05. Primo Quarto

350 37 7
                                    

Knockin' at Heaven's door by Guns n Roses

Nico si stava facendo la barba: in piedi davanti allo specchio, petto nudo, capelli bagnati dopo la doccia, lametta in mano. Aveva ancora poco meno di un'ora per prepararsi prima che Leo lo passasse a prendere per il loro secondo appuntamento, e il ragazzo si era imposto di non pensarci perché durante quella delicata operazione il tremore alle mani avrebbe creato una fontana di sangue, e non poteva permettersi tagli in faccia per quella sera.
All’improvviso un trillo solitario e secco risuonò nell’appartamento, e Nico si chiese seccato chi dei suoi coinquilini fosse venuto ad infastidirlo. S’avvicinò alla porta in quello stesso stato, senza nemmeno posare la lametta ed l’aprì. La figura che gli comparve davanti però non apparteneva a nessuno dei suoi amici.
- Che diavolo ci fai qui? - La voce un gelido e tagliente sibilo, la pelle del volto ancor più pallida, i muscoli rigidi, la mascella contratta. Rabbia e sottile terrore presero il controllo nella sua testa.
- Ciao, fratellino.
Thanatos Shiver se ne stava poggiato allo stipite della sua porta in tutta la sua gelida bellezza da angelo caduto. Da lontano nessuno avrebbe notato le somiglianze tra i due: Thanatos era alto quasi due metri, spalle larghe e braccia muscolose, sembrava molto più grande di Nico, quando tra loro due c’erano solamente 5 anni di differenza. Da vicino però la somiglianza era evidente: stessi capelli neri, stessi lineamenti taglienti, stessa carnagione mortalmente bianca, stesse labbra fine. Gli occhi invece, sebbene fossero identici in forma e colore, erano molto diversi. Quelli di Nico erano grandi ed espressivi, a volte freddi altre dolci, mentre quelli di Thanatos possedevano un unica cosa: il gelo. Incontrare il suo sguardo era, per molti, paragonabile ad un tuffo nelle acque artiche, un’esperienza terrificante, che svuotava il cuore di ogni gioia e lo riempiva di autentica paura. Thanatos sembrava godere di questo suo potere, di poter congelare in quel modo l’anima di chi aveva davanti. Nico, dopo anni di convivenza, ormai vi aveva fatto l’abitudine, anzi aveva appreso quella stessa arte e la teneva nascosta come un’arma segreta.
- Sei stato in palestra? Non li avevi quegli addominali prima di andartene. – notò con una nota di divertimento nella voce.
- Ripeto: che diavolo ci fai qui?
- Ma come sei scortese, nemmeno mi fai entrare! Se fossimo nell’antica Grecia Zeus ti punirebbe aspramente.
- Non entrerai in casa mia finché non mi dirai cosa vuoi.
- Ma così, passavo per questa città per una commissione e ho pensato di fare un salto a salutare il mio fratellino.
- Non dire cazzate, non verresti a farmi visita neppure se ti pagassero. Ti ha mandato papà, non è vero? – Nico in cuor suo pregava disperatamente che la risposta fosse no, ma sapeva quanto fosse improbabile.
- Sì, mi ha mandato papà.
- Entra – sibilò il minore, scostandosi un poco dall’uscio per far passare il maggiore.
Thanatos fece il suo glorioso ingresso nell’appartamento, con calma si soffermò ad osservarne tutti i particolari.
- Affatto male, devo dire. Dove hai trovato i soldi per comprarti questa cuccetta?
- Tutti quelli del lavoro a Los Angeles.
- Mi piaceva quella pizzeria. E di che campi qui, invece?
- Lavoro part-time in una libreria, ma sono in ferie fino a lunedì.
- E l’università?
- Ho vinto la borsa di studio, ricordi?
- Oh, ma certo, e chi potrebbe mai dimenticarlo… - disse con ironia palpabile.
- Puoi sederti sul divano, se ti va.
Thanatos vi si gettò senza fare complimenti, e allungò le gambe su uno dei braccioli. – Comodo. Tu non ti siedi, fratellino?
Nico stava camminando nervosamente su e giù per il salone, e a quelle parole si fermò guardando il ragazzo con un misto di agitazione e desiderio omicida. – No, non mi siedo. Dimmi cosa vuole papà.
