2

36 2 0
                                    

Connie e Arnagh si svegliarono a giorno inoltrato. Lei aveva la testa appoggiata sul petto di lui, che delicatamente le arruffava i capelli. Non indossavano niente sotto le pelli di pecora, e i corpi profumavano ancora l'uno dell'altra.

"Svegliati Amore mio" le disse lui. "E' giorno inoltrato, e sento gli uccelli che cantano al sole. E' primavera".

"mmmh..." fece lei, tentando di tirarsi le coperte sopra la testa.

"Vieni. Alziamoci." Continuò Arnagh, ma Connie si mise sopra di lui, e carezzandolo sul volto gli disse "ascolta uomo, tu che torni mentre fuori è buio e piove, tu che conduci la mia anima oltre le porte del paradiso e che porti infine il sole, tu...Non farmi alzare ora che sei tornato, ora che sono qui con te. Vuoi forse andartene di nuovo?"

Ancora una volta Arnagh sorrise.

"No. Questa volta sono tornato per restare, e questa primavera passeggeremo tra i campi di fiori, col profumo dell'erba a riempirci le narici.

Faremo il bagno nel folto della foresta, al vecchio lago di Connacht, e non ci separeremo più. Vuoi accettare una promessa da me?"

Connie lo guardò intensamente negli occhi, mentre il suo corpo godeva del contatto con quello di lui, dopo lunghe notti sola, con il freddo che bussava alla finestra e la solitudine come compagna.

"No, Arnagh. Non accetterò promesse da te... Se dovessi andartene, questa volta verrò con te."

Si guardarono ancora, forse valutando ognuno le proprie parole...

"Si, Amore. Hai ragione...non ti prometterò nulla... ma ora..." Arnagh si mise a sedere, scostandola da lui con delicatezza. "ora andiamo", disse, alzandosi e scoprendola rapidamente.

"Testone, fa freddo!" disse Connie tirandogli un cuscino, che lui evitò con un balzo.

"Ah, cosa sarei io?" disse Arnagh abbracciandola da dietro e baciandola sul collo.

"Sai benissimo quello che sei!" continuò Connie con l'aria imbronciata, ma si girò e si baciarono a lungo, illuminati dal sole che filtrava dalla finestra.

Infine si vestirono, e uscirono all'aria aperta. Le nuvole erano completamente scomparse, e la terra ancora umida gioiva dello splendore del sole. Corsero verso una collina che si trovava poco di fronte, scivolando sull'erba e cadendo,
rialzandosi e ridendo forte. Arnagh vi giunse per primo, ma Connie arrivò poco dopo. Si presero la mano. Dinanzi a loro si stendeva la terra di Roisin, una vasta distesa ondulata di prati e foreste, un oceano di verde spruzzato del colore dei fiori. Ad entrambi parve di sentire una musica sussurrata nelle orecchie, e si guardarono l'un l'altra vagamente stupiti. Poi si girarono, e guardarono la loro casa. Di legno, piccola, eppure suscitava delle forti emozioni in loro, che un giorno avevano deciso di costruirla. E col sudore della fronte avevano tagliato e segato gli alberi, ringraziandoli per la loro legna. Era splendida.

"E' meraviglioso..." disse Connie a bassa voce, temendo di rompere l'incantesimo. Arnagh annuì con la testa, poi indicò con la mano verso l'alto.

C'era un aquila, quasi confusa con il cielo blu. La guardarono con ammirazione, poiché essa è la regina dei cieli. Videro anche un cerbiatto, un cucciolo.

Tentarono di avvicinarlo, il cerbiatto non aveva paura dell'uomo e li guardava incuriosito: chissà che strane creature dovevano sembrargli. Poi Connie allungò la mano, e il cerbiatto si fece carezzare. Il suo bel pelo marroncino aveva qualche macchia bianca ed era bellissimo.

"Lo chiameremo A'manh" sussurrò Connie. Arnagh la guardò, sapeva che quel nome significava Fior di pesco, anche a lui piaceva. Decisero di

tornare verso casa per prendergli qualcosa da mangiare. Il loro nuovo amico li seguì per un po', poi decise di tornare nella sua foresta. Connie e Arnagh lo salutarono a lungo, con la mano alzata, e ripresero a correre verso casa.

Mancavano circa due miglia e impiegarono poco tempo a percorrerle.

La Canzone dei CeltiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora