L'uomo seguì con lo sguardo la ragazza che si stava sedendo distante da lui. La vide nascondersi il viso tra le mani e capì che stava piangendo.
Ammirava molto la sua compostezza e gli venne l'istinto di alzarsi per andare a consolarla ma si trattenne, e si limitò così ad osservarla. Il silenzio era rotto solo dai singhiozzi di Marina, che non riusciva ad arrestare le lacrime. Erano passati ormai tre anni da quando Valerio era morto, ma non riusciva ancora a toglierselo dalla testa e dal cuore. Percepiva la sua presenza dentro se stessa, come il sole caldo di un giorno d'estate. Andava spesso a trovarlo al cimitero. Gli parlava davanti alla foto, gli raccontava della sua vita, delle sue cose di tutti i giorni, di come le mancasse da morire.
A volte sembrava che Valerio le sorridesse, quasi volesse consolarla e farle capire che lui era sereno nel posto dov'era, ma quando tornava a casa la nostalgia di lui si faceva sentire in modo prepotente, e a Marina non restava altro che pensare ai pochi anni passati insieme, ai sogni che facevano per il loro futuro.
La giovane donna avvertì la presenza dell'uomo ancora prima di vederlo. Scostò le mani dal viso e guardò verso l'alto. L'uomo le stava porgendo un fazzoletto. La ragazza sorrise debolmente, poi si asciugò le lacrime e respirò profondamente due o tre volte. Quindi, ringraziò l'uomo che, intanto, si era seduto al suo fianco. Per qualche minuto nessuno dei due parlò. Alla fine, la donna si girò verso il ragazzo e gli chiese:
«Lei è Matteo Spezie, vero?»
L'uomo la guardò sorpreso. Subito non rispose, mentre nella sua mente cercava di ricordare dove avesse conosciuto la donna. Continuava a fissare i suoi occhi. Era la parte del viso della ragazza che più l'aveva colpito. Per qualche motivo la collegava al suo periodo di ricovero durante il trapianto del cuore. Dopo qualche secondo, rispose. La sua voce era bassa e calda.
«Si, sono io. Mi spiace, signora, ma non riesco a rammentare dove l'abbia conosciuta...»
In quel momento un'infermiera uscì dalla porta e chiamò a voce alta un cognome. Matteo vide la ragazza alzarsi e avvicinarsi all'altra donna, che le consegnò una busta. Marina la aprì con impazienza e, dopo averne letto il contenuto, respirò a lungo, profondamente. Chiuse gli occhi e disse qualche parola sottovoce, poi si girò verso l'uomo e gli sorrise. Matteo istintivamente si alzò e le si avvicinò, e come un fulmine nel cielo sereno ricordò chi fosse quella bella ragazza. Finalmente gli tornò alla mente la prima cosa che vide quando si svegliò dopo l'intervento. Erano due splendidi occhi castani che sembravano sorridergli da dietro una mascherina. Ricordava la sua voce, le sue parole che lo rassicuravano, lo confortavano.
Matteo le si avvicinò ancora fino ad essere ad un passo da lei. Le sorrise e le disse: «Ora ricordo. Lei è stata la prima persona che ho visto nella mia nuova vita. Prima del trapianto non avevo più speranze, di nessun tipo. Ogni giorno che passava poteva essere l'ultimo.»
Matteo abbassò lo sguardo per un attimo fissando il pavimento di linoleum poi, in un filo di voce, disse: «Avrei voluto tanto conoscere la persona cui devo la vita. So solo che era un ragazzo giovane...»
Marina vide di nuovo inumidirsi gli occhi dell'uomo. Istintivamente lo abbracciò. Matteo ovviamente non sapeva che dentro il suo petto batteva il cuore dell'uomo che lei aveva amato per cinque anni!
L'uomo ricambiò con dolcezza all'abbraccio. Poteva sentire il cuore della ragazza battere fortissimo. Dopo qualche secondo si staccò da lei e, guardando la busta nella sua mano, le chiese: «Ha avuto buone notizie?»
«Sì. Ottime, grazie. E lei, sta ancora aspettando il suo esito?»
Matteo la guardò. Gli occhi della ragazza erano luminosi. Si domandò se ci fosse un uomo ad aspettarla nella sua casa...
«E' solo un controllo di routine. Nulla d'importante. Posso ritirarlo anche un altro giorno.»
Marina corrugò la fronte in modo interrogativo. Matteo le sorrise e le disse:
«Posso accompagnarla..., dove è diretta adesso?»
La donna guardò l'uomo. Non sapeva cosa rispondergli. Di solito, a quell'ora andava a trovare Valerio al cimitero. Rifletté per qualche secondo, poi disse piano: «Sto andando a trovare un amico. Una persona che dovrebbe conoscere anche lei. Le garantisco che ne vale la pena.»
Matteo la guardò un po' perplesso: non sapeva cosa dirle. Fissò gli occhi della ragazza. Non capiva perché, ma sentiva che doveva andare con lei.
«D'accordo. La accompagno volentieri da quel suo amico. Come si chiama?»
«Valerio. Ed io mi chiamo Marina.»
Matteo le sorrise e con il braccio le fece cenno di precederlo.
S'incamminarono lungo il corridoio e uscirono insieme dall'ospedale. Fuori l'aria era più fresca ma gradevole. Matteo fece accomodare Marina nella sua automobile. Il traffico era come sempre caotico. L'uomo stava per accendere il motore, quando si girò per guardare la ragazza. Aveva gli occhi socchiusi e si era appoggiata sullo schienale. Sembrava tesa. La donna percepì lo sguardo dell'uomo. Si voltò a sua volta dalla sua parte e gli disse:
«Lei non può saperlo, ma sono tre anni che non salgo su un'automobile e sono un po' nervosa.»
Matteo non commentò, e si limitò ad annuire. La sua mente cominciava a mettere insieme i pezzi di un puzzle che piano piano si stava ricomponendo.
Per qualche minuto calò il silenzio tra loro. Poi, con delicatezza le prese la mano e, guardandola negli occhi, le disse:
«Marina, prima non ti ho chiesto il motivo del tuo pianto, però ora devo farti una domanda, che per me è molto importante, ma ho paura di ferirti.»
La giovane donna chiuse gli occhi, poi lentamente annuì con la testa.
«Che cosa vuoi sapere che già non sai?» gli chiese.
Quando riaprì gli occhi, Matteo era a pochi centimetri dal suo viso. Le prese la mano destra e la mise sul suo petto. Marina lo fissò intensamente, poi lo abbracciò e gli sussurrò piano all'orecchio:
«E' un cuore vigoroso, Matteo. Forte e generoso com'era il mio Valerio.»
Matteo la strinse a sé e le accarezzò i lunghi capelli. Rimasero così per qualche istante, mentre la ragazza piangeva sulla sua spalla. Infine la donna alzò il suo viso e, guardando l'uomo, gli disse:
«Andiamo, che qualcuno mi sta aspettando...»
Matteo la fissò, poi avviò il motore e partì verso il cimitero.
La ragazza si distese sullo schienale dell'auto e pensò a Valerio. Aveva salvato la vita di un bambino e altre vite con i suoi organi. Per lei quei tre anni erano stati un inferno. Ma ora, seduto al suo fianco, c'era una parte di lui, quella più importante: il suo cuore.
Guardò fuori dal finestrino verso il cielo azzurro. Era sicura che lassù, da qualche parte, Valerio la stesse guardando. Un angelo che l'avrebbe sempre protetta.
La ragazza sorrise. Finalmente il suo cuore era di nuovo libero di amare.
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