- Voleva sapere se stessi bene, in primis. Pare che non siate rimasti molto in contatto dalla tua fuga.
- Non è stata una fuga. Sono solo tornato a casa. Quella non è mai stata casa mia.
- Fa’ come vuoi. – disse il maggiore con un’alzata di spalle. – Comunque, voleva che mi accertassi che non fossi diventato uno spacciatore o robe simili.
- Se anche fosse, cosa gliene frega?
- “E’ pur sempre tuo padre.” – squittì con una vocina tutt’altro che virile. – Sappiamo entrambi che non può permettersi uno scandalo simile.
- Già, come farebbe se si venisse a scoprire che il grandissimo Hades Olympus è il padre di quel figlio di puttana spacciatore di Nico di Angelo?
- Ad ogni modo, posso dire quasi con certezza che non mi sembri entrato nel circolo della droga. Alcool e nicotina ti bastano, eh fratellino?
- Sta’ zitto, coglione, tu eri il primo a tornare a casa più morto che vivo dopo aver svaligiato un negozio di liquori. Se ho iniziato a bere è stato per colpa tua.
- Dovresti ringraziarmi, ti ho trovato un ottimo passatempo. – Gli fece l’occhiolino, per poi restare ad osservare per qualche istante il soffitto. – Si può fumare in questo appartamentino tanto carino?
- Si può. – Entrambi i fratelli tirarono fuori contemporaneamente i loro pacchetti di sigarette, stessa marca, le misero entrambi tra le labbra, di sbieco, in bilico su un lato, l’accesero con le stesse mosse, e tirarono due lunghe boccate, osservando le due nuvole di fumo che si fondevano. La mente di entrambi fece un breve salto all’indietro, a quando le notti d’inverno Hades non c’era e loro fumavano assieme poggiati al muro in cortile, condividendo una sigaretta come condividevano l’insofferenza reciproca ed il timore per il padre.
- Insomma, che altro vuole papà?
- Solo questo, che altro?
- Non giocare con me, Thanatos.
- Scusa fratellino, ma tu sei la mia bambolina preferita.
- Va’ a farti fottere.
- Con piacere, anche se credo che sia un privilegio riservato a te, finocchietto.
- Non solo a me. Te la fai con cani e porci senza farti troppi problemi su quello che hanno fra le gambe, non sono il solo ad avere gusti diversi dalla maggioranza.
Thanatos rise, con quella sua risata arida e crudele che faceva tanto venir voglia al più piccolo di mollargli un pugno sul mento per non farlo ridere più. Poi si zittì di colpo ed osservò il fratellastro, studiandolo.
- Tu stai per avere un appuntamento. Il secondo penso.
- Odio quando fai il detective.
- Ma avevo ragione, no?
Nico sospirò scocciato. - Si, avevi ragione.
- Come si chiama lui?
Con una punta di diffidenza Nico lo guardo negl'occhi. - Lo sto dicendo a quel ficcanaso di mio fratello o ad Hades?
Thanatos fece un mezzo sorriso. - Solo a me, il nome non uscirà da questa casa.
- Leo. Si chiama Leo.
- Carino?
- Molto.
- Beh, buon per te fratellino.
- Tu sei solo invece, non è così?
- Per scelta, lo sono per scelta. Io sono un Lupo Solitario, Nico. Credevo che lo fossi anche tu, ma mi hai stupito.
Nico alzò le spalle. - Non tutti i lupi solitari sono fatti per uluare alla luna soli. - Poi fece una pausa. - Ora dimmi cosa vuole il vecchio.
Thanatos sospirò. - Papà voleva offrirti un lavoretto.
- Di che tipo? – chiese, mettendosi ancora più sulle difensive. Suo padre aveva a che fare con pezzi grossi, roba non da poco, ma lasciava fare sempre agli altri il lavoro sporco, ai due fratelli compresi.
- C’è un tale, un vecchietto proprietario di una piccola officina qui a San Francisco che gli deve un po’ di soldini, ma che ops! Si è dimenticato di pagare.
- Non ho intenzione di minacciare nessuno.
- Ma non si tratta di minacce, fratellino! Solo piccoli avvisi, sai… per tutelare la sua sicurezza.
- Sono fuori da tutta quella roba, l’ho detto chiaramente a papà, non ho alcuna voglia di tornare a fare niente di simile. E poi perché lo chiede a me? Ci sei tu che esegui i suoi ordini come un cagnolino, perché dovrebbe farlo fare a me, che ho chiuso con tutto questo?
