Shinya...Why?

4

Guren aveva dei ricordi confusi su ciò che successe dopo.
Rivedeva tutto in terza persona. In flashback. Come una pellicola rovinata trasmetta in un cinema abbandonato.

L'arma di Shinya senza Byakkomaru. I vampiri che se ne andavano. Poi il nero. Loro alla base. Lui che crollava e Baka-Yuu prontamente al suo fianco. Di nuovo nero. La camera di Shinya, vuota, aperta con il disordine del cecchino che regnava sovrano.
Ancora nero. Tanto nero. Troppo nero.
E, in mezzo al nero, ricordi.

Dov'era Shinya, ora ? Sapeva che Yuu e la sua squadra erano andati a cercarlo ma... erano passate quasi 24 ore e di lui non c'era traccia.

"Possibile che non abbia nemmeno un corpo su cui piangere ?" Guren si diede dell'idiota da solo. Shinya non poteva essere morto.

Shinya non era morto. E lui lo sapeva. Che volessero credergli o meno, lui sapeva che Shinya era vivo.

Aprì gli occhi, incapace di dormire.
Era in camera sua, anche se non sapeva come ci fosse arrivato lì.
Goshi, probabilmente. Si disse.
Spostò il viso, guardando la finestra. La Luna e le stelle brillavano sul cielo limpido. Era notte, realizzò.
Piena notte.

Piena notte ? Ironico come esso fosse il significato del nome di Shinya.
Guren si lasciò scappare un sorriso amaro.

Era inutile prendersi in giro. Rivedeva Shinya ovunque, in qualunque cosa. Anche quando l'Hiragi non c'era lui ne sentiva la presenza.

"Ti sei innamorato ?"
"Se fosse ?"
"Sarei contenta. E poi so che Shinya ti è sempre piaciuto, anche quando stavi con me."
"Non mi piace. Lo amo."
"Permettimi una cosa : GURESHIN IS CANON BITCHES !!"
"Eh ?"
"C'era chi diceva che la Gureshin non era canon. E invece..."
"Gureshin ?"
"Guren e Shinya. Come coppia."
"Ah. TU SHIPPAVI ME E SHINYA ?!"
"...sì (?)"
"Non ho parole. Ah, Mahiru..."
"Hum ?"
"Mi hai disteso i nervi. Grazie."
"Figurati."

Effettivamente era vero. Malgrado la costante preoccupazione per il cecchino era riuscito a rilassarsi quanto bastava per concedersi un paio d'ore di sonno.

Non sognò. Nè sogni nè incubi. Si sentiva come avvolto da una spessa coltre nera. Era... piacevole.

"Ti proteggerò sempre."

***

Ferid camminava per i corridoi dell'immenso palazzo. Non aveva la solita presenza arrogante, pareva più un adolescente spaesato.
I capelli lunghi, finalmente liberi, gli incorniciavano il viso e cadevano disordinati sulla schiena.
Gli occhi grandi e rossi avevano perso quella patina di freddezza spietata, colorati di una viva preoccupazione.
Si torturava nervosamente le mani, arrossate a causa delle lunghe unghie.

Si fermò davanti ad una porta.
Non aveva nulla di diverso dalle altre porte.
Non era l'armeria.
Non era la sala del trono.
E non era nemmeno la sala d'allenamento.
Era la stanza del tredicesimo fondatore.
Ferid avrebbe potuto percorrere quel tragitto ad occhi chiusi.
Sapeva anche quanti passi distanziavano la sua stanza da quella di fronte a lui. 235.

Si diede dello scemo per essere venuto fin lì. Per cosa poi ? Si era svegliato ed i suoi piedi l'avevano portato lì senza che se ne rendesse conto.
"Sono uno stupido." biascicò per poi voltarsi.
Troppo preso ad inveire contro sè stesso non si accorse che la porta si era aperta.
O meglio, non se ne accorse finchè non sentì due braccia stringerlo da dietro e la sua schiena appoggiarsi contro il petto dell'altro.

Chiuse gli occhi e piegò la testa di lato lasciando che i baci dell'altro calmassero il flusso eccessivo dei suoi pensieri.
Succedeva sempre così.

Eppure c'era una cosa nuova, ora.
Un terrore che si era insidiato ed aveva preso posto nel cuore del Settimo Fondatore.
Era raro che gli umani uccidessero un nobile, ma non era impossibile.

Cosa avrebbe fatto se Crowley fosse morto ? L'aveva strappato dall'abbraccio della morte una volta, ma non avrebbe potuto farlo di nuovo.

Non morire. Pensava, mentre si voltava per baciarlo.

Non ti lascerò morire. Pensava, quando le mani dell'altro gli scesero sui fianchi.

Ti proteggerò. Pensava, quando l'altro lo fece sdraiare sul letto.

Ti amo. Glielo sussurrò fra le labbra prima dell'ennesimo bacio.
Crowley lo strinse con forza, la risposta attenuata contro il collo dell'altro.