento col collo, cercando di risollevare la testa dalla superficie sconosciuta su cui ero poggiata. La base della mia nuca urlò offesa, assordandomi per un istante ed io ripiombai giù con un tonfo. Mi lamentai. Non c'era un solo punto del mio corpo che non facesse male. La testa mi pulsava come un tamburo e la pelle era così tesa che sembrava dovesse spaccarsi da un momento all'altro. Come se non bastasse la gola bruciava. Respiravo e buttavo fuori aria calda. La lingua si era attaccata al palato, rendendo impossibile deglutire, e la saliva era come sparita.
Cosa stava succedendo? Ad ogni gesto sentivo come se il mio corpo si stesse sgretolando. Perchè?
Avvertivo a tratti come una mano stringermi lo stomaco, artigliandolo senza pietà. Ogni secondo che passava e che riprendevo coscienza era un passo in più verso il dolore. A breve arrivai al punto di pregare di svenire di nuovo. Tremavo e piangevo, implorando che il dolore finisse.
Qualcosa di bagnato si infranse sulla mia faccia, inondandola così all'improvviso che la respirai.
Tossii un paio di volte, sputacchiando ciò che mi aveva investito e sulle labbra riscoprii un sapore famigliare: acqua, ma non solo... c'era anche del sale, molto. Fiutai l'aria e solo allora riconobbi quell'odore: salsedine.
Socchiusi gli occhi, stavolta lentamente per evitare il dolore, e, non appena focalizzarono i dintorni attraverso i bagliori brucianti di luce, un nuovo singhiozzo mi salì alla gola.
Due grosse distese azzurre, una più chiara e puntellata di sbuffi di fumo bianco e l'altra ondeggiante e più scura, con un unico lungo orizzonte a dividerle: un oceano.
Riconobbi nel mio appiglio galleggiante un pezzo di legno scheggiato e grezzo che mi pungeva dolorosamente in mezzo alle dita delle mani.
Le mie gambe che fluttuavano inerti nell'acqua, inutili ed ormai troppo deboli per compiere anche il più piccolo sforzo. La mia unica ancora di salvezza era già in condizioni disastrose, se una tempesta mi avesse sorpresa non sarei riuscita a trovare la forza di nuotare.
Il panico prese il sopravvento e di colpo la mia fronte diventò fredda. Tremavo. I dolori, che per dei brevi istanti erano stati rimpiazzati dalla sorpresa, tornarono a torturarmi.
Da quanto tempo ero dispersa? Come ci ero finita in quella situazione?
Non potevo essere lì da meno di un giorno, ma allora perché non ricordavo niente?
Disidratata, al limite della sopportazione fisica, abbandonata nel bel mezzo del nulla senza neanche un'isola a rompere l'orizzonte... eppure nessun ricordo prima di quel momento. Era come se fossi nata su quella trave.
La frustrazione montò così tanto che cercai di spalancare la bocca e lanciare un urlo, ma le labbra mi si spaccarono e la gola grattò, chiudendosi.
Ritirai le labbra e sentii il sapore metallico del sangue solleticarmi la lingua. Era orrendo, ma, nella mia disperazione, accettai il compromesso, lappando via quanto più riuscii a trovare, illudendomi di star mandando giù qualcosa di liquido.
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Kaizoku no Allegretto
FanficOltre la Red Line, nel mezzo del Nuovo Mondo, una strage distrugge la vita di un'isola e tre ragazzi sono costretti ad un lungo e travagliato esodo. Due mondi, da anni separati, si incontreranno sulla Grande Rotta, ed il segreto del Diavolo stesso r...