- Ah, io questo non lo so. Sono solo l’ambasciatore, io.
- E’ per farmi rientrare nel gioco. - pensò Nico ad alta voce. - Dopo questo me ne chiederà un altro, poi un altro ancora, ed un altro ancora… oh, mi spiace, ma sono uscito dalle danze!
- Ti pagherebbe, Nico. E bene.
- Non ho bisogno dei suoi sporchi soldi! – ringhiò. – Sto benissimo così.
- Ne sei sicuro, fratellino? Non credo che sarà entusiasta di questa tua risposta…
- Che vada all’inferno. – disse, spegnendo la sigaretta ormai finita sul portacenere vicino lo stereo. – Tornatene a casa, Thanatos, e se ti riesce, non farti più vedere.
- Nemmeno al ringraziamento? Sai per fare un bel pranzetto in famiglia…
- Sparisci.
Il ragazzo si alzò con eleganza, dirigendosi verso la porta, che Nico aveva aperto.
- E’ stato un piacere rivederti, fratellino.
- Un non piacere mio.
Thanatos si voltò e fece per imboccare le scale, quando si fermò d’improvviso, e tornò a guardare Nico, e per un attimo sul suo volto non comparve alcun sorriso beffardo, alcun gelo nei suoi occhi. – Spero tu possa essere felice in questa tua nuova vita, Nico. Te ne sei andato quando eri ancora in tempo… ogni tanto penso che avrei fatto bene a seguirti. Ma ormai ho perso la mia occasione. Ti invidio, sappilo. E… Mi dispiace di essere stato un fratellastro maggiore terribile, meritavi di meglio.
Nico era stordito. Solo un'altra volta l’aveva sentito parlare in quella maniera, una sera terribile, in ospedale, in una situazione più che spiacevole, quando pensava di stargli dicendo il suo addio. Stava facendo lo stesso? Gli stava dicendo addio un’altra volta?
- Non è un addio, idiota. Ci vediamo al ringraziamento.
Un mezzo sorriso volò sul volto diafano del maggiore. – Ci vediamo al ringraziamento, fratellino. – ed in men che non si dica volò giù dalle scale, lasciando Nico da solo, tremante, avvolto da dubbi, paure, rabbia, angoscia e persino una punta di rimorso. Sentiva le gambe deboli e fiacche, la testa girare, e dovette sedersi per cercare di fermarla. Si prese il capo tra le mani e chiuse gli occhi, cercando di non affogare in quelle sensazione che riconducevano come una strada a senso unico verso la sua vecchia casa.
Per la seconda volta in quel tardo pomeriggio Nico sentì il campanello suonare e perforargli le orecchie. Saltò in piedi e guardò l’orologio appeso al muro. Erano le 7! Leo lo stava aspettando, era lui a citofonare. Si accorse di essere ancora in uno stato pietoso, sia per quanto riguardi l’aspetto che tutto quel caos nella sua testa, ma non aveva intenzione di dar buca all’ispanico, alcuna intenzione. Alzò la cornetta del citofono e vi parlò dentro. – Leo?
- Nico, sono qui sotto, scendi.
- Senti, ho avuto un imprevisto…
- Ah. – La delusione risaliva dalla cornetta. – Allora torno a casa.
- No, fermo. Terzo piano, porta a sinistra, sali. – e premette il pulsante per aprire il portone.
Corse in bagno a finire di farsi la barba più velocemente di quanto avesse mai fatto, rendendola meno ridicola di quanto fosse prima, tagliata solo a metà, e quando posò la lametta sul lavabo, sentì bussare timidamente alla porta.
S’avvicinò ancora un po’ barcollante e l’apri. Leo era lì, emanava il solito calore bellissimo, e aveva tracciato sul viso il suo fantastico sorriso, con qualche tocco d’imbarazzo. Lo vide abbassare leggermente lo sguardo e diventare paonazzo, restando imbambolato. In quel momento si rese conto di non avere addosso la maglia.
- Oddio, scusami! Vado subito a mettermi addosso qualcosa.
- N-non c’è problema, fai con calma, tanto il panorama non è niente male. – mormorò facendosi sentire chiaramente, ancora intontito. Nico lo prese delicatamente per un braccio e lo tirò dentro, chiudendo la porta dietro le sue spalle.
- Insomma di che… di che imprevisto parlavi…?
- Siediti sul divano, Leo, arrivo. – disse facendogli un cenno e andando in camera sua a recuperare una maglietta, tinta unita nera, che infilò velocemente sopra gli skinny neri che aveva già indosso, per poi tornare subito dall’altro ragazzo. – Ho avuto una visita a sorpresa.
- Di chi? Ah, tra parentesi, stavi meglio senza di quella. – fece l’ispanico, che aveva obbedito al minore e si era accomodato.
Nico lo guardò, per poi sfilare l’indumento con una rapidità sorprendente e gettarlo da qualche parte nella stanza. – Non t’imbambolare di nuovo, però.
- Ci provo. – fece il maggiore, deglutendo a fatica. – S-stavi dicendo... Chi è venuto a farti visita?
- Il mio fratellastro, Thanatos. – rispose, lasciandosi cadere sul divano affianco a Leo. - Tra me e lui non scorre affatto buon sangue, e per di più è venuto per conto di mio padre.
- Direi che nemmeno con lui ci sia questo grand’amore.
- Direi di no. Mi ha fatto una proposta…
- Che genere di proposta?
- Niente, lascia perdere.
- Nico, perché ti tremano mani? – chiese.
- Io… non lo so, questo genere d’incontri con la mia famiglia mi rende sempre un po’ nervoso, la mia vita lì, mio padre… sono scappato da tutto quello eppure sembra sempre rincorrermi.
Leo lo guardava preoccupato. – Mi dispiace, Nico… c’è qualcosa che posso fare?
Il ragazzo italiano rimase qualche attimo in silenzio. – Potresti abbracciarmi?
Il maggiore non se lo fece ripetere due volte, e strinse fra le braccia quel ragazzo simile ad un ombra, strinse il suo corpo esile, strinse i suoi fantasmi, le sue ferite, lo strinse forte, e sentì ricambiare quell’unione. Sentì il petto nudo di Nico contro il suo alzarsi ed abbassarsi via via più lentamente, sentiva la sua pelle scossa dai brividi dove le sue dita la sfioravano leggere, sentiva il suo viso nascosto nell’incavo del collo, e si sentì completo.
I due Lupi Solitari avevano iniziato a cacciare insieme, ad ululare assieme alla stessa luna.
Dopo quella che apparve l’eternità più breve della storia i due si staccarono di qualche millimetro, giusto per riuscire a guardarsi negl’occhi, a perdersi uno nell’altro, a leggersi a vicenda, giusto per sentire lo sguardo lentamente scivolare sulle labbra, ed in un attimo trovarle sulle proprie.
In un gioco senza inizio e senza fine, i due si rubarono respiri a vicenda, facendo scivolare le proprie labbra su quelle dell’altro, assaporandone la dolcezza, finché Leo non si spinse più in là, esplorando un nuovo paradiso terrestre, mentre sfiorava la pelle nuda della schiena di Nico, sempre più ardentemente, e Nico lo tirava sempre più a sé, bisognoso. Nella danza dell’amore i due amanti donavano tutto loro stessi, e ricevevano in cambio un pezzetto di felicità.

Nico si svegliò la mattina seguente, con il sole che inondava la camera da letto, ed illuminava il volto bruno del ragazzo addormentato che lo teneva tra le braccia. Sorrise, felice, felice davvero, e si riaddormentò stretto a quella meraviglia di nome Leo.

*Angolo Autrice*
Heya guys!
Come va?
In primis, grazie per i voti e i commenti, davvero davvero tanto.
Eggià eggià alleluja, ce l'hanno fatta 'sti due broccoli, eh? (Elgi passione ortolana)
Insommaa, che ne pensate? Valdangelo shippers fatevi sentire un po'!
Evvabè, uno quando dice la calma prima della tempesta... Ecco. Preparatevi. E bene. Il peggio deve ancora venire muahahah ansiah
E cosí, niente, light on the stellina (poliglotta proprio) e buh, se volete esprimere il vostro parere ed avvalervi di questo diritto di parola che abbiamo, prego.
Sto aspettando.
Dai.
Heyy dico a te.
Ecco.
Bravo.
Ciaooo
- Elgi che vi ama tanto tanto ✨

Lone Wolves - ValdangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora